Vittorio Sgarbi
Olycom
Lifestyle

Vittorio Sgarbi e la bellezza come strumento più alto della fede

"Dimostra che Dio c'è". Parola del critico d'arte, oratore del convegno nazionale teologico-pastorale dell'Opera Romana Pellegrinaggi

CITTÀ DEL VATICANO - "L'arte è un veicolo privilegiato di bellezza, ma anche di fede. E viceversa. Un veicolo che ha nel cristianesimo l'espressione più alta perché è l'unica religione che ha un Dio che si fa uomo con l'incarnazione del proprio figlio Gesù Cristo, diventando volano ed ispirazione di forme, immagini, espressioni di bellezze che, attraverso il linguaggio artistico toccano sia l'umano che il Divino". Parola di Vittorio Sgarbi, a conclusione del convegno nazionale teologico-pastorale dell'Orp (Opera Romana Pellegrinaggi), l'ente del Vaticano presieduto dal cardinale vicario Agostino Vallini che sovrintende ai pellegrinaggi in Italia e nel mondo.
Tema dell'incontro – svoltosi a Roma il 30 e 31 gennaio –  "Il pellegrinaggio: Fede e Bellezza". Al noto critico tocca il compito di mettere a fuoco "lo stretto rapporto" che c'è tra "le varie forme artistiche, la bellezza e la fede", come spiega monsignor Liberio Andreatta, amministratore delegato dell'Orp, presentandolo a un'inedita – per Sgarbi - platea composta da circa 500 attenti ascoltatori in gran parte preti e suore, ma anche vescovi, monsignori e cardinali.

La relazione del critico viene introdotta dalla lettura di Andreatta di passi di lettere agli artisti scritti da Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e papa Francesco come "prova" della "grande attenzione che questi pontefici hanno avuto per l'arte". Riferimenti che Sgarbi fa subito propri presentandosi come "un pellegrino instancabile dell'arte" che ha sempre avuto per il cristianesimo "profondo rispetto" perché "è la fede che anche attraverso l'arte è in grado di arrivare alla plastica dimostrazione dell'esistenza di Dio”, come – ricorda – già sosteneva Niccolò Tommaseo nel libro Fede e Bellezza.
"Nel cristianesimo – è la tesi del critico – Dio si fa uomo, è accanto all'uomo" diventando, così, naturale fonte di ispirazione artistica. E come prova trasforma la sua relazione in una vera e propria lectio magistralis scandita dalle opere descritte nel suo ultimo libro Dall'ombra alla luce, da Caravaggio a Tiepolo. Una lectio con cui il critico descrive la forza artistico-spirituale che è possibile cogliere in Caravaggio, senza tuttavia dimenticare alcune delle più significative opere dei suoi allievi, i caravaggeschi, “che hanno avuto sempre un fecondo rapporto tra fede e arte”.

“Nel San Matteo nella locanda, Cristo, nella rappresentazione del Caravaggio, quasi non c'è perché è delineato in tutta la sua umanità", è il racconto di Sgarbi. Grazie al cristianesimo, la "divinità di Gesù, figlio di Dio, è incentrata in tutta la sua umanità e questo consente agli artisti di concepire infinite immagini sacre, a partire dal volto di Cristo", come stanno a dimostrare le opere, ad esempio, di un Cavallini e di tutti gli altri nomi grandi e meno grandi che hanno calcato le scene artistiche nelle varie epoche. Ma per dimostrare che "la bellezza serve alla fede, più che la fede serve alla bellezza", Sgarbi si rifà alla Sette Opere di Misericordia del Caravaggio "dove il bello emerge dalla rappresentazione delle condizioni umane più misere e disperate, con la presenza di una Madonna con il Bambino piuttosto defilata, ma dove l'uomo diventa come Dio perché aiuta l'altro uomo più debole e disperato".

Non meno significativi i legami tra fede, arte e bellezza che si “colgono anche in opere di scuola caravaggesca come La Lotta di Giacobbe con l'Angelo del Morazzone, dove – sottolinea il critico – l'uomo-Giacobbe incontra Dio attraverso la lotta con l'Angelo del Signore, un'opera di alta tensione mistica simile anche alla tensione che emana il quadro della Maddalena. Ma anche nella sobria bellezza del Davide che con apparente distacco sconfigge Golia di Tanzio da Ravallo".
Il trinomio arte-fede-bellezza emerge pure in opere più mistiche, pur dotate di grande umanità, come il Trionfo della Divina Sapienza di Andrea Sacchi o il San Sebastiano di Mattia Preti, che presenta il martire con espressione serena, fonte di luce e di bellezza. Opere ed autori di epoche diverse, ma legate da un comune denominatore che fa "della bellezza lo strumento più alto delle fede, fino a poter dimostrare che Dio c'è", conclude Sgarbi tra gli applausi dei tanti preti, vescovi e suore che lo hanno seguito con rara partecipazione. Miracolo Vaticano tutto sgarbiano.

I più letti

avatar-icon

Orazio La Rocca