Scandaloso Delbono, fra amore, carne e un ex Br
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Scandaloso Delbono, fra amore, carne e un ex Br

Un film shock nato dopo l'incontro col terrorista che uccise Roberto Peci: paura della morte, politica e autobiografia si fondono nel nuovo lavoro del regista

Alla stazione di Modena arriva Dio e il Diavolo, con l'accento genovese. Gigantesco, con un maglione blu e una borsetta di plastica come portano i vecchietti che fanno i tour dei santuari in pullman, appare Pippo Delbono: sulfureo e mite allo stesso tempo, e si capisce come mai Peter Greenaway nel suo ultimo film (Goltzius and the Pelican Company) gli ha fatto fare la parte del bene e del male. "Non è Dio che ha creato l’uomo, ma l’uomo che ha creato Dio" sostiene, mentre (umano, troppo umano) si butta su un tramezzino con maionese. Cinquantaquattro anni, celebre regista teatrale e attore, sarà con il suo ultimo spettacolo, Orchidee, al Teatro Pavarotti di Modena il 25 maggio, ed è a Cannes in due film: quello di Valeria Bruni Tedeschi Un château en Italie(nella parte di un prete) e, da protagonista, in Henri di Yolande Moreau.

Il 27 giugno uscirà nelle sale un film suo: Amore carne, girato interamente con un telefonino. Che inizia con lui che si reca in ospedale a rifare il test dell’Hiv, anche se da 22 anni sa di essere positivo. "Aids, malattia legata alla carne, alla carne moralmente male usata, agli aghi che entrano nella carne, alla sessualità. Nasce da questa carne, che è peccato".

Sua madre, cui nel film dedica La ballata delle madri di Pier Paolo Pasolini, scoprì la malattia solo pochi anni fa, attraverso un'intervista. Cosa le disse?
"Anche questo mi hai fatto! Grazie, grazie". Poi non ne abbiamo più parlato, continuava a preoccuparsi che mettessi i maglioni di lana quando andavo in tournée nei posti freddi. E si convinceva che io stessi bene. È morta dopo sei mesi. Era la maestra del paese, ascoltava tutti, però con me era dura. In silenzio mi aspettava ogni notte alla finestra, anche quando tornavo all’alba. Perderla è stato massacrante, un vortice nero, come mettere un piede nel burrone, nulla più ti interessa. Nel film le dico: "Ti prego, non partire, non voler morire mai".

La morte di sua madre è il tema di un altro film, Il sangue, che sta completando e che uscirà in autunno. Lo ha girato dopo l’incontro con il brigatista Giovanni Senzani. Non è pornografico filmare da vicino la morte, come ha fatto con quella di sua madre?
Guardare la morte in faccia per guardare la vita. C’è pornografia a correre per fotografare l’attentatore e il ferito a Palazzo Chigi. Il cinema invece diventa uno sguardo lucido sul vivere e morire.

Come sono stati l’incontro e la collaborazione con l’ex delle Brigate rosse?
La storia della malattia e della morte di mia madre corre parallela alla malattia e alla morte della sua compagna, Anna. Lui, uomo scandaloso, responsabile dell’uccisione di Roberto Peci, lo incontrai dopo un mio spettacolo, mi venne a salutare. Iniziammo un rapporto di amicizia, mi ritrovai con lui a parlare dei grandi fatti italiani, come se discutessimo di vicende normali, una cosa surreale. Non si è mai pentito, ma ha fatto un percorso di umanità. Anna muore una settimana dopo mia madre e ci troviamo nella stessa condizione. E lui torna a parlare di "quelle" morti, dopo avere provato "quella morte".

Amore carne sembra voler allontanare una continua, costante, paura della fine. Nel film lei recita le parole di Carlos Castaneda: "Finché danzerai, la morte qui seduta ti aspetterà". È così?
Vincere la paura della morte è l’obiettivo più grande. Io amo la vita, ho paura di questa morte. Una spada di Damocle, ma anche una sorella che ti aiuta a non perderti troppo. Anche se è bella la vita del perdersi.

Perché girare con un cellulare?
Il mio telefonino è arrivato nei luoghi dove non potevo arrivare in altro modo. Volevo guardare la gente negli occhi, raccontare, non rubare. Con la discrezione dello sguardo. In questo abbiamo avuto grandi maestri: Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Antonioni. Ora è il momento del vuoto.

Quelle che racconta nel film non sono emozioni private?
Il privato diventa politico, il tuo privato diventa occasione per aprirsi alla vita degli altri. Questa è politica, occuparsi degli altri. Il potere, ce l’ha insegnato William Shakespeare, fa male a chi ce l’ha. E non logora chi non ce l’ha.

E la sua visione buddista della vita?
Sono buddista da 20 anni e credo che materiale e immateriale siano la stessa cosa. E, come diceva Walt Whitman, non esiste né paradiso né inferno, più di quanto ne viviamo qui. Sono le nostre azioni a creare il paradiso o l’inferno in terra.

E poi c'è l’amore e la morte, un altro binomio classico.
L’amore è come la paura della morte, quando superi la paura dell’amore superi anche quella della morte: amore, morte, vita. Forse sono la stessa parola.

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Terry Marocco