Enzo Bianchi: vi spiego cos'è (oggi) il Male
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Enzo Bianchi: vi spiego cos'è (oggi) il Male

Su Panorama dialogo (esclusivo) con il monaco che non porta la croce e da quasi 50 anni accoglie, nella sua comunità di Bose, uomini e donne d'ogni credo

Il padre, stagnino, promise alla madre che non avrebbe mai portato con sé sui tetti l’unico figlio, ad aggiustare grondaie. Era però scritto che Enzo Bianchi salisse in alto, in piena umiltà, e rischiasse del suo per gli altri, e ascendesse per poi discendere, le mani sporche di cosa buona. È quello che viene da pensare trovandoselo di fronte, la voce che già racconta chi è l’uomo: calda, profonda, autorevole, con una raschiatura sul fondo, costante. Enzo Bianchi è un gigante con il volto da elfo. E quando l’elfo parla, il silenzio ovunque si fa grato, perché questo dottore in misericordia, con la laurea in economia in tasca e Dio nell’anima, è un intellettuale finissimo, un religioso puro, priore della comunità monastica di Bose (Biella) da lui fondata nel ’65, aperta a uomini, donne, protestanti, ortodossi, cattolici: qualcosa di rivoluzionario in tempi di integralismi religiosi e di nazionalismi antirazziali. Scrive libri, pareri; raramente si concede per festival e tv, quasi mai per interviste.

Fra le parole a lui più care c’è "parresia", dal greco, il coraggio di parlare, la libertà di dire. Bianchi ammette fatiche ("La cella all’inizio è una prigione, con la sua solitudine"); ricorda ferite inferte ("Mio padre era un anticlericale, si sentì tradito dalla mia scelta. Mia madre, morta quando avevo 8 anni, era molto credente, invece"); si misura col dubbio ("Si fanno domande a Dio e da giovani si sentivano subito le risposte"); e, senza paura, guarda in faccia i volti del male.

"Il problema del male resta un enigma per uomini e cristiani: da dove viene? La stessa Bibbia non dà una spiegazione, se non queste specifiche: il male è una cosa che Dio non ha voluto; secondo, il male era presente fin dall’inizio della storia, provocato sia dalla natura, sia dall’uomo. È l’uomo che percepisce il male. A partire da questo, il Giudaismo e per estensione la Chiesa cattolica hanno dato come spiegazione un Oppositore (Satana in ebraico), un Divisore (il diavolo), un Demone, cioè una forza. Neanche la Chiesa cattolica spiega da dove viene, dice solo che Dio è più forte".

Dio è un padre amorevole che però distribuisce mali ovunque. Molte persone di fede entrano in crisi proprio perché non sanno come conciliare l’idea del tanto amore divino col tanto orrore terreno. Bisogna fare un salto nella comprensione di Dio che magari permette queste cose a fin di bene. Da ragazzo, in campagna, quando moriva un bambino piccolo, si diceva: "Dio se l’è portato con sé perché non voleva restare senza di lui". Dio non può vincere la morte se non nell’aldilà, per la vita eterna. L’onnipotenza di Dio rispetta l’uomo nella sua autonomia e nella sua libertà fino ad apparire impotenza.

Mi perdoni, ma suona un po’ blasfemo.
"Dio è onnipotente nell’amore, ma non ha onnipotenza di fronte all’uomo. L’uomo può bestemmiarlo, ignorarlo, dirgli di no, e avere una vita felice. Dio ha fatto tutto con amore e libertà. E noi dobbiamo fare lo stesso".

Quando ha voluto, però, Dio ha sconfitto il male terreno: i miracoli.
"Gesù non ha guarito tutti i ciechi, gli handicappati, i muti. I miracoli sono come frecce: capiamo quello che sarà nell’aldilà".

Dio, Buddha, Allah, Jahvè...
"Per noi cristiani, Dio è quello che è stato narrato da Gesù. Gli altri certamente sono chiamati Dio ma il nostro Dio è quello degli ebrei, il padre di Gesù".

