Dal liceo Manzoni al Berchet, sintomi di disciplina di ritorno
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Dal liceo Manzoni al Berchet, sintomi di disciplina di ritorno

I presidi da tutori dell'ordine nell'istituzione più  precaria della Repubblica, sembrano diventati gli alfieri di una  rivoluzione basata sul buon senso

Assediati da studenti indisciplinati, genitori sessantottini e professori depressi, alla fine si sono agitati pure loro. I presidi da tutori dell’ordine nell’istituzione più precaria della Repubblica, sembrano diventati gli alfieri di una rivoluzione basata sul buon senso. Così, negli ultimi giorni, i presidi dei tre licei classici più famosi di Milano sono finiti sui giornali. Quello del Berchet, Innocenzo Pessina, perché stanco della differenza di voti tra una sezione e un’altra, ha deciso che quattro volte l’anno i professori si scambieranno i compiti in classe dei loro alunni. Quello del Manzoni, Luigi Barbarino, perché, quando uno dei 16 superstiti di una classe partita due anni fa con 28 ragazzi gli ha chiesto di cambiare scuola, ha deciso di dividere e destinare ad altre sezioni due insegnanti che, «pur bravissime», di fatto stavano sterminando i loro allievi. Quello del Parini, Carlo Arrigo Pedretti, perché in un consiglio di istituto ha risposto in modo non convenzionale a un’insegnante «pasionaria» della Cgil, che gli opponeva l’ennesima questione formale. «Il problema» secondo Pedretti «è che di fronte all’inadeguatezza dei ragazzi che escono dalle medie, ormai ridotte a una post-elementare, bisogna rivedere cosa il liceo può pretendere.
La scuola superiore è rimasta quella di sempre, mentre sono cambiati gli studenti e i costumi delle famiglie. Così gli insegnanti sono troppo buoni o troppo cattivi, mentre servirebbe un po’ di buon senso per rendere la scuola più appassionante per i ragazzi».

Al problema «troppo buoni o troppo cattivi» ha cercato di trovare soluzione Pessina, smistando i compiti in classe tra professori di diverse sezioni, ma i suoi due colleghi non sono d’accordo, perché, spiega Barbarino «ogni professore segue un metodo, nei limiti dei principi fissati dall’istituto, però solo lui è in grado di interpretare il lavoro dei suoi allievi». Barbarino, preside da 30 anni, è al Manzoni dal 1995 ed è fiero della sua scuola, dei suoi allievi e dei suoi professori. Per questo ha vissuto come una ferita al cuore la richiesta dell’ennesimo allievo che gli chiedeva di andare via. Troppo severe le due insegnanti che saranno trasferite? «No, troppo fredde nei confronti degli studenti. Ho parlato a lungo con genitori e ragazzi, che ricevevano solo critiche e nessun plauso. Impossibile andare avanti, con il rischio di arrivare a una terza, nell’anno della maturità, con solo 13 alunni».

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