Biennale di Venezia, i Giardini in 5 padiglioni
Micol De Pas
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Biennale di Venezia, i Giardini in 5 padiglioni

Itinerario tra le esposizioni nazionali: dal Belgio alla Russia

Il giro del mondo si compie nello spazio dei Giardini, viaggiando tra i singoli padiglioni che rappresentano e raccontano la nazione di pertinenza. Anche se ci sono molte realtà da vedere in giro per la città di Venezia, quello dei Giardini resta il punto di partenza per visitare la Biennale. Breve guida in cinque padiglioni da non perdere.

Un consiglio:non partite sprovvisti della guida breve, in vendita ai bookshop a 18 euro: purtroppo questa edizione è carente dal punto di vista esplicativo. Mancano spesso le spiegazioni necessarie per poter fruire correttamente dell'esposizione. 

1. Giappone. Altamente poetico, come fosse la traduzione contemporanea e visiva di un aiku, quelle poesie brevissime dalla chiusura illuminante, questo allestimento accoglie il pubblico come in un abbraccio. Fatto di un impressionante reticolo di filo rosso che dal soffitto si modula come un'onda o un pensiero avvolgente. Attaccate a questo, pendono migliaia di chiavi che arrivano a toccare il pavimento e a riempire le due imbarcazioni in legno che viaggiano sul pavimento. Il titolo dell'opera infatti è The Key in the Hand, frutto di una ricerca dell'artista Chiharu Shiota, che ha raccolto chiavi da chiunque volesse consegnargliele."Collocando spazialmente l'opera, le memorie di tutti i fornitori si sovrapporranno alle mie per la prima volta", spiega l'artista, "e l'accumulo dei ricordi si combinerà via via con i visitatori". Un modo per comunicare sentimenti, anche tra persone lontane e sconosciute.

2. Stati Uniti. Una favola, che si declina tra più racconti tradizionali di Cape Breton, Nova Scotia e un lavoro con i ragazzi. Sono questi gli ingredienti dell'opera di Joan Jonas, pioniera della video arte, che in una narrazione interna al padiglione statunitense mette in scena i suoi video, disegni fatti a mano, vetri  di Murano, aquiloni giapponesi in un ripensare la natura tra realtà e finzione. Proprio come in una favola classica, dal titolo They Come to Us without a Word.

3. Russia. Il viaggio comincia nello spazio, con un pilota di un caccia, per passare a un'interpretazione del quadro nero di Malevich, che qui diventa illusorio, come fosse parte dello spazio cosmico, o perde la sua trasparenza come durante un'eclissi. Nella terza stanza, predominano due colori, il rosso e il verde: la terra vista dallo spazio? Rivoluzione e Perestrojka? Infine, si entra in una sorta di riproposta del mausoleo di Lenin, di cui i video ripropongono l'architettura, insieme a immagini di repertorio, per una visione artistica della storia. L'artista, Irina Nakhova, propone un viaggio nel concettualismo moscovita, da rileggere oggi.

4. Olanda. Si chiama Herman De Vries l'artista che ha messo in scena to be all ways to be, incentrato su processi e fenomeni naturali, da lui presentate come realtà primarie. Proprio in queste realtà primarie sarebbe radicata l'esistenza umana, in una sorta di annullamento tra natura e cultura. O, quantomeno, di ripensamento: non esistono strade migliori di altre, ogni esperienza ha la sua valenza esistenziale. Così l'artista cataloga e raccoglie, come uno scienziato, materiali naturali, erbe, legni, sassi, ma anche gli strumenti per tagliarli,distruggerli o curarli: falci, seghe... Un padiglione da visitare con tutti e cinque i sensi: le esperienze si ascoltano, si vedono, si annusano e si percepiscono con il corpo.

5. Belgio. Difficile tema da affrontare quello che si è proposto il Belgio: colonialismo contemporaneo, migrazione e confini nazionali. Nel tentativo di mettere in scena le conseguenze dell'interazione politica, storica, culturale tra Europa e Africa durante l'epoca coloniale moderna, l'artista Vincente Meessen insieme a otto ospiti ha indagato il tema, con il titolo Personne et Les Autres, tra Belgio e Congo. Con un video interessante che racconta di come la musica possa essere strumento rivoluzionario.

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