Elisabetta Sgarbi: come è bella Trieste
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Elisabetta Sgarbi: come è bella Trieste

In un docufilm esplora una città di confine spesso ignorata. Ricca di culture

Quando le chiesero di scegliere una città di confine di cui occuparsi, Elisabetta Sgarbi pensò dapprima a San Pietroburgo, perché permeata di letteratura, arte, bellezza, le sue passioni. Ma fu per poco: Trieste si impose sicura di sé, Aleksandr Puškin perse contro Scipio Slataper, il pachidermico Ermitage battuto dal topolino Museo Revoltella. E non poteva essere diversamente, perché se c’è una "donna crocevia" sulla scena culturale, quella è lei: direttore editoriale della Bompiani (Rizzoli libri), ideatrice e anima della Milanesiana (la rassegna estiva che ospita molte forme d’arte e di saperi), scrittrice e infine regista. E, se c’è una città crocevia, quella è Trieste, come più volte si sente dire dagli intervistati in Trieste la contesa, il docufilm firmato dalla secondogenita di casa Sgarbi, prodotto dalla RaiCinema e dalla casa di produzione dell’autrice, la Betty Wrong (traduzione: Elisabetta sbagliata, bella autoironia).

"Trieste è una città-porta fra mondi e culture. C’è qualcosa di chimico in Trieste, c’è un’alchimia vera" dice la regista, che ha frequentato altre alchimie, quando studiava farmacologia, la sua laurea. L’incontro con la città di Italo Svevo data da parecchi anni: da ragazzina guardava le tele dei pittori triestini appese nella casa di Ferrara. L’artista preferito è sempre stato Bruno Croatto: "Ogni mattina la sua Bambina terribile mi guarda mentre esco dalla mia casa milanese".

Bambina terribile ora cresciuta, Elisabetta Sgarbi ha raccolto talmente tanto materiale filmico su Trieste da farne due lavori. Il primo è Il viaggio della signorina Vila, più narrativo, con una trama, già presentato all’ultimo Festival del cinema di Roma. Andrà in onda il 10 febbraio su Rai storia alle 23 ed è un docufilm fatto di immagini e interviste ad alcuni docenti e a molti signor Nessuno. Fra i cattedratici c’è un robustissimo signore che riassume il senso di tutto il docufilm: "I confini si tracciano sulla carta, non esistono in natura". Lo dice lui che vive in una casa senza pretese in una frazione di Trieste, dove le anime si contano sulle dita di due mani: 8 in tutto.

Altre anime popolano Trieste la contesa, quelle volate altrove nell’unico forno crematorio italiano, la Risiera di San Sabba, negli anni orribili della Shoah; le molte vittime della pulizia etnica nelle foibe; e quelle ospitate nel cimitero della città: Giorgio Strehler e Umberto Saba fra i tanti. "L’uomo ha perso la sua immagine perché ha perso questi luoghi… tutti questi immensi" dice uno degli intervistati guardando ciò che lo circonda.

Girando con la cinepresa e raccogliendo testimonianze, racconta Sgarbi, "ho cominciato a perdermi in questa città terra di confine, così ricca di suggestioni" col mare e la bora a dettare le regole del gioco della quotidianità. Perdersi, forse per ritrovarsi.

(S.B.)

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