2. Grace Kelly
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Grace Kelly, la dea che visse due volte

Trent'anni fa moriva la bellissima diva che lasciò Hollywood per diventare principessa. La sua è una favola al contrario che fa ancora discutere

Visse felice e contenta. Poi incontrò un principe, e l'incanto finì. È la storia di Grace Kelly, una favola al contrario che oggi torna attuale, in occasione di una ricorrenza pesante: il trentesimo anniversario della sua scomparsa. Era il 13 settembre 1982, quando la diva-principessa uscì di strada con la sua Rover, precipitando in un dirupo nei pressi di Cap d'Ail, non lontano da Montecarlo. Il giorno dopo, i medici dell'Ospedale di Monaco la staccano dalle macchine che la tengono in vita: ad appena 52 anni, la moglie di Ranieri esce dalle cronache ed entra nella leggenda.

La sua carriera di attrice non dà adito a discussioni: le sono bastati cinque anni per entrare nella storia di Hollywood, vincendo un Oscar e lavorando con registi e attori di primissimo piano. È semmai il secondo tempo della sua esistenza, quello passato a corte come sposa del principe Ranieri di Monaco, a suscitare periodicamente polemiche e controversie. Da una parte, immutabili e monolitiche, ci sono le cronache di corte, ancor più melliflue dopo la tragedia; dall'altra una ridda di biografie e indiscrezioni che, fin dai tempi del fidanzamento, hanno smontato la favola di Montecarlo.«Non credo che la felicità possa essere una costante nella vita di una persona», disse un giorno, e la considerazione (di per sé ineccepibile) parve ai più la conferma dei suoi disagi.

Di certo Grace resterà sempre nell'immaginario popolare come una dea dalla doppia vita: il primo a pensarla così fu Alfred Hitchcock. Più che ammirarla, il maestro del brivido ne era ossessionato: in due anni, dal '54 al '55, la volle come protagonista di ben tre film, uno più bello dell'altro: Delitto perfetto, La finestra sul cortile e Caccia al ladro.

L'avrebbe voluta anche per il celeberrimo La donna che visse due volte, ma non ci fu niente da fare: dopo il matrimonio, Grace aveva chiuso (di malavoglia) la sua carriera cinematografica. Sul set così la parte toccò a Kim Novak ma, nella vita reale, il cliché della donna che “uccide” se stessa per rinascere con una nuova identità rimarrà per sempre appiccicato alla dea di Filadelfia.

Sulla carta, non avrebbe dovuto aver niente a che fare né con Hollywood né con l'Europa: era figlia di John Brendan Kelly, un ex campione di canottaggio (vinse due ori olimpici ad Anversa nel 1920 e uno a Parigi nel 1924) divenuto milionario nel campo dell'edilizia. Un tipico self made man, ruvido di carattere e cattolicissimo, che desidera per la figlia un ottimo matrimonio e una vita senza sorprese, tra figli e privilegi. Grace però, per quanto legata alla famiglia, ha altri progetti e decide di studiare recitazione a New York.
A soli 18 anni, può già contare su una bellezza accecante e un'eleganza fuori del comune: ci sarà un motivo se una delle più celebri e preziose borse di Hermés si chiama Kelly... La ragazza ha una grinta che farebbe invidia a un generale prussiano, ed è perfettamente consapevole del suo ascendente sugli uomini. Farne buon uso senza rovinarsi l'immagine sofisticata è un'arte in cui è maestra, meritandosi la definizione (il copyright è di Hitchcock) di “vulcano ricoperto di neve”. Più schietto (e inelegante), ma sulla stessa lunghezza d'onda, il commento attribuito a Gary Cooper, partner dell'attrice in Mezzogiorno di fuoco: «Sembra un pesce lesso... finchè non le togli le mutande».

Approdata ventiduenne sul suo primo set importante (La 14ª ora), miss Kelly Inizia nel 1951 una carriera fulminante che, oltre ai titoli già citati, contempla La ragazza di campagna, che le vale un Oscar nel 1955, e Alta Società, che l'anno dopo segna il suo addio al set.

