Giornata della memoria: la parola alla seconda generazione
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Giornata della memoria: la parola alla seconda generazione

Nel fumetto di Michel Kichka, la Shoah vista dal figlio di un sopravvissuto

La memoria è un fatto soggettivo. Con il quale si cresce, ci si forma un'opinione sul mondo e si scrive la propria storia famigliare. Forse è per questo che, da qualche anno, arrivano in libreria ragionamenti fino ad ora inediti sulla Shoah, firmati da chi l'ha vissuta nei racconti dei padri, dei nonni e ha cercato di trovare il proprio modo - personalissimo - di conviverci.

Nathan Englander, scrittore americano, ha trovato un modo attuale, dissacrante e ironico, di esprimere la paura più grande di tutte - il ripetersi dell'Olocausto - in un racconto, Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank? (Einaudi), mentre Susann Pasztor ha firmato il rocambolesco romanzo Un favoloso bugiardo (Keller), in cui narra le incredibili menzogne messe in atto durante il corso della sua vita da Joschi Molnár, favoloso bugiardo, appunto, che sembra essersi preso beffa anche di Auschwitz.

E ora arriva anche il primo fumetto. È La seconda generazione. Quello che non ho detto a mio padre di Michel Kichka, appena uscito per Rizzoli Lizard. Il racconto è in soggettiva e narra i pensieri, le paure e i fantasmi del piccolo Mich, alle prese con un problema identitario deflagrante: dopo l'Olocausto, nel mondo contemporaneo, che cosa significa essere ebrei? Le risposte si trovano in una partita a ping pong tra presente, passato e futuro, condito di storie famigliari, paure, fantasmi e aspettative future. Ovvero, nel modo in cui cresce il figlio di un sopravvissuto.

Ma il risultato è un fumetto davvero unico, con qualche tocco che ricorda le geniali visioni di Quentin Tarantino in Bastardi senza gloria: assesta pugni allo stomaco decisi, di quelli che fanno stare male. Ancor di più, forse, all'interno di un quadro come questo, dove si ride e ci si innamora di ogni personaggio.

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Micol De Pas