Javier Bardem
Sean Gallup/Getty Images

Cannes 2018, ecco perché ce ne ricorderemo

Penelope Cruz e Javier Bardem. Terry Gilliam (in bocca al lupo!) con il suo "The Man Who Killed Don Quixote", che vale da solo tutta l'attenzione che potremmo dedicare a questa edizione. E poi Spike Lee, Matteo Garrone, Alice Rohrwacher, Lars Von Trier e la presidente della giuria, Cate Blanchett. Insomma: occhi aperti

Niente foto, per carità, per non parlare dei selfie, banditi dal tappeto rosso della 71° edizione del Festival di Cannes, appena inaugurato all’insegna dei divieti dalla coppia glamour Penelope Cruz e Javier Bardem.

Finalmente saranno i film e le star, in realtà non tante, a parlare, dopo mesi di polemiche: fra Cannes e Netflix, che non si vedrà da queste parti, poi fra Cannes e i giornalisti, privati delle proiezioni anticipate per non far indispettire registi e attori in caso di accoglienza a suon di fischi.

Il movimento #MeToo, nato in seguito agli scandali sessuali che hanno visto protagonista il potente produttore Harvey Weinstein e molti altri, ha scosso talmente tanto il mondo del cinema che una rivoluzione al femminile è iniziata. “Per essere duratura ed efficace ci vorrà del tempo”, ha detto la presidente di giuria Cate Blanchett; anche Cannes ne ha preso atto. Quindi più donne che uomini a giudicare i film, anche se le registe in concorso rimangono solo tre su ventuno.

È stata addirittura organizzata una hotline anti molestia, un numero da chiamare per tutti, uomini o donne, visto che in passato proprio sulla Croisette Weinstein organizzava molti dei suoi tranelli, che spesso sfociavano in molestie sessuali o peggio.

Il cinema americano è quasi assente, sempre più convinto che per farsi strada in vista degli oscar sia più saggio aspettare dopo l’estate Toronto e la nostra Venezia, ormai i festival preferiti per puntare alla statuetta. La controprova? La La Land, La forma dell’acqua, ma anche prima Spotlight, Birdman e Gravity, hanno iniziato il loro percorso glorioso in riva alla laguna del Lido di Venezia.

Rimarrà la curiosità di vedere un nuovo film di Star Wars, Solo, con il mitico personaggio incarnato in passato da Harrison Ford giovane diciottenne che incontra il mitico (e peloso) Chewbecca. Dopo molti anni in sordina, si rivedrà anche Spike Lee con "BlacKkKlansman", la storia di un detective afro americano che si infiltra in una sede del Ku Klux Klan, fino a diventarne il leader.
Dagli USA anche il thriller "Under the Silver Lake "di David Cameron Mitchell, con Andrew Garfield e Riley Keough, giovane nipote di Elvis Presley in grande ascesa.
Due sono gli italiani in corsa per la Palma d’oro, entrambi vincitori in passato del Grand Prix e per i bookmaker fra i favoriti: Matteo Garrone con "Dogman" e Alice Rohrwacher con "Lazzaro felice". Presente anche Valeria Golino nella sezione Un Certain Regard con "Euforia".

Scorrendo il programma vi segnaliamo quattro titoli che promettono bene, che giustificano da soli un salto fino in Costa Azzurra.

Partiamo dal ritorno fuori concorso di quel folle geniaccio di Lars Von Trier, con un thriller che promette molta violenza esplicita, "The House That Jack Built", protagonisti Matt Dillon e Uma Thurman.
L’ultima volta a Cannes è stato cacciato senza troppe smancerie per alcune dichiarazioni più goffe che naziste su come Hitler non avesse sbagliato proprio tutto. Persona non grata per sette anni, ora secondo alcuni se la tirerà e non sarà presente.

C’è poi un altro film tanto atteso, soprattutto per l’aura da progetto maledetto che si porta dietro: "The Man Who Killed Don Quixote" di Terry Gilliam. La produzione partì vent’anni fa, fu interrotta più volte per un tornado e una crisi finanziaria. Ora finalmente il film è pronto. Tutto risolto per il meglio, quindi? Purtroppo no, visto che il produttore del film, Paulo Branco, ha coinvolto la magistratura perché non vuole che venga proiettato in chiusura di festival, come previsto. In più Gilliam ha avuto nei giorni scorsi un leggero ictus. Il direttore di Cannes, però, si dice sicuro sia della presentazione del film che della presenza del regista.

In concorso anche il polacco Pawel Pawlikowski, vincitore dell’oscar per lo splendido Ida, con "Cold War", che promette un’emozionante storia d’amore fra la Polonia staliniana e la Parigi bohème, sullo sfondo della guerra fredda.
Infine un titolo italiano, "Troppa grazia" di Gianni Zanasi, che verrà presentato nella sezione collaterale Quinzaine des réalisateurs. La folle storia di una donna single, Alba Rohrwacher, alle prese con una vita complicata, una figlia adolescente e un amore complicato. Si promettono miracoli, in senso letterale.

Intanto il primo red carpet è stato nobilitato dalla presenza di Penelope Cruz e Javier Bardem, protagonisti di "Everybody Knows" dell’iraniano Asghar Farhadi. Una storia girata in Spagna e in spagnolo in cui un rapimento scombussola la vita di una famiglia allargata, proprio mentre si celebra un matrimonio. Parenti serpenti, rancori e gelosie mai sopite, popolano un film lungo e a tratti estenuante, in cui la parte thriller non coinvolge più di tanto e quella drammatica è fin troppo programmatica. Bardem convince più della Cruz, in un film minore del regista premio Oscar per "Una separazione" e "Il cliente".

Un Festival già sull’orlo di una crisi di nervi, e siamo solo all’inizio.

I più letti

avatar-icon

Mauro Donzelli