Quanto alla vita privata, l'elenco degli uomini a cui fa girare la testa sembra una pagina del “Who's Who”: tra i più noti ci sono lo Scià di Persia, il principe Ali Khan, lo stilista Oleg Cassini e i colleghi William Holden, Bing Crosby, Clark Gable, Ray Milland, Jean-Pierre Aumont. Senza dimenticare il futuro presidente John Fitzgerald Kennedy, al quale era legata da un'amicizia che, anche alla luce della fama di playboy di JFK, ha fatto molto parlare. Sia come sia, Grace è avanti anni luce rispetto alla mentalità degli Anni 50, e non solo in amore. Con gli uomini è poco propensa (giusto per usare un eufemismo) a farsi esibire come un trofeo o ingabbiare in relazioni stabili, e in generale se una cosa non le va è pronta ad alzare la voce. Uno degli episodi meno noti e più edificanti della sua giovinezza avviene nel 1951 allo Stork Club di New York, dove l'attrice, già abbastanza conosciuta, sta cenando con una comitiva di amici.

All'improvviso all'ingresso si accende una discussione: il direttore del locale rifiuta l'ingresso a Josephine Baker. Il problema? Il colore della sua pelle. La Kelly (che non conosce personalmente l'artista francese) interviene sdegnata, la prende a braccetto e abbandona il locale, giurando di non metterci mai più piede. Promessa che, tra l'altro, manterrà.

Questa è la prima Grace, grintosa e anticonformista. Quella che ritroviamo accanto al principe Ranieri è invece una donna che, strappata al suo Paese e alla sua professione, smaltisce ben presto l'euforia da matrimonio del secolo e si ritrova annoiatissima e depressa a officiare con molta diligenza e poco entusiasmo i riti che i suoi sudditi si aspettano da lei. Certo, all'inizio l'incontro con il futuro marito si presta a toni da fiaba alla Perrault: l'incontro fatale a Cannes, il colpo di fulmine, la diva che parte in nave verso la Costa Azzurra, dove l'attende un matrimonio da mille e una notte, celebrato il 19 aprile 1956.

In realtà le nozze sono una manna soprattutto per Ranieri che, innamorandosi di Grace, fa anche un affare, e non solo perché il suocero gli versa una dote di due milioni di dollari. Una cifra notevole anche oggi, ma addirittura strabiliante all'epoca. Il fatto è che, grazie a quella magnifica testimonial, il principe rilancia l'immagine appannata di Montecarlo e, alla nascita di Caroline (nove mesi e quattro giorni dopo il matrimonio...) risolve anche il problema della successione, con grande sollievo dei suoi sudditi. In mancanza di eredi, infatti, il Principato sarebbe stato annesso alla Francia, dove vige un regime fiscale un po' meno allegro di quello monegasco. Tutto perfetto, allora? Sì, ma non per Grace, che presto si sente mancare il fiato. Vorrebbe tornare al lavoro (è ancora Hitchcock a cercarla, per Marnie), ma il marito è irrremovibile: una principessa deve fare la principessa, non può dare scandalo recitando a Hollywood. Viene quasi da ridere, pensando alla valanga di divorzi, corna, figli illegittimi e altre amenità che il principe dovrà sopportare negli anni a venire a causa dei suoi eredi.

Ma i figli, anche a corte, quando crescono diventano ribelli. Grace, invece, china la testa: nel suo destino non c'è la notte degli Oscar, ma il ballo della Croce Rossa. Potrebbe divorziare, certo, ma in quel caso dovrebbe rinunciare ai suoi figli (nel frattempo sono nati anche Alberto e Stephanie): il blindatissimo contratto prematrimoniale parla chiaro. Così, passa lunghi periodi a Parigi, ufficialmente per tenere sotto controllo la sua esuberante primogenita. Sempre più madre, sempre meno moglie, segue il copione più grigio e prevedibile che le sia mai capitato. Fino a un maledetto giorno di settembre, quando il suo destino si compie in fondo a una scarpata. Con lei c'è Stephanie, che però se la cava con poco. I cronisti si scatenano: era la figlia, benché minorenne, a guidare l'auto? Oppure Grace ha perso il controllo perché stava litigando con la ragazza? O forse aveva bevuto? Aveva poca importanza allora, figuriamoci adesso. Anzi, facciamo così: non parliamone più, né dell'incidente né di Montecarlo. Tanto la vera Grace, quella che ci ha fatto sognare, è scomparsa molto tempo prima, con l'ultimo ciak.

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Alberto Rivaroli