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Gaetano Pesce, la forza dell'Italia? "Mantenere le differenze"

Tra i nostri designer più famosi, si racconta nel suo studio di New York. La visione del nostro Paese dall'America e il desiderio di lavorare con un materiale leggero come una nuvola

Una mezza luna imbottita gli fa da spalliera, e da nume quasi. Il divano modulare su cui siede Gaetano Pesce, uno skyline newyorchese con grattacieli blu di poliuretano espanso come braccioli, è un progetto icona del celebre designer e architetto, è il polo di attrazione di un pianeta di mobili e oggetti d’arredo fatto di resine, smalti, poliestere e vinile, di rossi, gialli, arancione, che è il suo magmatico studio a Soho.

"Qua i colori non mancano mai", dice l’architetto, 73 anni portati con eleganza e occhi vigili, nato a La Spezia ma cresciuto tra Padova e Venezia e adottato da New York negli ‘80, otto anni dopo aver preso parte alla grande mostra del MoMA dedicata al design italiano.


A distanza di decenni un'intensa e ben curata mostra alla Fred Torres Gallerydi Chelsea racconta l’arte firmata Pesce, attraverso modelli e maquette: dai vasi con i "piedi" in resina fiammeggiante al modellino della Up5 del 1969 - la poltrona dalle curve femminili legata al suo puff con una catena, il progetto prediletto dell’architetto, che esprime la condizione di schiavitù e di disparità in cui si trova la donna -. E c'è anche l’Italia in Croce, un’opera del 2010 con il Bel Paese che si liquefà su un letto di carboni ardenti, "un pezzo che ancora oggi non cambierei - dice Pesce - perché mi sembra che l’Italia non riesca proprio a guardare avanti. Con le ultime votazioni il Paese ha detto chiaramente che è stufa della classe politica tradizionale, dei vecchi. Non aver dato spazio a Renzi mi è sembrata un’occasione persa per innovare, mentre ho sentito che è stato dato a Bersani l’incarico di formare un governo. In questo modo l’Italia è stata offesa ancora una volta secondo me".


Pesce guarda l’Italia a una distanza peculiare. La distanza di chi è emigrato da tempo ma nello stesso tempo vi torna una volta al mese per visitare le industrie con cui collabora e le città del cuore come Firenze, Venezia, Mantova. L'Italia è anche il trait d'union con il ricordo di una madre che ha cresciuto la famiglia senza il padre, che è morto in guerra: "Sono nato da una famiglia povera ma mia madre, che faceva la pianista, diceva sempre noi siamo ricchi e un giorno avremo anche i soldi. In fondo è quello che penso per l’Italia: abbiamo una cultura innata, un senso dell’ospitalità e dell’accoglienza che non dobbiamo andare a imparare a scuola: siamo uno dei paesi più ricchi del mondo anche se la situazione attuale è cosi difficile".

Per Pesce, nonostante tutto, la città per eccellenza rimane New York, la metropoli funzionale, di servizio, sicura e aperta 24 ore su 24; spesso superficiale, a volte anche conservatrice ma con il valore aggiunto della cultura della strada, il dono delle differenze che nutre la sua creatività: "Se vado da Soho a Brooklyn, dove c’è il mio laboratorio, passo da un mondo a un altro in soli venti minuti di macchina: qui gli europei e gli americani, lì gli ebrei ortodossi con le trecce e i cappelli neri. Questo è uno stimolo unico, e per certi versi ha delle affinità con l’Italia, dove ogni regione e ogni città ha le sue ben tradizioni ben distinte".


Quella di "mantenere le differenze" è un’idea che accompagna Pesce negli ultimi tempi e che si è già trasformata in una sedia, l’ultimo dei suoi progetti, la cui seduta si  srotolerà in un piano con la scritta Più Diversità, Meno Uguaglianza. Se il progetto del futuro esiste già, il materiale non è stato ancora scoperto invece: Pesce, che ha sondato la plasmabilità di una vastissima gamma di materiali, adesso ne cerca uno che sia leggero come una nuvola e strutturale al tempo stesso. Un materiale che forse non esiste ma è nei desideri.

Gli oggetti realizzati, esposti nello studio di Soho, sono pezzi da museo, sono un eredità della nostra cultura, un tassello di storia. Ma forse questo non farebbe piacere all’architetto Pesce, che dice strenuamente di non amare le ripetizioni né il passato. Come un’ossessione quasi, di chi ha attraversato mondi e vite diverse, la testa piena di idee, visioni e esperienze ma non vuole esserne condizionato né sentire il vincolo della memoria, e tende a diventare sempre più leggero, come una nuvola appunto, che si trasforma sempre, ma contiene in sé il segreto della forma.

Paola Camillo

Gaetano Pesce nel suo studio di Soho, seduto su "Notturno a New York", uno degli ultimi progetti.

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