Editori, imparate dai videogiochi
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Editori, imparate dai videogiochi

Libri? Ebook? Videogiochi? Quale sarà il futuro dell’intrattenimento? Ne abbiamo parlato con Andrea Pucci, direttore editoriale delle Edizioni Multiplayer e del magazine Multiplayer.it

Sappiamo che solo un italiano su due legge almeno un libro l’anno, sappiamo quante ore di televisione guardiamo, quanta radio ascoltiamo, quanti giornali leggiamo, sappiamo persino quanto tempo passiamo su internet. Ma quanti sono gli italiani che giocano ai videogame? Quanti titoli giocano all’anno? Per quanto tempo? Nessuno pare si sia ancora preso la briga di verificarlo. Eppure è innegabile che in una certa fascia di età (fatta di gente che studia, lavora, vota, si informa e acquista) i videogiochi siano diventati una forma di intrattenimento importante, anzi, probabilmente una delle più importanti, nonché una componente fondamentale dell’immaginario collettivo.

Sono sempre di più le persone che decidono di impiegare il proprio tempo e le proprie risorse intellettive per costruire città, abbattere troll, guidare aerei o compiere omicidi su commissione in mondi alternativi: un significativo bagaglio di esperienze a cui nessuna generazione è mai stata in grado di accedere in precedenza con tanta immedesimazione. Come cambiano dunque i consumi culturali di una fetta di popolazione sempre più ampia? Verso quali forme di intrattenimento stiamo andando? I videogiochi sono la settima arte? L’ottava? I nuovi romanzi? Le nuove serie Tv? Sono videogiochi e basta? Ne abbiamo parlato con Andrea Pucci, direttore editoriale del magazine online Multiplayer.it e delle Edizioni Multiplayer .

Cominciamo con un po’ di storia: quando è nata la casa editrice?

È una storia un po’ anomala perché la casa editrice è nata in seno ad una web agency, Netaddiction , che pubblica Multiplayer.it e Movieplayer.it, due siti online dedicati al 100% a videogiochi e cinema. È in questo contesto che nel 2004 abbiamo pubblicato il nostro primo prodotto cartaceo avviando con la casa editrice la pubblicazione di una serie di titoli dedicati al mondo dei videogiochi.

Come mai avete deciso di dedicarvi anche al cartaceo?

La risposta è: sopravvivenza. Siamo nati come società online nel 2000, allora le prospettive di internet erano rosee, poi nel 2001-2002 ci fu uno sboom tremendo: una serie di webcompany fallirono e nella pubblicità online era tutto un fuggi-fuggi. Se la pubblicità online non era più in grado di darci i riscontri che avevamo immaginato cos'altro potevamo fare per tenere tutto in piedi? Una delle risposte che ci siamo dati è stata quella di investire sulla carta ma senza andare in edicola, e su questo ci abbiamo visto abbastanza lungo. Perché, insomma, oggi le riviste…

Chi è il vostro lettore tipo?

Soprattutto ragazzi sotto i trent'anni, appassionati di videogiochi, che continuano la loro esperienza ludica dal gioco al romanzo. Il marketing delle case di produzione dei videogiochi ha trovato sbocco nel mondo librario con buoni risultati: si tratta di prodotti qualitativamente elevati, scritti da penne di successo, come Greg Bear , che si sono prestate al mondo del videogioco creando un ponte tra cartaceo e digitale.

Cosa cambia tra la scrittura di un romanzo tradizionale e la scrittura di un romanzo tratto o ispirato da un videogioco?

La differenza è che quando si scrive su licenza si hanno dei confini ben delimitati entro cui muoversi per non rovinare l’equilibrio dell’universo creato dal videogioco: l’integrità dei mondi va preservata e non è l’autore del romanzo a fare le regole.

Cosa trova un giocatore sulla carta che non trova in un videogioco?

Noi  (per “noi” intendo l’universo del videogioco)  siamo stati accusati di allontanare i ragazzi dalla lettura. In verità con questa esperienza delle Edizioni Multiplayer possiamo dire di aver avviato un processo opposto: molti ragazzi che non leggevano libri da anni si sono riavvicinati alla lettura per seguire le avventure dei loro protagonisti preferiti. Ma bisogna fare alcune precisazioni: è interessante un romanzo che sia la semplice trasposizione del gioco stesso? No, quella è una storia già scritta, anzi già giocata. Essendo il romanzo videoludico un’arma di marketing le motivazioni di interesse del romanzo sono stabilite a tavolino e vanno inserite in un contesto più ampio: il romanzo, il videogioco, il film e altri media diventano un unico continuum narrativo in cui si va a immaginare una storia molto più grande del singolo elemento che la costituisce. E se tu la vuoi vivere fino in fondo hai bisogno di tutta la scacchiera. Halo, per esempio, è l’eccellenza narrativa su più livelli: giochi a un ottimo videogioco, puoi leggere un romanzo scritto da penne eccellenti, puoi leggere molte storie parallele su fumetto e se vuoi c’è anche la serie a cartoni animati. Manca solamente il film ma prima o poi arriverà. Ma non è tutto qui, oltre a questo tipo di prodotti negli ultimi anni abbiamo cominciato a offrire anche una serie di titoli di ispirazione non videoludica ma in grado di parlare alle corde dei videogiocatori.

