Seven, una trappola mortale
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Seven, una trappola mortale

Cinema In Tv - Due poliziotti danno la caccia a un serial killer. O forse è lui che li sta aspettando? Uno dei thriller più agghiaccianti e inconsueti di sempre, con Brad Pitt, Morgan Freeman e un indimenticabile Kevin Spacey

Se7en

di David Fincher con Morgan Freeman, Brad Pitt, Kevin Spacey

Usa, 1995, 127'

Giovedì 4 ottobre, Sky Cinema1, 21.10

Se non l'avete mai visto, vi invidio: non sapete che meraviglia vi aspetta. Se invece lo conoscete, provate a rispondere a questa domanda: vi viene in mente un altro film come Se7en? Scommetto di no, perché questo è uno di quei lavori che fanno storia a sé, distinguendosi dai precedenti e condannando al ridicolo tutte le imitazioni.

Non è solo una questione di originalità, anche se la macabra immaginazione dello sceneggiatore Andrew Kevin Walker lascia segni indelebili. Quello che è davvero unico è la capacità di spaventare non aumentando la dose di violenza, ma cancellandola del tutto: l'unico delitto mostrato nel film viene commesso da un poliziotto, e la scena dura cinque secondi. Per il resto, invece della furia omicida, si vede qualcosa di molto più spaventoso: le sue conseguenze, tra corpi martoriati e tuguri maleodoranti ridotti a camere di tortura. Qui nessuno urla. Non c'è dolore: soltanto morte. Niente rabbia, solo follia e silenzio, e questo lima i nervi più di qualsiasi squartamento. In un fotogramma di Se7en il terrore è più palpabile che nell'intera sanguinolenta saga di Hostel.

Per i tre venusiani che non lo sapessero, il film racconta la storia di un anziano detective, giunto a una settimana dalla pensione, che passa gli ultimi giorni di lavoro a istruire il suo giovane ed esuberante sostituto. I due devono occuparsi di una serie di delitti tanto efferati quanto fantasiosi: ben presto si rendono conto che il killer è uno solo, e a muoverlo è una sorta di delirio moralizzatore. Ha scelto infatti le sue vittime perché ognuna di esse ha commesso un peccato capitale, e quindi secondo lui meritava di morire in modo orribile. Il maniaco colpisce cinque volte, ma poi contro ogni aspettativa si costituisce. Perché? L'invidia e l'ira non sono state ancora punite: qui c'è sotto qualcosa...

Grande copione, ottima regia, ma c'è un altro motivo nel successo di Se7en: si chiama Kevin Spacey. Oggi si vede poco, dirige un teatro a Londra e dello showbiz hollywoodiano se ne frega, ma nel 1995 era al top. Merito di due film, usciti a poche settimane di distanza uno dall'altro, che gli hanno cambiato la vita. Uno (I soliti sospetti) gli è valso il suo primo Oscar; il secondo è proprio Se7en, che lo ha trasformato da eccellente performer teatrale in un divo di prima grandezza. La sua maschera luciferina nei panni del killer è già nelle cineteche, e fa passare in secondo piano le performance dei suoi compagni di set, un Morgan Freeman sbalorditivo e uno dei migliori Brad Pitt di sempre.

Per il resto, in questo viaggio dolente in una città buia, piovosa e senza nome, restano ancora due perle da lucidare: la scena surreale in cui Morgan Freeman, fino a quel momento cupo e taciturno, si lascia andare a una risata incontrollabile, e la frase bellissima e malinconica che chiude il film: «Ernest Hemingway disse una volta:“Il mondo è un bel posto, e vale la pena di battersi per esso”. Condivido la seconda parte».

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Alberto Rivaroli