Bob Dylan: il fantasma dell'elettricità
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Bob Dylan: il fantasma dell'elettricità

Lo scrittore Marco Rossari ripercorre in un viaggio appassionato le tematiche fondamentali delle canzoni di Bob Dylan

Alzi la mano chi ha voglia di leggere l’ennesimo libro su Bob Dylan. Come? Nessuno? Allora Bob Dylan. Il fantasma dell’elettricità di Marco Rossari (add, 2017) è il testo che fa per voi.
La collana “Incendi” di add, alla sua quarta uscita, propone infatti brevi non-saggi monografici e appassionati, di autori che sono soprattutto fan del personaggio di cui parlano. È il caso di Marco Rossari, che probabilmente rabbrividirebbe a sentirsi chiamare “fan” di qualcuno di cui, in ogni pagina che è stato chiamato a scrivere, si rifiuta di dare una definizione. Bob Dylan appunto.

Il fantasma dell’elettricità
E d’altro canto come sarebbe possibile definire Bob Dylan senza scadere nelle solite tiritere? Mito, genio, ha fatto la storia, si è rovinato, molte volte nella polvere ma molte di più sull’altare. È tutto vero, lo ammette anche Rossari fin dall’inizio. Per questo l’autore non sceglie la via del dylaniano-burocrate, che racconta ogni aneddoto della vita del Nostro in ordine cronologico e con sottosezioni tematiche, né del dylaniano-ossessivo che segue la traiettoria del suo eroe attraverso tutte le locandine ormai date per perse e i bootleg introvabili che è riuscito a recuperare.

Rossari sceglie la via del sogno allucinato dopo una serata in cui il bonarda ha avuto la meglio. Sceglie la via del ricordo introspettivo e recupera tre brani (The Lonesome Death of Hattie Carroll, Tangled Up in Blue, e Mississippi), che poi – lo vedrete – diventano in realtà molti di più. Tre nodi che raccontano chi è Bob Dylan, o meglio che cos’è Bob Dylan per Marco Rossari, cosa avverte l’autore di lui attraverso le onde sonore delle sue canzoni. La risposta è tutto e niente: una colonna di fumo, una voce, un movimento delle labbra, il fantasma di tutto quello che è già stato e che sarà nei prossimi movimenti e nei prossimi pezzi, un percorso in metamorfosi continua.

And it makes me feel so sorry
Il dylaniano-duro-e-puro forse la definirà una metamorfosi che ha dato la luce soltanto a pezzi di altissimo livello, ed è facile che la conoscenza di Bob Dylan inizi proprio da quelli: dalla perfezione di Like a Rolling Stone, o di It’s All Over Now, Baby Blue. Ma ci sono anche momenti meno puri, imperfezioni, mediocrità, che Dylan attraversa e supera perché oltre a essere un genio è anche un uomo un po’orbo e con gli zigomi alti che non ha sempre chiaro come gli vengano certi brani.

Ci sono pezzi disegnati per prendere l’ascoltatore a pugni nello stomaco, è il caso della conclusione di Hattie Carroll, per far piangere e rivoltare la coscienza, per far pensare a un vecchio amore. Ma ci sono anche versi banali, frasi semplici e ordinarie che però vanno bene comunque e rientrano, alla fin fine, nello stesso circuito di tutte quelle cose che fanno piangere e rivoltare la coscienza e ricordare un vecchio amore. Si chiama umanità e Dylan è un maestro nel raccontarla.
Bob Dylan, insomma, per Rossari non è bardo o menestrello, è un “fantasma che muore tutte le volte che ritorna”, altera la propria identità, come quando preferisce non pubblicare pezzi incredibili per lasciare inspiegabilmente spazio ad altri più mediocri.

Non è ancora finita, baby blue
Bob Dylan è stato dichiarato “finito” spesso. A ogni cambio di tematica, a ogni nuovo guizzo di stile o differenza di impostazione della voce (che poi, ci dice Rossari, quando mai Bob Dylan ha cantato due brani nello stesso modo?). Ma ogni volta, inevitabilmente, non era vero. Neanche quando ha partecipato alla pubblicità di Victoria’s Secret o una delle innumerevoli volte in cui ha risposto in modo cafone e provocatorio a un’intervista. Non è stato un artista (personaggio? persona?) “finito” neanche dopo il coro di osanna e di polemiche che sono seguite al conferimento del Nobel per la Letteratura.

È difficile “finire” quando ogni canzone è un inizio. Per l’appassionato-non-ossessivo che non ha ancora ascoltato ogni singolo pezzo, per il ragazzino che scopre Bob Dylan in una playlist di Spotify e pensa “apperò” (e ancora non sa che incredibile fortuna gli è capitata), ma anche per chi riascolta ogni volta la sua personale Mississippi e sente “quella cosa” spaccarsi proprio lì. “Quella cosa” che è bene non definire, sennò si diventa troppo sentimentali.

Marco Rossari
Bob Dylan. Il fantasma dell'elettricità
add, 2017
192 pp., 13 euro


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Matilde Quarti