Per esempio?

Metro 2033 , un caso più unico che raro di narrazione di gruppo. Il capofila è un russo che si chiama Dmitry Glukhovsky : ha scritto due romanzi, Metro 2033 e Metro 2034, in cui ha condensato le riflessioni pubbliche raccolte fra gli utenti di un forum dedicato. In Italia ha contribuito Tullio Avoledo a narrarne un episodio. Era talmente adatto al pubblico videoludico che hanno deciso di trarne un videogioco.

I videogiochi vengono percepiti spesso come una forma di intrattenimento di serie B o di nicchia. Ma facendo due conti probabilmente c’è più gente che gioca rispetto a quella che legge…

Se parliamo di una certa fascia di età direi proprio di sì

Cosa significa essere nati in un ambiente di nicchia che sta diventando pian piano cultura dominante?

Abbiamo dovuto lottare per  anni per emergere e quando dico “lottato” non lo dico tanto per dire. In primo luogo come casa editrice “esordiente”, in secondo luogo come casa editrice che pubblica romanzi ambientati nei videogiochi. Una doppia difficoltà in un mondo strutturato e antico come quello editoriale. In più facciamo quasi esclusivamente romanzi di fantascienza, un altro svantaggio in un paese come il nostro che ha sempre ritenuto il romanzo di fantascienza letteratura di serie B. Per anni abbiamo dovuto lottare con le unghie e con i denti per ottenere uno spazio in libreria e quando non ce lo volevano dare ce lo siamo comprato. Alla fine le vendite ci hanno dato ragione.

Verso dove stanno andando i videogiochi?

Ci troviamo in un momento di riflessione creativa piuttosto importante: l’industria sta tirando il fiato e per la prima volta i giovanissimi stanno giocando con qualcosa di competitivo e concorrente come lo smartphone. Nel contempo emergono narrazioni lineari come quelle di The journey o del gioco di The walking dead (molto più simile a un libro-game degni anni ‘70 che a un moderno videogioco). Fra cinque anni potremmo intendere per “videogioco” qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che pensiamo oggi.

Per esempio?

Una domanda da dieci milioni di dollari a cui non ha ancora risposto nessuno. Forse la bellezza grafica  e la complessità non sono più quello che la gente vuole oggi. Basta guardare al fenomeno Ruzzle: chi pensava che lo Scarabeo sarebbe potuto diventare un fenomeno di costume?!

Si parla sempre più spesso di “gamification”, vale a dire l’applicazione di dinamiche proprie del gioco nella realtà per renderla più interessante. Tu che ne pensi?

Se per “gamification” intendiamo un approccio che possa portare in altri ambiti gli schemi di pensiero propri del videogioco sono d’accordo, anche se oggi sul tema è stata inserita una componente modaiola che non aiuta. Il videogioco di per sé nasce digitale, fatto di pixel interattivi: possiamo tirare la coperta, se vogliamo, ma il risultato è quello che è.

Adesso ti farò una domanda dichiaratamente stupida: giochi come Grand Theft Auto o Assassin’s Creed vengono definiti sempre più spesso “i nuovi romanzi”. Come le serie TV. Anche dei Soprano, di Mad Men o di The Wire hanno detto che sono “i nuovi romanzi”. Perché tutti quanti vogliono essere i nuovi romanzi?

Perché i vecchi romanzi non li stanno comprando più, meglio essere nuovi che vecchi.

Però vogliono sempre essere romanzi…

Cambia il mezzo, il fine resta lo stesso. Le storie esistono da quando esiste l’uomo, cambia il mezzo con cui vengono narrate: prima era solo verbale, poi sono venute le tavole di pietra e alla fine abbiamo scoperto la carta. Il prossimo passo è il digitale: è un processo di conversione lento ma di sola andata.

Tullio Avoledo, Le radici del cielo, Metro 2033 Universe, Multiplayer, 416 pagine, 19 euro.

Dmitry Glukhovsky, Metro 2033, Multiplayer, ebook, 11,99 euro.

Dmitry Glukhovsky, Metro 2044, Multiplayer, ebook, 12,99 euro.

@giuliopasserini

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Giulio Passerini