Christos Ikonomou, "Qualcosa capiterà, vedrai"
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Christos Ikonomou, "Qualcosa capiterà, vedrai"

La povertà maligna, oscena, senza vergogna visita un'umanità sempre più simile a un aquilone senz'ali, come cantava Mikis Theodorakis: la working class della Grecia contemporanea che sta perdendo tutto e sopra a tutto le antiche certezze.

Christos Ikonomou, giornalista e scrittore ateniese, affronta la crisi greca in sedici racconti appena tradotti da Alberto Gabrieli per Editori Riuniti. Il titolo è bello e lapidario: Qualcosa capiterà, vedrai. Sospese tra le sirene dei ricordi e speranze labili come cubetti di ghiaccio, le vicende sono ambientate nel quartiere operaio di Nikea e saldamente ancorate a un presente tutto anima e sangue: disperazione, precarietà, incertezza.

Niente spread, default, Grexit, vocabolario che non serve a una classe media sull'orlo del collasso e della depressione. Ikonomou ci sbatte in faccia una società preda del cannibalismo sociale. "Tra diecimila anni da adesso ciò che sta accadendo sarà probabilmente una fiaba". Forse, ma ora di fronte alla scure della crisi che falcidia ogni sicurezza il canto dolente dei diseredati sale tra i vicoli a esorcizzare il vero nemico, il peggiore, il più subdolo e coriaceo: la paura.

Il coraggio non è solo sopravvivere alle bollette da pagare, agli sfratti alla disoccupazione ai diritti negati alle tasse alle morti bianche e ai licenziamenti. Il coraggio è, soprattutto, non perdere il sogno. A costo di incollarsi la mano col bostik come fanno i due amanti nel racconto che dà il titolo al libro. O di passare le notti sul marciapiede a vegliare sul quartiere insieme ai gatti, come il giovane Mao. Oppure di improvvisare sit in notturni davanti all'ambulatorio che non dà più le medicine, come i pensionati dell'amaro Le cose che si portavano appresso.

In letteratura, ha detto il grande poeta Odisseas Elitis, le verità esistono solo a seconda di come vengono dette. Sebbene agli antipodi della narrazione "magica" di Zyranna Zateli, che nella recente saga Ultima venne la morte rivisita il mondo artigiano e contadino della Grecia anni '50, come la grande scrittrice anche Christos Ikonomou recupera il valore e la portata archetipica dell'epica greca. Con realismo crudo ma senza ostentazione, introspezione acuta ma a pennellate leggere, carica politica velata di disillusione. Più semplicemente, dipinge la fatica del vivere, qui e ora.

Il blues dei proletari del Pireo diviene così laboratorio di una lingua concreta, fisica, sensuale, dal registro brillante e imprevedibile. Si ispira alle cadenze del parlato, agli idiomi popolari, allo slang ma anche a forme riprese dalla lingua classica e letteraria. Ci sono squarci onirici, flussi di coscienza e un lessico minimale quando non addirittura brutale, esperimenti epistolari, toccanti rivisitazioni di fiabe come quella del Soldatino di piombo.

Vittime senza vittimismo, ecco i nuovi eroi della cultura ellenica colti nell'attimo in cui, "pieni di un incredibile vuoto", sembrano sul punto di crollare o forse di riscoprire le radici della propria umanità. A due passi dall'Egeo, leggiamo le gesta dei nostri vecchi fratelli con sgomento e inquietudine. Ebbene sì, potremmo essere noi. Come recita un verso del poeta Michalis Ganàs, "se ti girassi / vedresti l'altra metà del mondo".

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Michele Lauro