Ma non è che il male sia sempre lo stesso?
"Fra gli eccidi dell’antichità e la bomba atomica cambia solo il mezzo. Il male nella storia si manifesta con tre volti. Avere tutto e subito. Accumulare ricchezze. Avere potere. Sono le tre epifanie del male, le tre tentazioni di Gesù nel deserto: il diavolo dice 'Ti do il pane, ti do tutte le ricchezze, buttati giù dal pinnacolo, puoi fare tutto'. Sono le tre libido di Sigmund Freud, la libido erotica (mangiare l’altro), la possidendi e la dominandi".

Il Papa ha indicato nella finanza e nei mass media i nuovi volti del male.
"Anche nel Medioevo c’era la 'finanza', si chiamava usura".

I mercanti nel tempio sono in giacca e cravatta davanti al computer: sta dicendo questo?
"Sentiamo di più il potere della finanza. Nell’Ottocento il nemico era il capitale, a fine Settecento i possidenti-padroni".

E dei mass media cosa pensa?
"Nell’Impero romano c’erano gli strilloni nelle piazze che se la pigliavano col nemico e incitavano alla guerra, alle torture… Piuttosto, perché nessuno ha chiamato guerra l’intervento umanitario in Libia? Questa sì che è una responsabilità".

Quali allora i nuovi volti del male?
"Siamo una società bugiarda. Negli ultimi 20 anni c’è stata una crescita generalizzata: si dice una cosa e se ne pensa un’altra, si mente allo Stato nella dichiarazione dei redditi, si rilascia falsa testimonianza in tribunale. È il male dominante la menzogna fino alla calunnia".

La calunnia?
"La calunnia e la menzogna sono diventate metodo anche fra cristiani".

Pensa a corvi e maggiordomi degli ultimi scandali vaticani?
"Non solo in Vaticano, nella vita comune, quotidiana".

Padre, un altro male, anno 2012?
"Mi chiami Enzo… C’è una specie di indifferenza che ci ha preso. Un’indifferenza al male. Non ci si scandalizza, non abbiamo l’indignazione dentro".

Eppure si sta muovendo la società civile, gli indignados e anche gli intellettuali dopo anni di Aventino (e fatti loro) hanno "messo la faccia".
"Sì, nell’ultimo anno ci sono i segni di un risveglio nella gente che fa domande, però rimane l’atteggiamento di fondo".

Quale?
"Fate pure, a patto che non tocchiate il mio mondo. Una specie di non prossimità. Siamo disposti a dare 50 euro per i terremotati ma non a invitarli a cena a casa nostra spendendone 10. Perché la prossimità ci fa paura".

Sociologi e psicoanalisti parlano di una crescita del narcisismo: cosa ne pensa?
"È un male banale, espressione dell’individuo. Altra cosa è l’individualismo esasperato dei nostri tempi, che è il vero male".

Ci aiuti a capire.
"La soggettività anni 60, preziosa scoperta, a poco a poco si è corrotta in soggettivismo e in individualismo. Ora c’è un individualismo disperato e feroce secondo il quale i desideri si trasformano in diritti. E si vuole che gli altri li soddisfino. È una regressione. Pura barbarie".

Come se ne esce?
"È un problema educativo e culturale. La scuola, i genitori devono di nuovo dire: 'Io devo fare venire al mondo una persona. E farla crescere con capacità di umanizzazione'".

Significa?
"Che io mi faccio più uomo, che penso al significato e alle conseguenze delle mie azioni. Da giovane strappavo l’erba, così, per gioco. Perché? Manca una grammatica umana".

Quale la sintassi?
"Rispettare animali, natura, uomini. Insegnare la pluralità. Diventare esperti in differenze e in complessità".

La tv degli esordi aveva una funzione educativa. Ora?
"Noi non abbiamo la tv in comunità. Ma quando sono in trasferta e sono in hotel, l’accendo e non trovo una trasmissione che aiuti gli uomini a crescere in umanità. Io vado poco in video, massimo due volte l’anno. Chi va di più non è più ascoltato".

