Biennale di Venezia 2015: il futuro del mondo in 120 anni di storia
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Biennale di Venezia 2015: il futuro del mondo in 120 anni di storia

Apre le porte il 9 maggio la 56esima Esposizione Internazionale d'Arte, curata da Okwui Enwezor. Che cerca l'oggi nelle sue connessioni con il passato

Un'edizione speciale, questa 56esima dell'Esposizione Internazionale d'Arte. Perché si festeggiano 120 anni dalla fondazione della Biennale, ma anche cento dalla Prima Guerra Mondiale e 75 dalla Seconda. E a voler raccontare l'inquietudine che ci pervade oggi il suo curatore, il nigeriano - statunitense Okwui Enwezor, si affida alla capacità rappresentativa dell'arte e alla storia stessa.

Ecco perché si intitola All The World's Futures: è un tentativo di valutare nuovamente il rapporto tra l'arte e gli artisti e l'attuale stato delle cose. Un approccio piuttosto concettuale, che si spiega attraverso vari filtri, come fossero livelli diversi di lettura, per abbandonare l'idea di un unico tema onnicomprensivo dell'esposizione e giungere a un confronto inevitabile tra lo stato delle cose e la loro apparenza.

Vitalità: sulla durata epica. Si tratta del primo filtro, incentrato sulla drammatizzazione dello spazio espositivo. Ovvero, come negli eventi dal vivo, le manifestazioni della Biennale saranno in continuo divenire e, soprattutto, mai concluse. Mai complete, sempre in svolgimento, per essere punto di incontro tra vitalità ed esibizione.

Il giardino del disordine. In origine, la parola giardino era strettamente connessa a qualcosa di simile al paradiso, inteso come spazio chiuso di tranquillità e piacere. I Giardini della Biennale, costellati in maniera incerta di padiglioni, rappresentano invece il mondo disordinato attuale, fatto di una geografia deformata e in conflitto. Su questo contrasto, gli artisti sono chiamati a creare sculture, installazioni, film e performance.

Il Capitale. Sì, proprio quello di Karl Marx, che verrà letto dal vivo per poi ampliarsi in spettacoli teatrali, musicali (a prtire da Luigi Nono) e cinematografici perché, come sottolinea il curatore, "Il Capitale è il grande dramma della nostra epoca". Ma non basta. Nel 1974 ci fu un'importante riforma dell'istituzione della Biennale. E proprio in quell'anno, gran parte dell'esposizione fu dedicata al Cile, in seguito al violento colpo di stato con cui Augusto Pinochet rovesciò il governo di Salvador Allende. La Biennale, dunque, si espose in un gesto di solidarietà molto preciso e puntuale. E in risposta a quell'episodio, questa Biennale ha creato uno spazio di raccolta della parola parlata, l' ARENA, concepita dall'architetto David Adjaye nel PAdiglione Centrale dei Giardini in cui, appunto, si terranno letture e performance legate ai testi di Marx.

Per il resto, parlano i numeri: 90 partecipazioni internazionali, 44 eventi collaterali, 136 artisti di cui 89 presenti per la prima volta e 159 opere inedite. Questi gli elementi selezionati per compiere un viaggio analitico nell'arte contemporanea, cercando continuamente il confronto tra essenzialità e apparenza. Declinato, naturalmente, in tutti i modi possibili, anche quelli non ancora esperiti: si tratta di Tutti i futuri del mondo.

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Biennale di Venezia, dal 9 maggio al 22 novembre

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