Altman, il documentario sul regista impavido: 3 minuti del film
Michael Grecco
Lifestyle

Altman, il documentario sul regista impavido: 3 minuti del film

Il canadese Ron Mann esplora e celebra il viaggio di redenzione, lungo cinquant'anni, del padre del cinema indipendente americano. Dal 16 ottobre nelle sale italiane

"Impavido", secondo l'attore Michael Murphy. "Ispirazione", secondo il regista Paul Thomas Anderson. Chi è stato Robert Altman e cosa significa oggi l'aggettivo "altmaniano"? "Prendere a calci Hollywood", risponde Bruce Willis.
La vita e la carriera del padre del cinema indipendente americano, con le sue molteplici sfaccettature, sono ripercorse nel documentario Altman del canadese Ron Mann. Presentato in anteprima nella sezione Venezia Classici alla Mostra lagunare, il film arriva nelle sale il 16 ottobre, distribuito per la prima volta da MyMovies.it, in collaborazione con Feltrinelli Real Cinema.

Mann esplora e celebra l'epico viaggio di redenzione, lungo cinquant'anni, di uno dei registi più importanti e influenti della storia del cinema, facendo ricorso a interviste rare, estratti da film rappresentativi, immagini d'archivio e riflessioni dei familiari e dei suoi più noti collaboratori. Tra i vari contributi quelli di Kathryn Reed Altman, il compianto Robin Williams, Sally Kellerman, James Caan, Elliott Gould, Keith Carradine, Lily Tomlin, Philip Baker Hall, Julianne Moore, Lyle Lovett.

In questo video in esclusiva un estratto del film.

Altman, il documentario di Ron Mann

Mann nel suo curriculum ha già tanti doc in cui esplora forme d'arte e cultura popolare contemporanea, dal jazz (Imagine the Sound, 1981) alla forma poetica dello spoken word (Poetry in Motion, 1982), dai fumetti (Comic Book Confidential, 1988) alla danza (Twist, 1992), dalla marijuana (Grass, 1999) alla cultura dell'automobile (Tales of the Rat Fink, 2006) e ai funghi (Know Your Mushrooms, 2009). Ora si concentra su Altman inquadrandolo come anticonformista, autore, ribelle, innovatore, narratore, sperimentatores, giocatore d'azzardo, folle, padre di famiglia, regista, artista.

Nonostante la sua ascesa non sia stata rapida, Altman è conosciuto per aver preso Hollywood per il collo e non aver mai mollato, dal film anticonvenzionale sulla guerra di Corea M*A*S*H (1970) in poi. L'opera di Altman ha ribaltato l'idea della frontiera occidentale (I compari, 1971), ha riflettuto sull'orrore e la schizofrenia (Images, 1972), ha trasformato l'investigatore privato noir Phillip Marlowe in uno scialbo brontolone (Il lungo addio, 1973), ha mostrato un allucinante quadro di un'America ossessionata da se stessa e intenta a divorarsi (Nashville, 1975), ha osservato freddamente iconografie appannate (Buffalo Bill e gli indiani, 1976), ha esplorato l'universo femminile (Tre donne, 1977), ha criticato il fragile rituale del matrimonio (Un matrimonio, 1980), ha dato una vita surreale a personaggi dei cartoni animati (Popeye - Braccio di ferro, 1980), ha smascherato la torbida essenza della politica corrotta di Nixon (Secret Honor, 1984), ha castigato con la satira il culto della celebrità (I protagonisti, 1992), ha riflettuto sulla natura volubile del caso e della fortuna (America oggi, 1993), ha osservato le influenze distruttive delle classi sociali e del potere (Gosford Park, 2001), ha fatto divertire in puro stile americano (Radio America, 2006).

Altman era in costante movimento, confondendo in continuazione il confine tra la vita e l'arte, a partire da un'infanzia relativamente agiata come figlio di un venditore di assicurazioni con un debole per il poker, in una rissosa Kansas City all'epoca della Depressione e del Proibizionismo, e passando per decine di missioni di bombardamento nel Pacifico durante la seconda Guerra mondiale, la lunghissima gavetta come regista di film industriali e commerciali e il lavoro in televisione, il ritardo con cui emerse come artista. Deciso a non piegarsi alle convenzioni di Hollywood o ai suoi dirigenti, Altman si fece amici e nemici e il suo stile unico gli valse lodi in tutto il mondo, ma anche qualche critica feroce, permettendogli di dimostrare che è possibile fare film veramente indipendenti.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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