1947: un anno secondo Elisabeth Åsbrink
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1947: un anno secondo Elisabeth Åsbrink

La giornalista svedese Elisabeth Åsbrink racconta un anno cruciale per la storia del Novecento, il 1947

Nel 1947 “il presente può essere definito come uno stato di pace bellicosa” scrive la giornalista svedese Elisabeth Åsbrink. E 1947 è il titolo che ha scelto per la sua opera (pubblicata in Italia da Iperborea): dodici mesi, da Gennaio a Dicembre, per trovare, come in una caccia al tesoro, il punto in cui dal caotico Dopoguerra è scaturita una nuova epoca, un nuovo Novecento. Åsbrink isola i mesi, e all’interno dei mesi isola gli eventi, in brevi capitoletti si muove da un luogo all’altro del pianeta, da Washington a Berlino, da Delhi a Malmö. Delinea fatti, evoca volti e caratteri, costruendo tasselli che andando avanti nella lettura si completano e incrociano.

Åsbrink parte da un’intuizione: che le dinamiche che hanno governato la politica negli ultimi settant’anni siano scaturite da processi iniziati in un momento specifico, quando il mondo (perché la visione di Åsbrink è ampia e sorvola a volo d’uccello un pianeta dove non esistono ruoli secondari), riscosso dalla confusione politica e sociale di 1945 e 1946 cerca di trovare una nuova stabilità, nel bene ma anche – e spesso – nel male.

All’indomani del processo di Norimberga, infatti, la giustizia non è riuscita a terminare il suo corso e un numero imprecisato di SS e criminali dal profilo decisamente più mediocre dei grandi gerarchi nazisti, cercano di dileguarsi. È il periodo in cui nostalgici e simpatizzanti, spesso con consistenti risorse economiche, organizzano enti di aiuto per i nazisti in fuga, che arrivano dalla Germania in Danimarca e Svezia per imbarcarsi verso l’America Latina. Parallelamente gruppi di orfani scampati ai campi di concentramento ed esuli ebrei migrano verso la Palestina, mentre Hasan al-Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani introduce l’uso del jihad.

A Delhi, entra in carica l’ultimo vicerè d’India, Lord Mountbatten. Mountbatten poi diventerà confidente di un giovane e confuso principe Carlo e morirà durante un’uscita in barca nell’Irlanda del Nord a causa di una bomba dell’IRA; ma nel 1947 gli preme solamente accompagnare lo smantellamento dell’impero britannico e rientrare il prima possibile in marina. Una sola cosa, nella girandola di obblighi reali, gli dà sollievo: che i suoi incontri con Gandhi avvengano sempre di lunedì, il giorno della settimana in cui il Mahatma “si astiene dal parlare”.

Ma la storia è fatta anche di eventi di minore portata, che si intrecciano alla grande politica silenziosamente. È così che Åsbrink ci accompagna per i verdi prati dell’isola di Jura, dove Eric Arthur Blair, che passerà alla storia come George Orwell, ancora in lutto per la morte improvvisa della moglie Eileen, porta a termine il suo capolavoro, un altro libro con un anno come titolo, 1984. O ancora Åsbrink segue le tracce di suo padre, ancora bambino, messo davanti ad una scelta che potrebbe cambiare completamente il suo destino: restare a Budapest o andare in Palestina.

Con penna lieve, Åsbrink sorvola su fatti grandi e piccoli. Li ricama davanti agli occhi del lettore per dare corpo, più che a un’interpretazione della storia, a un tentativo di spiegarla, e il testo è scorrevole e godibile nonostante le tematiche consistenti (anche se, per la verità, ogni tanto si rischia di fare confusione tra piani temporali a causa di flashback non segnalati). Se è vero che “non c’è una data precisa, un momento esatto in cui l’attenzione passa dalla gestione del passato a quella del futuro”, il tentativo di Åsbrink è quello di dare corpo a un anno, caotico certo, ma anche ricco di prospettive, che saranno esaudite o tradite, ma questo avverrà all’indomani: nell’oggi fotografato in 1947 c’è solo il barlume di un’epoca che, senza saperlo, sta per essere forgiata per le vie e i palazzi del mondo. Come scrive l’autrice, “esiste un posto tra ieri e domani, facile smarrirsi lì”.

Elisabeth Åsbrink
1947
Iperborea, 2018
314 pp., 18 euro

Per approfondire:

L'autunno tedesco di Stig Dagerman

Lichtblau, I nazisti della porta accanto

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Matilde Quarti