Nobi (Fuochi nella pianura), a Venezia il raccapriccio della guerra secondo Shinya Tsukamoto
Ansa/Claudio Onorati
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Nobi (Fuochi nella pianura), a Venezia il raccapriccio della guerra secondo Shinya Tsukamoto

In mezzo a una natura verde e fiorente, una fiera di corpi martoriati adatta a stomaci forti. Il regista giapponese: "Da vent'anni volevo fare questo film" - Venezia 2014

Volti sbrindellati dal fuoco nemico, monconi di arti sanguinanti, braccia che cercano di contenere le budella che escono, vermi che divorano corpi umani, un soldato che mangia con avidità la sua stessa carne, un altro che si avventa su un commilitone appena ucciso per cibarsene... 

Nobi (Fuochi nella pianura) di Shinya Tsukamoto, in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, è un film per stomaci forti. Che ha strappato timidi applausi alla proiezione per la stampa (in sala Perla). 

La guerra viene mostrata dal regista giapponese in tutta la sua stupidità e truculenza, tra scene impetuose ed estreme e allucinazioni. Negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, dopo aver invaso un'isola delle Filippine, le truppe giapponesi stanno rapidamente perdendo terreno e devono fronteggiare allo stesso tempo la resistenza locale e l'offensiva americana. Il soldato Tamura (interpretato dallo stesso Tsukamoto, non nuovo a calarsi nei suoi stessi personaggi) soffre di tubercolosi e viene abbandonato sia dal suo plotone che dall'ospedale mobile. È "libero" e mai così prigioniero di un ambiente che gli dà le vertigini. La sua battaglia non sarà solo per tornare a casa, vivo, ma anche per non perdere la sua umanità. Si fa sempre più lancinante il duello tra la sua indole generosa, animo inerme da scrittore, e le necessità che trasformano i soldati attorno a lui in mostri da horror movie. La natura intanto, con distese verdi rigogliose lambite da cieli tersi, è teatro silenzioso e traboccante.

"Il corpo umano in guerra diventa un oggetto", spiega Tsukamoto, che ha adattato il romanzo di Shohei Ooka del 1951 La guerra del soldato Tamura (Nobi), da cui già Kon Ichikawa aveva tratto un film nel 1959. "Ero studente delle superiori quando ho visto il film di Kon e mi era piaciuto, lo rispetto, però si concentra solo sui personaggi e sul loro carattere che diventa oscuro, non sull'isola delle Filippine. Quando ho letto il libro mi sono detto che volevo realizzarne un film, ma da un'altra prospettiva, ponendo la brutalità della guerra in contrasto con la bellezza della natura. Perché l'essere umano all'interno di questa bella natura deve fare questa guerra così sciocca? Questo mi sono chiesto".

Tamura non sa come muoversi in mezzo alla vastità verde, mentre raffiche di fuoco spezzano vite all'improvviso, dilaniano, bruciano, sventrano. Il nemico però non viene mai mostrato. Vediamo solo i giapponesi e il loro violento e raccapricciante sterminio.

Era da tanto che Tsukamoto voleva realizzare Nobi. "Da vent'anni pensavo a questa opera ma allora non avevo le possibilità di realizzarla", racconta. "Vent'anni fa il Giappone non percepiva più il pericolo della guerra. Mi sono però reso conto che il terrore della guerra è un elemento indelebile della storia. Nel mondo poi sono successe varie cose e mi sentivo addosso una sorta di missione da compiere". 

 

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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