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Public Eye, la condivisione della fotografia secondo la New York Public Library

Dall'inizio della storia della fotografia ai social network, ecco come si mostrano le immagini. E poi il progetto "on Broadway"

"Public Eye, 175 Years of Sharing Photography" è un'originale riflessione sulla condivisione della fotografia, come ci siamo abituati a dire con l'avvento dei social media.

Eppure uno dei meriti di questa bellissima mostra alla New York Public Library (fino al 3 gennaio 2016) è proprio quello di unire questa idea della condivisione-digitale delle fotografie all'intera sua storia.

In sostanza, centinaia di immagini dallo sterminato catalogo della Nypl, accompagnate però da una ricca documentazione e pannelli ragionati, dall'esordio della fotografia a metà '800 fino a oggi, per analizzare i numerosi modi con i quali i fotografi hanno reso visibili le loro opere e le comunità le hanno incluse nel proprio orizzonte e immaginario.

Scetticismo, senza puzza sotto il naso
Un'evoluzione che è arrivata oggi alla proliferazione illimitata e indiscriminata delle fotografie su Instagram, Facebook e Twitter. Fase che viene affrontata dai curatori con il giusto scetticismo eppure senza nessuna demonizzazione né alcun disprezzo estetico per la moltiplicazione di immagini.

Scegliere, selezionare
Sottotesto di tutta "Plublic eye" è invece l'importanza di analizzare, selezionare, scegliere, "leggere" con attenzione le fotografie: proprio per evitare, che, come scriveva John Berger, quando si può fotografare tutto e ogni momento della nostra vita, non ci siano più foto che siano rilevanti ("Understanding a Photograph", 1968).

Disseminare, proliferare
Disseminazione, proliferazione sono due sostantivi fondamentali per intendere questo lavoro della Nypl definito dagli organizzatori "la prima retrospettiva sulla fotografia" della Library.
Una storia nella storia della fotografia dunque, perché, appare evidente nello scorrere l'esposizione, che essenziale alla fotografia - a cavallo fra fine art, forma espressiva documentaria, supporto al ricordo personale e familiare - sia il mostrarsi, diventare pubblica: riproducendosi - potenzialmente - all'infinito.

La strada
Anche strada è sostantivo fondamentale e insiema fondante l'idea stessa di fotografia che si fa vedere, che prolifera e si fa pubblica, come richiede la sua natura.
Infatti uno dei percorsi di Public Eye è proprio dedicato alla street photography, non tanto come genere a sé (che è talmente parte del paesaggio mentale di ciascun fotografo - professionale, dilettante, occasionale, smartphoner che sia - che sembra ingenuo ricordarlo come registro stilistico di qualche fotografo) quanto come forma "naturale" della fotografia, che si esprime inevitabilmente come passatempo di massa non appena, a inizio XX secolo, l'industria produsse apparecchi sufficientemente piccoli ed economici da finire nelle mani di "amatori".

Street View - così l'esposizione alla Nypl chiama questa parte - è forse il momento nel quale la riflessione si fa più attenta a evidenziare e, forse a suggerire, la differenza fra grande fotografia e la massa di fotografie prodotte nella strada.

La fotografia di strada è frutto di molte esigenze, artistiche, ma anche di documentazione giornalistica, di controllo amministrativo, di organizzazione geopolitica dello spazio, di sorveglianza della pubblica via. Fino ad arrivare all'ossessione di rappresentazione della propria vita nei social media, per la cui etica ogni passo meriterebbe uno scatto.
Ebbene, sembra suggerirci la mostra, fra un lavoro di Gary Winogrand o di Berenice Abbot e quello di uno fotografo compulsivo del proprio shopping prefestivo dobbiamo essere in grado di distinguere.
O meglio, dobbiamo sforzarci di riflettere e capire perché c'è differenza. Dove si colloca?

On Broadway
La riflessione di Public Eye/Street View si completa con on.broadway.nyc.

Si tratta di un progetto autonomo al quale però la Nypl ha dato ospitalità nelle sale di Public Eye, offrendo a migliaia di persone la possibilità di interagire con un'installazione-applicazione digitale, capace di rappresentare una delle arterie più produttrici di senso (e una delle più iconiche) di Manhattan e la vita che vi si svolge.

L'applicazione usa e correla infatti dati di vario tipo per tracciare una rappresentazione a più dimensioni di Broadway - e in fondo richiamare quella dell'intero borough: sono 660mila foto caricate su Instagram in sei mesi del 2014. Foto allegate a messaggi Twitter, check-In su Foursquare dal 2009 (chissà se il progetto partisse oggi se Foursquare sarebbe comunque fra i social usati), immagini di Google Street View. Dati 22 milioni di clienti che sono saliti o sono scesi da un taxi nel 2013 in uno dei punti di Broadway. A questo si aggiungono - e sono fondamentali per le correlazioni sociali - i dati del Census Bureau degli Stati Uniti, relativi agli indicatori economici.

I ricercatori hanno dunque isolato oltre 21 km della strada che corre come una spina dorsale incurvata dentro Manhattan per raccontare la città.

L'applicazione - che si può consultare online, anche se richiede uno schermo piuttosto grande per poter essere esperita nel modo migliore - offre una rappresentazione di The city, piena di informazioni e di idee per analizzarle. E insieme suggerisce le possibili forzature nascoste dietro le correlazioni di dati indiscriminati, selezionati con filtri generici e dall'impostazione vagamente estetica.

La prima impressione, per esempio, e comunque una delle più forti, emerge dal controllo del reddito mediano delle famiglie in uno qualsiasi dei punti di Boradway presi in considerazione e le correlazioni possibili, per esempio i colori dominanti nelle fotografie su Instagram. Cosa dimostrano? Nulla o poco più. Eppure sono correlazioni di grande suggestione.

Un'ultima annotazione, anche per collegarci a quanto detto in precedenza sulla condivisione "storica" delle fotografie. On Broadway infatti è ispirata a Every Building on the Sunset Strip di Edward Ruscha, un'opera del 1966. In effetti è un libro le cui pagine si spiegano, senza interruzioni, per 8,3 metri riproducendo le facciate degli edifici sui due lati della via, lungo 1,5 miglia di Sunset Boulvard fotografate senza interruzioni, appunto.

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On Broadway Project
L'interfaccia dell'applicazione On Broadway

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Luigi Gavazzi