Al Pacino, il "rocker" per nulla depresso che infiamma Venezia
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Al Pacino, il "rocker" per nulla depresso che infiamma Venezia

Il divo è in al Lido con due film, The Humbling e Manglehorn. Un'ovazione per lui, che a 74 anni irradia fascino e carisma. E promette: "L'aereo della mia carriera non sta ancora atterrando"

Può camminare storto come il tronco di un ulivo a causa del mal di schiena e dimenticare le battute e farfugliare parole strane come in The Humbling. Può essere scostante e un po' goffo, rovesciando al primo appuntamento la pianta di una sua spasimante come in Manglehorn. Eppure Al Pacino è sempre così dannatamente affascinante. Ed è bravissimo come protagonista assoluto e faro dei due film presentati alla Mostra del cinema di Venezia.  

Il primo, The Humbling di Barry Levinson, è Fuori concorso; l'altro, Manglehorn di David Gordon Green, è in corsa per il Leone d'oro. Green è ormai un habitué del Lido visto che l'anno scorso aveva portato, sempre in concorso, un buonissimo Joe con Nicolas Cage. 

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Settantaquattro anni compiuti il 25 aprile scorso, Al Pacino è arrivato in Laguna in stile rocker in total black: t-shirt nera con gilet nero, occhiali a specchio, braccialetti al polso immancabilmente neri e grosso anello all'anulare. Sorridente e abbronzato, irradia carisma. Non dissimula modestia ma risponde ai tanti applausi e ai complimenti con affabilità e cortesia di chi è abituato alle lodi ma sa che sono sempre da conquistare e da renderne grazie. Non a caso davanti ai giornalisti recita una frase alla Tennessee Williams: "Dipendiamo dalla generosità degli estranei". 

In The Humbling (L'umiliazione) il magnifico Al è Simon Axler, un attore prossimo ai settanta che ha una crisi professionale: non ricorda più le parti, confonde le battute dei diversi spettacoli, tanto da essere colto dal panico in teatro e da buttarsi giù dal palcoscenico in maniera scioccante, faccia in avanti. Il suo talento era sempre stato la sola cosa certa e permanente della sua vita; di fronte alla perdita della sua abilità Simon cade in depressione. Dopo il trauma, nel periodo di recupero, entrano in scena personaggi strani, tra cui la giovane Pegeen (Greta Gerwig), lesbica che ha sempre mitizzato Simon. 

Ricco di inattese anse e screziato da stoccate comiche davvero esilaranti, il film di Levinson si ispira all'omonimo romanzo di Philip Roth. La sceneggiatura è profonda e vibrante, ma di certo i lunghi 112 minuti di visione sarebbero meno coinvolgenti se Al Pacino non avesse svettato in tutta la sua sensibilità scenica. 

Simon Axler, però, non ha niente a che vedere con Al. "Devo dire che non ho dei rimpianti. Penso che nella mia vita ho avuto certo dei problemi, ma sento che l'aereo della mia carriera non sta ancora atterrando", ha detto l'ex quali Michael Corleone de Il padrino. "Fortunatamente non posso dire di essere depresso, o almeno non ne sono consapevole. Certo la vita è quella che è. E ci sono cose che mi rendono triste, ma la depressione è un termine così sinistro, non mi piace usarlo. Comunque non lo so davvero, ci devo riflettere su se lo sono o meno. Ho tre figli, loro sono stati una fonte di illuminazione per me; tutto questo ha contribuito al fantastico viaggio che ho percorso fino ad ora".

Manglehorn è invece un'opera meno intellettuale che però parla di più ai sentimenti. Racconta l'esistenza di Angelo Manglehorn, un uomo normale, similmente solo a Simon Axler e ormai ultrasessantenne e arroccato nelle sue manie. È un fabbro, riesce ad aprire serrature senza chiave, ma è chiuso alla vita anche se a intermittenza prova ad avere connessioni con gli altri. Il rapporto con suo figlio (Chris Messina) è di carta vetrata. Scontroso, Manglehorn ha un passato di rimpianti ma anche di misteriose magie. Qualcuno lo definisce "l'uomo dei miracoli", ma il Green è avaro e non ci illustra granché questo suo lato enigmatico. Alla fine, come era capitato a Jack Nicholson in Qualcosa è cambiato, è l'incontro con una donna della sua routine a portarlo a un mutamento... 

"Penso che Al Pacino sia il Marlon Brando dei nostri tempi", dice Messina, suo figlio nella finzione. "Quando Green, che rispetto molto, mi ha chiamato, ero subito pronto a dir di sì. Quando mi ha detto che c'era Al Pacino nel cast ho pensato fosse uno scherzo. È un dono poter lavorare con lui, una lezione. È un attore straordinario che ogni giorno va sempre più a fondo nello script, non si arrende mai, non finisce mai di porsi domande. Ed è un uomo generoso". 

Alla proiezione per la stampa applausi non troppo calorosi hanno accolto Manglehorn. All'applausometro e anche come originalità ha vinto The Humbling.
E Al Pacino? Lui vince sempre. 

 

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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