Leggero o impegnato, purché sia teatro
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Leggero o impegnato, purché sia teatro

Si svuotano i cinema, si riempiono le platee. Per ridere e per capire di più la realtà grazie alla finzione scenica

A volte ritornano. Ricorrentemente dato per morto, o perlomeno agonizzante, il teatro italiano sta dimostrando di essere tutt’altro che un fantasma. Mentre le sale cinematografiche si svuotano, i teatri continuano a riempirsi. Anche quando fuori piove o fa freddo e sarebbe così confortevole starsene in casa a guardare la televisione o a navigare su internet. Il fenomeno è recente, tale da sorprendere anche gli addetti ai lavori: "Da un paio di mesi c’è in giro un entusiasmo nuovo, le sale sono gremite come non si vedeva da secoli" osserva Renato Palazzi, critico del Sole 24 ore.

Il pubblico che le affolla è molto variegato: si va da quello generalista, in fuga dai reality, agli aficionado di sempre, galvanizzati dalla vitalità d’una scena ricca di proposte sia sul versante dell’intrattenimento sia su quello della ricerca. La famigerata "audience" premia tanto i musical tradizionali come My Fair Lady, che Luca Ward sta portando in tournée assieme a Vittoria Belvedere, quanto le gag ben collaudate di Aldo, Giovanni & Giacomo in Ammutta muddica. E fin qui si potrebbe pensare a un feedback, un effetto di ritorno originato dai successi cinematografici. Ma non è solo lo spettacolo leggero a dare segnali incoraggianti: fanno il pieno di pubblico anche testi ardui come La serata a Colono di Elsa Morante, messo in scena da Mario Martone con Carlo Cecchi protagonista, o debutti singolari come quello recentissimo di Filippo Timi al Franco Parenti di Milano con Il don Giovanni, testo bizzarro da lui stesso scritto e diretto. Per tacere del richiamo non solo di nicchia esercitato da compagnie sperimentali come Ricci/Forte o Babilonia Teatri.

Forse è presto per filosofeggiare su questa tendenza positiva, anche perché il mondo dello spettacolo non è certo esente dai tagli e dalle difficoltà che attanagliano tutti i settori produttivi, strangolati dalla crisi. Ma è indubbio che questo rinnovato entusiasmo è a tutto campo e coinvolge anche una giovane generazione di critici arrabbiati molto vivace sull’online. "Chi ha mai detto che il teatro non fa notizia? Dietro lo scudo di Perseo della finzione, ci permette di scorgere la verità senza rimanere pietrificati" commenta Moni Ovadia. Il punto è proprio questo: oggi il teatro, con la sua carica di realtà fisica, sembra a molti più vero della vita virtuale che siamo invitati a vivere. La scena non è più il luogo dell’illusione, ma d’una ritrovata verità del corpo. Durerà, oppure l’uomo a tre dimensioni è destinato a smarrirsi per sempre nella bidimensionalità della rete? La risposta al prossimo musical.

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Roberto Barbolini