Michael Clarke Duncan, addio all'eroe del Miglio Verde
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Michael Clarke Duncan, addio all'eroe del Miglio Verde

L'attore scomparso a soli 54 anni non era un divo, ma tutti gli volevano bene. Accanto a Tom Hanks aveva commosso il mondo, e oggi Hollywood (e la Rete) gli rendono onore

Raccontano che, quando qualcuno lo riconosceva per strada, sorridendo tirava fuori una banconota da cinque dollari: "Te li regalo se mi dici come mi chiamo!". Era un uomo spiritoso, Michael Clarke Duncan, e sapeva perfettamente che tutti conoscevano la sua faccia, ma pochissimi ricordavano il suo nome: era per tutti ”quello del Miglio verde”, il film che gli aveva cambiato la vita, realizzando il suo sogno di sfondare a Hollywood.

Purtroppo il gigantesco e simpatico attore americano, affettusamente soprannominato Big Mike, è tornato sulla bocca di tutti per il peggiore dei motivi: la crisi cardiaca che se l'è portato via ieri, a soli 54 anni. Reduce da un infarto, era ricoverato da quasi due mesi ma, anche se molti sapevano che non stava bene, la notizia della sua morte ha lasciato tutti di sasso. Non solo i colleghi come Tom Hanks, uno dei primi a esprimere il suo dolore, ma anche i fan che, a giudicare dal fermento della Rete, erano molti di più di quello che si poteva immaginare, anche in Italia. Duncan del resto era un uomo buono e adorabile, lontano anni luce dagli eccessi che a Hollywood trovano sempre diritto di cittadinanza, spesso amplificando la visibilità di attori mediocri.

Era cresciuto a Chicago con la sorella e una madre single, che negli anni di scuola gli aveva impedito di giocare a football americano: aveva paura che il suo “bambino” (destinato a diventare una armadio di 198 cm per 150 chili) si facesse male. Le rinunce per lui non finiscono qui: quando la donna si ammala, MCD deve lasciare l'università e si cerca un lavoro per dare una mano in famiglia. L'impiego alla compagnia del gas però gli va stretto, anche perché la passione per lo sport ha lasciato il posto a un'altra ancor più travolgente: il cinema. In attesa di un'occasione, entra nel giro dei bodygyard: non ha proprio la faccia cattiva, ma il fisico aiuta. I suoi clienti si chiamano Will Smith, Martin Lawrence, Jamie Foxx, LL Cool J. Per un periodo lavora anche per Notorious B.I.G., ma la sera del 9 marzo 1997, quando il turbolento rapper viene crivellato di colpi durante una sparatoria tra gang rivali, Michael non c'è: all'ultimo momento è stato sostituito da un collega. Uno dei pochi colpi di di fortuna di una vita complicata.

Buon per lui che, entrato finalmente in un cast importante (quello di Armageddon, 1998) diventa amico di Bruce Willis, che l'anno dopo fa il suo nome per un ruolo strepitoso: quello dell'ergastolano John Coffey, coprotagonista del dramma Il miglio verde, tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King. Un personaggio epico, un uomo innocente che non riesce però a sfuggire a un destino maledetto. Si tratta di una produzione di altissimo livello: la star è Tom Hanks e il regista Frank Darabont, entrato nell'Olimpo di Hollywood qualche anno prima, per aver diretto Le ali della libertà (altro magnifico film “carcerario”). Duncan ottiene il ruolo, e il resto è storia: successo planetario, una nomination all'Oscar e una carriera spianata. Certo, di capolavori non ne arriveranno più, ma Michael diventa un caratterista molto popolare (FBI - Protezione testimoni, Planet Of The Apes, Sin City), si rivela un ottimo doppiatore di cartoni animati (il più popolare è Kung Fu Panda) e lavora anche in tv: quest'anno è apparso nella serie Il risolutore (in programmazione anche in Italia, su Fox), spin off del celebre Bones.

Quando muore una star, ti sembra che sia mancato un amico, in certi casi perfino uno di famiglia. Perché oggi molti provano la stessa sensazione, anche se Duncan non era una stella né tantomeno un divo? È la magia del cinema: un attore può essere dimenticato, ma  certi personaggi restano immortali. Uno di questi è John Coffey, un uomo buono morto troppo presto. Proprio come Big Mike.

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Alberto Rivaroli