'Adesso Odessa', intervista a Moni Ovadia
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'Adesso Odessa', intervista a Moni Ovadia

Lo scrittore e musicista, simbolo della cultura yiddish in Italia, ci dà anticipazioni sul suo spettacolo, a Milano dal 5 al 17 febbraio, e racconta i suoi rapporti con letteratura, teatro e cinema

Un viaggio tra musica e parole, un lungo pellegrinaggio nelle infinite realtà di Odessa, citta dalle mille sfaccettature, spesso sfrontate e irriverenti ma sempre palpitanti di vita. In questa città, che lo scrittore ebreo sovietico Isaac Babel nei suoi Racconti di Odessa chiama "la città schifosa", Moni Ovadia ambienta il suo nuovo spettacolo teatrale dal titolo Adesso Odessa, a Milano, al Piccolo Teatro Grassi, dal 5 al 17 febbraio. Con lui sul palcoscenico il violinista Pavel Vernikov che, con le sue musiche, ne accompagna la narrazione, il canto e i momenti di cabaret. Panorama.it ha incontrato in anteprima lo scrittore attore e musicista simbolo della cultura yiddish in Italia che anticipa alcune tematiche dello spettacolo e si racconta riservando molte sorprese

Da quali motivazioni nasce il suo amore così profondo e totale per Odessa al punto da dedicare alla città uno spettacolo?
Ho sempre avuto una passione per la cultura russa accentuatasi dopo aver visitato Odessa e aver letto i racconti di Babel. Ricordo di aver avuto, qui in Italia, un attore russo nella mia compagnia. Da lui ho imparato la lingua così bene da recitare a Mosca con successo. Il motivo letterario, invece, è che considero Odessa "la Napoli ebraica del Meridione russo". La malavita di Odessa era la malavita ebraica, pittoresca e legata ad un personaggio leggendario forse realmente esistito, una sorta di bandito gentiluomo che quando si impossessò della città pretendeva di realizzare un saccheggio gentile. Nel mio spettacolo racconto la storia popolare del ghetto e dei suoi delinquenti rappresentati come caricature e eroi romantici nello stesso tempo.

È vero che questa malavita organizzata aveva un suo cantore?
Si chiamava Leonid Utysov, era una sorta di Fred Buscaglione russo degli anni Venti che rimescolava insieme canzoni yiddish con temi popolari russi. Accompagnato dalla musica di Vernikov, con le canzoni di Utysov  e i racconti di Babel, ripropongo nello spettacolo questa realtà malavitosa con humour grottesco e soprattutto con autoironia che è una delle caratteristiche della cultura ebraica.

Ci spieghi meglio, però, quali elementi storici hanno in comune, oltre alla malavita organizzata, Odessa e Napoli e quali sono, invece, le differenze tra le due città.
Il legame più forte è rappresentato dalla constatazione che sono entrambe "Città del Sole". Gli ebrei di Odessa sono gli unici ebrei nel mondo yiddish che vivono in un posto di mare, gli altri si trovano tutti tra laghi, fiumi, terre non baciate dai raggi solari. Non a caso il musicista Edoardo Di Capua, quando scrisse la musica della canzone O sole mio si trovava proprio a Odessa, in Ucraina. Invece, la differenza profonda tra le due città è che Napoli non ha subito lo shock della perdita della sua popolazione come è accaduto a Odessa la cui gente è sparpagliata in tutto il mondo. Odessa in questo modo ha perso la sua peculiarità, il motivo per cui era leggendaria. Napoli invece, è una città ferita che tenta disperatamente di risorgere. Il problema della città partenopea è politico, avrebbe bisogno di una classe dirigente straordinariamente competente e preparata che la accompagnasse verso un nuovo Rinascimento e le restituisse il ruolo prestigioso avuto in passato nella cultura europea.

L'intelligente e caustico sens of humour che caratterizza l'umorismo ebraico yiddish trova qualche riscontro nella tradizione teatrale e cinematografica made in Italy?
Credo che l'Italia non abbia una particolare vocazione per l'umorismo. Uniche eccezioni si trovano nel grande teatro napoletano di Totò. Parlerei piuttosto di una tradizione teatrale e cinematografica all'insegna della comicità e della satira.

In letteratura, invece?
Il discorso non cambia. Non esiste una specifica letteratura umoristica, anche se io  amo molto l'uso dell'ironia che fa Ennio Flaiano nei suoi libri e ammiro Gadda per la scrittura prodigiosa e geniale. La sua è la più alta espressione di raffinatezza e eleganza in letteratura. Differente il discorso per gli altri paesi europei. Francia e Germania avendo un'apertura più cosmopolita, riescono a guardare all'umorismo in maniera più incisiva e rappresentativa.L'Inghilterra è un'esplosione di ironia sagace e intelligente anche per la forte influenza della presenza ebraica. Negli USA l'umorismo yiddish è entrato nel tessuto sociale e fa parte integrante della letteratura.

Perché affascina così tanto la cultura yiddish?
È merito del nostro metterci sempre in discussione attraverso la lente deformante del grottesco mai fine a se stesso ma sempre propenso a far riflettere e pensare. Per questa caratteristica si sono distinti grandi scrittori come Saul Bellow e Singer cui è stato attribuito anche il Premio Nobel. La risata è la conseguenza dell'aprirsi verso gli altri con grande spontaneità. Questa cifra è contenuta, a mio parere, anche nella scrittura di Philippe Roth. La cultura yiddish aveva affascinato personalità come Marc Chagall che scrisse la sua biografia proprio in yiddish.

Quali sono gli scrittori che preferisce e quali libri legge?
Le mie letture preferite si basano su testi di spiritualità e su saggi di orientamento etico- politico. Naturalmente nella mia biblioteca sono presenti gli autori ebrei-russi, soprattutto quelli emigranti negli USA. Apprezzo, inoltre, in particolare David Grossman e altri autori di letteratura moderna israeliana.

Lei svolge anche un'intensa attività di incontri nelle scuole e nelle università con studenti. La sua opinione sui giovani di oggi?
I ragazzi sono migliori di quanto si immagina. Ne ho conosciuti molti, rispettosi, attenti, interessati alla cultura. Se alcuni hanno comportamenti e atteggiamenti differenti da questa normalità, la colpa è dell'ambiente in cui vivono e dei cattivi esempi ricevuti.

Nel suo curriculum lei ha anche partecipazioni a film, tra cui Caro Diario di Nanni Moretti e Facciamo paradiso di Mario Monicelli. Continuerà ad apparire sul grande schermo?
Stimo molto Moretti e se dovesse richiamarmi, sarei disponibile.  Accetterei anche altri progetti, purché di qualità. Nel 2009, ad esempio, ho interpretato un rabbino nel film Mi ricordo Anna Frank.

La sua opinione sullo stato della nostra cinematografia?
Ritengo ci siano autori e registi interessanti, ma il nostro paese non investe nella cultura e ha letteralmente massacrato il cinema. I nostri governanti non sanno come vuol dire valorizzare il bene comune, ovvero le risorse culturali. Tra i registi considero Segrè un vero maestro. Roberto Andò possiede una visione cosmopolita, che aiuta il cinema italiano ad essere maggiormente considerato e stimato all'estero.

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Marida Caterini.