Ma esiste una classifica del male?
"L’ottavo vizio capitale è la superbia: uno pensa se stesso come un dio e gli altri come una cosa, uno strumento. Non li guarda. Dittatori (Stalin, Hitler, Gheddafi) presi dalla vertigine dell’orgoglio hanno esercitato la tirannia, con la sessualità brutale, l’arroganza violenta…"

Allora?
"Io ragiono così: noi uomini, tutti, possiamo cadere e fare del male, anche un omicidio, che è la cosa più terribile (spero si capisca cosa intendo), perché trasportati dall’impeto. Però possiamo anche scegliere. È grave l’ipocrisia dei politici che difendono la famiglia e poi conducono una vita sistematicamente contro i valori della famiglia. Chi invoca la giustizia trasparente e poi dà scandalo".

Le cronache sono impietose: molti i cristiani che non brillano. Non dovrebbero dare l’esempio?
"Non abbiamo solo la coscienza. Abbiamo anche il Vangelo che ci dice di non rubare, non dire il falso, non corrompere, non desiderare la donna d’altri..."

Dura per un credente accettare l’onda nera degli scandali vaticani.
"Non sono stato molto turbato da queste vicende: temo ci siano state esagerazioni, sono problemi che sorgono in qualsiasi istituzione. Credo di conoscere bene la Chiesa: il Papa e i suoi collaboratori sono persone trasparenti. Ci vorrebbe una capacità maggiore di spiegare cosa è successo".

Problema pedofilia.
"Stiamo entrando in una cultura di tipo anglosassone: non si nascondono più le cose, si sente il bisogno di denunciarle. La pedofilia è un delitto orribile perché il bambino non ha capacità di soggettività. È stata una piaga negli anni 60 con i collegi, ora lo è di meno, ma c’è più coscienza, più spinta a fare emergere le verità. Non dimentichiamo che stiamo parlando di persone malate".

Sempre la sua misericordia.. e ai bambini non pensa?
"Per cautela deve essere subito allontanato chi può fare danno e reso innocuo. Poi aiutato".

"Siate sobri" è il mantra degli ultimi mesi: giusto?
"Da anni stiamo godendo con facilità e senza consapevolezza dei beni, sfruttando i paesi poveri".

E il suo mantra qual è?
"Non sprecare. Dobbiamo tornare alla regola di San Benedetto della misura. Pensi ai frigoriferi pieni… I poveri non solo bussano ma entrano da tutte le parti. Non buttare via: un’autoeducazione".

Lei non porta la croce.
"Sono un monaco".

È anche una scelta? Lanciata dagli stilisti, dalle rockstar, svuotata di significato…
"La croce è il simbolo più reale che ci sia, indica la vita di Gesù data agli altri, soffrendo. E come viene usata? È successo lo stesso con le parole".

In che senso?
"Vorrei prendere una parola in mano cercando di renderla di nuovo eloquente, parlante, partendo dalla verità per cui l’uomo l’ha fatta nascere. Sì, vorrei rifondare ogni parola abusata, ridarle significato".

A quali pensa?
"Sacrificio. Bandita completamente. Invece senza sacrificio non avremmo la libertà. E poi: perseveranza. Bisogna insistere, non fare le cose per emozione ma cercare di farle diventare storia. Anche fatica: nella nostra vita ce n’è molta, si fatica a vivere insieme, anche nelle storie d’amore".

Se le dico morte assistita? Lei intervenne sul caso Englaro.
"Non si deve assolutamente lasciare posto all’eutanasia, anche se il malato l’ha detto. Bisogna però togliere ogni possibilità di accanimento terapeutico. Vedo negli ospedali italiani una scandalosa assenza della cultura del dolore".

La parola morte, invece?
"La sentiamo come un’ingiustizia perché mette fine a tutto ciò che abbiamo di bello. Affetti, amori... La paura della morte è la causa di alienazione più grande. Pensi alla Lettera agli ebrei, a Freud. Sentiamo il bisogno di premunirci per la vecchiaia: di nuovo l’egoismo, il pensare a sé, l’individualismo".

Facile a dirsi, siamo tutti umani.
"Se la molla fosse la conoscenza della vita, se pensassimo a un manifesto di umanizzazione, che dice? Non sarebbe meglio?"

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Stefania Berbenni