ElectriCity, danzare una città elettrica creando giochi di luce in movimento
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ElectriCity, danzare una città elettrica creando giochi di luce in movimento

Sino al 27 aprile al Teatro Nuovo di Milano gli Evolution Dance Theatre con ElectriCity: un balletto tra video art, performance atletica ed esplorazione tecnologica

Da quando si sono imposti il teatro danza e la danza contemporanea, e l’atletismo si è mischiato alla musica conquistando i palcoscenici internazionali, una frase ricorre spesso tra artisti e coreografi: “Tutto è danza”. L’ispirazione è ovunque. Tutto può diventare balletto. E così non solo assistiamo a interessanti sperimentazioni, ma soprattutto alla danza è arrivato pubblico nuovo.

In questo quadro si inserisce ElectriCity, coreografia di Anthony Heinl in programma al teatro Nuovo di Milano da questa sera sino al 27 aprile. Eseguita e pensata per la compagnia degli Evolution dance Theatre (fondata nel 2008 e diretta dal coreografo) l’opera è il risultato della cultura scientifica di Heinl  mischiata alle sue suggestione artistiche. Che non sono da poco. Heinl infatti, sebbene abbia avuto una formazione culturale in chimica e scienze tecnologiche, ha poi collaborato con artisti come Moses Pendelton, visionario animatore prima dei Pilobolus e quindi dei Momix.

Accade così che anche in Electricity, come lo scorso anno con FireFly, Heinl mischi generi, materiali, movimento atletico ed effetti speciali shakerando in palcoscenico video art, illusionismo e acrobazie volanti.
Questa è ormai diventata la caratteristica della compagnia, “chiamata a dare corpo alla mia passione per la tecnologia, la scienza e la luce” dice il coreografo. E che al Teatro Nuovo racconta e dà forma a una “Città Elettrica” quale contenitore di forza e di energia in movimento. Energia naturale in pieno accordo con l’armonia del corpo umano.

Come nasce questo nuovo spettacolo?
ElectriCity è uno spettacolo tra passato e futuro che trae ispirazione dal modo in cui il futuro è stato immaginato in passato e segnala un semplice ma piacevolissimo percorso tra vecchio e nuovo, un presente che elabora ciò che é stato e ciò che si delinea come suo "futuro ideale". Anche a livello sonoro ho optato per scelte musicali anni '70 e '80 come Led Zeppelin, David Bowie, Minnie Riperton .. per poi passare al presente con sonorità più moderne come gli Atoms of Peace, Goldfrapp, Lamb.

Lo spettacolo è ricco di effetti speciali che ricordano il cinema.
Dal cinema ho imparato a creare effetti di grande impatto visivo con oggetti molto semplici. L’ingegno creativo è usare tecnologie molto povere e low cost per creare grandi effetti che paiono trucchi cinematografici di post produzione,fatti in maniera digitale. Tengo molto a precisare che in ElectriCity non ci sono video proiezioni, effetti tecnologici complicati e costosi o sincronizzazioni computerizzate.

Quali sono i trucchi?
Li svelo nello spettacolo. Qui aggiungo soltanto che i nostri performers oltre a danzare devono anche saper disegnare e creare effetti dal vivo con attrezzi spesso scomodi e ingombranti e il più delle volte nel buio più assoluto con tutte le difficoltà legate all'orientamento. Gli effetti luminosi servono a ricreare l’idea della luce come fonte di vita, di creatività e di ingegno. Un grande quadro elettrico che poi si scopre corpo.

Nei suoi spettacoli c’è sempre grande atleticità e sperimentazione, apprezza la “contaminazione di generi”? Ad esempio la revisione in chiave pop dei balletti del repertorio classico?
Combinare generi diversi permette di accedere ad un vocabolario più ampio. A mio parere la bravura (un pò come uno chef abbina ingredienti all'apparenza lontani tra loro) sta nella giusta dose e misura oltre ad una grande ricerca che possa sostenere la scelta; non dovrebbe essere casuale.

Lei ha lavorato con coreografi ed artisti innovativi. Cosa le è rimasto di Moses Pendelton e dei Momix?
L’esperienza nei Momix mi ha formato molto. Ho iniziato ad apprezzare una danza e una visione del linguaggio corporeo che potesse ispirare anche un pubblico non prettamente legato al balletto. Sicuramente l'insegnamento più prezioso è quello di voler stupire il pubblico in maniera positiva e farlo uscire da Teatro più felice di quando è entrato. Convinto della necessità di sognare e di fantasticare.

Rispetto a loro, come è evoluto il suo lavoro?
Sicuramente la mia vena scientifica mi porta più alla sperimentazione degli elementi chimici ottici e percettivi. I Momix come noi vedono come padre di questo genere A.Nikolais ,creatore del teatro astratto multimediale. Il mio desiderio è quello di creare illusioni nuove, nuove leggi di gravità e un nuovo vocabolario di danza. Da qui lo studio della luce e delle sue reazioni, lo studio di giochi ipnotici e ottici, l'utilizzo di scenografie gonfiabili che creano un nuovo repertorio di danza e movimento permettendo ai performers di rimbalzare di pancia e di schiena.

C’è spazio in Italia per la sperimentazione coreografica ? Viene incoraggiata?
L'Italia sta vivendo un periodo di grande crisi... ed è noioso ricordarlo visto che lo viviamo tutti i giorni. A livello istituzionale, al momento non viene sostenuta più di tanto, ma viene decisamente incoraggiata dal pubblico che sembra apprezzarla molto.

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

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