Damiano Damiani, un regista che ci mancherà, ben oltre 'La Piovra'
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Damiano Damiani, un regista che ci mancherà, ben oltre 'La Piovra'

Il cineasta friulano è scomparso ieri a 90 anni. Molti lo ricordano per aver diretto la famosa serie tv sulla mafia, ma prima aveva fatto la storia del cinema italiano con film ricchi di talento e coraggio civile

Scusate, ma quando è troppo è troppo. Anche se comprensibile e commesso in buona fede, quello di liquidare Damiano Damiani come "il regista de La Piovra” è e resta comunque un peccato mortale. Fatte le debite proporzioni, sarebbe come dire che Paul Newman è quello che faceva il testimonial della Barilla. Un torto che il grande cineasta friulano, scomparso ieri a 90 anni, proprio non merita.

Certo, lo sceneggiato trasmesso da Raiuno nel 1984, con Michele Placido nei panni dell'intrepido commissario Cattani, rappresentò anche per Damiani un exploit irripetibile. La serie incollò davanti al teleschermo 15 milioni di telespettatori, iniziando una saga durata dieci stagioni (con altri nomi alla regia, però) ed entrando nella storia della televisione come archetipo di tutte le fiction sulla lotta alla mafia e ai poteri marci.

Nella carriera di Damiani, però, quel successo rappresenta solo un dettaglio, la conferma non richiesta di doti che avevano già lasciato il segno nella storia del cinema italiano da parecchi anni. La sua grande passione, infatti, non era il piccolo, ma il grande schermo. Dietro la macchina da presa sapeva liberare la sua competenza tecnica ma anche, anzi soprattutto la sua passione di cittadino, la voglia e il coraggio di denunciare la deriva pericolosa che l'allora giovane Republica Italiana stava intraprendendo attraverso rapporti non sempre limpidi tra istituzioni e criminalità.

Il suo film più celebre è probabilmente Il giorno della civetta (1968), tratto dal romanzo di Leonardo Sciascia e interpretato da un attore, Franco Nero, che diventerà il suo preferito. La storia di un uomo, in questo caso un capitano dei Carabinieri, che lotta vanamente contro omertà e connivenze per far trionfare la giustizia.

In anticipo su molti, Damiani intercetta la crescente indignazione dell'opinione pubblica, la sua sfiducia verso il potere e la voglia di pulizia. Un'intuizione che, unita all'indubbia capacità di girare film spettacolari e avvincenti, gli permette di diventare uno dei più noti e apprezzati specialisti del genere “di denuncia”. I suoi sono film severi verso il potere, che vedono protagonisti alcuni degli attori più amati e rispettati dal pubblico, come il già citato Franco Nero (Confessioni di un commissario di polizia al procuratore della Repubblica, L'istruttoria è chiusa: dimentichi, Perché si uccide un magistrato), ma anche Gian Maria Volonté (Io ho paura) e Giuliano Gemma (Un uomo in ginocchio, L'avvertimento).

Arriviamo così agli Anni 80. Purtroppo i temi cari a Damiani non sono passati di moda: quando iniziano le riprese de La piovra, non è passato neppure un anno dall'omicidio del generale Dalla Chiesa, trucidato dalla mafia. La televisione scopre così un nuovo eroe, in pratica una versione moderna del capitano interpretato da Franco Nero nel giorno della civetta: è il commissario Corrado Cattani (Michele Placido), pronto a immolarsi nella sua guerra contro Cosa Nostra e chi ha interesse a proteggerla.

Qui il linguaggio è decisamente più pop, i temi semplificati a favore dell'aspetto più spettacolare, ma la grinta dell'autore è ugualmente riconoscibile. Il grande successo della fiction rappresenta anche l'ultimo grande progetto firmato da Damiani, che prima dirada e poi cancella le sue apparizioni sul set.

Ecco perché, a chi ha meno di cinquant'anni, il suo nome non dice quasi nulla. Discorso completamente diverso per chi (come me) ha visto i suoi film da adolescente e, oltre a divertirsi, ha cominciato a intuire che, per cambiare le cose, nella vita non basta lamentarsi: bisogna cercare di fare qualcosa.

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Alberto Rivaroli