"Mamma voglio fare l'artista", il libro: 10 miti da sfatare
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"Mamma voglio fare l'artista", il libro: 10 miti da sfatare

La via del successo è lastricata di trappole. E un volume ora mette in guardia aspiranti artistar da delusioni e piste false: le stesse imboscate in cui gli spettatori della prossima Biennale di Venezia potrebbero incappare. Così Panorama ha chiesto all'autore, critico e curatore, di svelare i falsi luoghi comuni sull'arte contemporanea

di Francesco Bonami

1 - La Biennale? Un punto di partenza, non d’arrivo
Bisogna andare alla Biennale, ma è probabile che finisca male. Di un invito alla mostra bisogna essere contenti, ma si deve anche andare ben preparati (un po’ come all’esame di maturità), altrimenti si rischia di venire bocciati. La Biennale di Venezia non è una laurea, è un esame. Non è un punto di arrivo, ma di partenza. Chi crede di essere arrivato come artista con l’invito alla Biennale è come quei turisti che scendono a Mestre pensando sia Venezia e rimangono delusi. Attenti a non fare diventare la Biennale la vostra Mestre.

2 - Il catalogo non è tutto... anzi, è niente
Il catalogo non fa il monaco. Arrivano spesso volumi lussuosi dedicati alle opere di emeriti sconosciuti: centinaia di pagine su carta preziosa con illustrazioni bellissime di opere schifosissime. Se pensate che un bel catalogo di orribile arte riesca a fare fesso qualcuno, vi sbagliate di grosso. Soldi buttati al macero. Meglio produrre arte seria (e magari anche bella), ai libri si pensa dopo.

3 - I collezionisti comprano tutto. Anche le ciofeche 
Il sogno di ogni artista? Che una sua opera sia acquistata da qualche famoso collezionista. Che, però, non comprano soltanto opere o artisti importanti. A volte acquistano qualcosa solo per fare contenti il figlio, l’amante o la moglie. Uno dei maggiori collezionisti del mondo e uno dei più famosi, Charles Saatchi (foto), insieme con le famose opere di Damien Hirst, come lo squalo da 13 milioni di dollari, ha comprato centinaia e centinaia di ciofeche. Compresa, probabilmente, la vostra.

4 - L’arte interattiva è vecchia come il mondo
L’arte interattiva è fantastica... Ma tutta l’arte è interattiva, perché basta mettersi a guardare un quadro e già s’interagisce con l’opera. Se un’opera
d’arte quando la toccate si muove o parla o vi risponde, non vuole dire che sia un’opera più contemporanea di un’altra. Allora anche la cacca che pestiamo sul marciapiede è interattiva...

5 - Meglio Guttuso della Street art
Viva la Street art! Se Renato Guttuso avesse dipinto una delle sue signore nude sul muro sotto casa, sarebbe stato anche lui uno street artist. Peccato che spesso la Street art creda che basti cambiare supporto per migliorare o essere più cool. Mentre l’unico supporto che deve funzionare è il nostro cervello.

6  - Talmente interessante che è meglio andarsene...
Molto interessante... Si tratta di un’affermazione senza alcuna conseguenza pronunciata da critici, curatori e collezionisti davanti a un’opera nella speranza che questa dichiarazione metta fine al faticoso incontro. Evitate interpretazioni ottimistiche.

7 - Lo spettacolo non deve cominciare
Opere di grande spettacolarità! Chi reagisce così davanti a un’opera d’arte di solito non capisce nulla di arte. L’arte prima di essere spettacolo deve essere un’esperienza. Anche il tizio sparato dal cannone è spettacolare, però non è un grande attore come Robert De Niro (foto). Bisogna puntare a essere i De Niro dell’arte, non l’omino sparato dal cannone.

8 - L’artigianato non sempre è una forma d’arte
Il muratore non è l’architetto. Saper fare un muro non vuole dire saper disegnare una bella casa. Stesso vale per l’arte: saper disegnare o dipingere un albero come se fosse vero non vuol dire essere capaci di pensare una vera opera d’arte. L’artigiano non è necessariamente un artista.

9 - Meglio un artista folle o un folle artista?
Oggi va di moda fra i giovani curatori riscoprire artisti morti, morenti o pazzi. Non sempre queste «qualità» sono garanzia di successo. La differenza fra un artista folle e un folle artista è che il primo sa quando fermarsi e l’altro invece no. Dei morti, dei morenti e dei pazzi poi non si può dire male, il che limita il numero di recensioni negative.

10 - Morire giovani non è di successo
Non tutti gli artisti morti giovani tragicamente diventano famosi. Sconsiglio vivamente questa scorciatoia verso il successo.

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