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Cane mangia cane, il film. Con un occhio a Tarantino - La recensione

Paul Schrader dirige Nicolas Cage e Willem Dafoe dal best-seller di Edward Bunker: fra thriller e gangster movie con tre ex galeotti feroci e maldestri

I dieci minuti d’avvio di Cane mangia cane valgono mezzo film. Filtrati di rosa e bleu, trafitti dalla criminosità omicida e psicopatica di Mad Dog che ha il volto ossuto di Willem Dafoe, scheggia impazzita nella banda di tre ex galeotti in cerca del colpo della vita. Mad è folle e incontrollabile; gli altri due, il capobanda Troy (Nicolas Cage) e il voluminoso Diesel (Christopher Matthew Cook) sembrano meno dissennati ma sparano e ammazzano con uguale disinvoltura e crudeltà.

Il rapimento di un neonato è un pasticcio senza fine

Però sono anche maldestri. E quando gli chiedono di rapire un neonato per un riscatto molto invitante finiscono per ucciderne il padre: proprio lui che quel riscatto deve pagare. Insomma fatta la frittata che aizza una reazione a catena. Perché al pasticcio ne seguono altri e Cane mangia cane(in uscita il 13 luglio, durata 1h 33’) che il solenne Paul Schrader desume dal best-seller di Edward Bunker (Einaudi in Italia) rispetta sanguinosamente l’enunciato del titolo e le sostanze del romanzo, incluso il non clandestino feeling con Quentin Tarantino dal quale derivano stile, ritmi, echi musicali, tipologie di dialoghi: fino alla citazione esplicita (Pulp Fiction) in una grumosa, ironica, grintosa espressione di cinema ispido e autoreferenziale.

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Violenza tra realismo, iperrealismo ed espressionismo

Il film è violento, resta a metà strada fra thriller e gangster movie, intreccia ironia e crudeltà in misura consapevole  e senza farsi troppi problemi con gli spari a bruciapelo, i passaggi di cosmico soprassalto dinamico, le derive verbose, il sangue zampillante e le efferatezze più plateali.

D’altra parte il settantunenne e icona della nuova Hollywood Schrader, che qua evidentemente si lascia andare ai giochi più rotolanti, arditi e catartici, non guarda solo alle immediatezze cinèfile del tarantinismo ma continua a rivolgersi, da lontano, all’oracolo del suo maître à penser Carl Theodor Dreyer, alle manipolazioni dell’animo umano, alle meditazioni sulla paura e sulla morte, alla sospensione magica tra realismo, iperrealismo ed espressionismo.

Le suggestioni della recitazione e delle musiche

Tutto ciò, insomma,  che si ritrova in questo film, non lontano dai suoi migliori da regista tra i quali piace ricordare Hardcore, American Gigoló, Mishima, Cortesie per gli ospiti; per non parlare delle sue sceneggiature Yakuza, Taxi Driver e Toro scatenato su tutte. Con un contributo d’attori determinante perché Dafoe e Cage ottengono esiti espressivi imponenti con una recitazione aguzza, umorale e dinamica, che privilegia l’azione e l’introspezione mai facendo accademia, sorretti dalla fotografia potente e cromaticamente estenuata di Alexander Dynan.

Occhio alla traccia musicale di chiusura: Rio De Diablo del duo We Are Dark Angels. È bellissima. In coda ad una colonna sonora ricca di spunti suggestivi dal country di Casey Berry (Cocaine Jane), al trash metal degli Executioners (The Guillotine), l’hip hop di Egyptian Lover (Egypt Egypt), la sorpresa della revival band Members Only (Last Call) e molto altro.

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Minerva Pictures distribuzione, Ufficio stampa Ornato Comunicazione, Ufficio stampa web Made in Com
Willem Dafoe è Mad Dog, scheggia impazzita nella banda dei tre ex galeotti protagonisti del film

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Claudio Trionfera

Giornalista, critico cinematografico, operatore culturale, autore di libri e saggi sul cinema, è stato responsabile di comunicazione per Medusa Film e per la Mostra del cinema di Venezia

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