Monuments Men, il film di George Clooney: 5 cose da sapere
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Monuments Men, il film di George Clooney: 5 cose da sapere

Sullo stile delle vecchie pellicole di guerra tipo La grande fuga, il racconto di come un manipolo di esperti d'arte salvò alcuni capolavori europei dai trafugamenti nazisti

George Clooney è l'alfiere di un manipolo di super attori baldanzosamente arruolati per Monuments Men, suo quinto film da regista, di cui è anche interprete, sceneggiatore (insieme a Grant Heslov) e produttore. Dal 13 febbraio nelle sale italiane, distribuito da 20th Century Fox, riunisce un cast strabiliante: Matt Damon, Cate Blanchett, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Hugh Bonneville, Bob Balaban, Dimitri Leonidas... È questo lo scanzonato plotone che porta sul grande schermo una storia vera, adornata di tanta spensieratezza hollywoodiana. La storia vera è quella degli esperti d'arte americani riunitisi e salpati in Europa per salvare i capolavori artistici occidentali dalla distruzione e dai trafugamenti della seconda guerra mondiale. 

Nobili ideali che i Monuments Men della finzione cinematografica sembravano aver dimenticato nei giorni scorsi quando, a Milano per presentare il lungometraggio, si sono adunati davanti al Cenacolo di Leonardo da Vinci per una foto ricordo (le foto sono vietate ai turisti, proprio in virtù della conservazione dell'opera). Ma tranquilli, nessuna sprovvedutezza (pare): lo scatto di gruppo aveva l'autorizzazione del soprintendente per i Beni Architettonici ed è stato realizzato con tutte le garanzie del caso. 

Ecco 5 cose da sapere sul film.

1) Tratto al libro di Robert M. Edsel e Bret Witter

Heslov, che già ha collaborato con Clooney a varie produzioni e alla sceneggiatura di Good Night, and Good Luck. (2005) e Le idi di marzo (2011), ha letto Monuments Men di Robert M. Edsel e Bret Witter e lo ha segnalato a George, che subito è stato attratto dall'idea di raccontare la seconda Guerra mondiale sotto una nuova prospettiva.
"Mi trovavo a Firenze" ricorda l'autore del libro Edsel. "Un giorno stavo attraversando Ponte Vecchio, l'unico ponte che i nazisti avessero risparmiato durante la loro fuga nel 1944, quando ho ripensato a quello che è stato il peggiore conflitto della storia e mi sono domandato come fossero riusciti a sopravvivere tanti tesori artistici e chi li avesse salvati. Ho voluto trovare una risposta a queste domande". La sua risposta aveva il nome di Monuments, Fine Arts and Archives Group (MFAA), la sezione Monumenti, belle arti e archivi dell'esercito anglo-americano, i cui membri raggiunsero il fronte per cercare di salvare tutto ciò che poteva essere salvato.
"Ancora oggi ci sono persone che stanno cercando di recuperare le opere d'arte che furono confiscate alle loro famiglie dai nazisti", afferma Heslov. Proprio recentemente in un appartamento di Monaco è stato scoperto un tesoro di oggetti d'arte rubati: 1.500 opere del valore di 1,5 miliardi di dollari, comprendenti dipinti di Matisse, Picasso e Dix che si pensavano perduti. "È evidente che questa storia non si è conclusa nel 1945: la ricerca delle opere d'arte scomparse continua tuttora".

2) Una narrazione che si ispira ai film anni '60 sulla seconda guerra mondiale 

Clooney ed Heslov per il loro Monuments Men hanno pensato a vecchi film di guerra angloamericani tipo La grande fuga (1963), Quella sporca dozzina (1967), I cannoni di Navarone (1961), Il ponte sul fiume Kwai (1957). Hanno immaginato un grande cast di attori contemporanei per la loro versione di quel genere di film, che non fosse però un film di guerra, quanto piuttosto "un film sul più grande furto della storia", dice Clooney. Abbandonato il cinismo dei suoi ultimi lavori, "avevamo voglia di girare un film che fosse più diretto, vecchio stile e con una prospettiva positiva".
Ecco così che le musiche allegre di Alexandre Desplat accompagnano un racconto screziato di frequente umorismo, in un equilibrio però talvolta precario e stridente tra ironia divertita e inevitabile drammaticità del periodo storico narrato. 
Clooney, nei panni di Frank Stokes, guida un gruppo di sette quasi soldati, non più giovani e poco in forma, composto da direttori di museo, curatori, artisti, architetti e storici dell’arte che, durante la seconda guerra mondiale, raggiunse le linee del fronte per recuperare i capolavori artistici rubati dai tedeschi e restituirli ai legittimi proprietari.
Nella squadra dei sette improbabili eroi si distingue l'esilarante coppia composta da Bob Balaban e Bill Murray: i due insieme sono uno spasso. E Murray, anche dal vivo, è il più simpatico della compagnia. A Milano, a chi gli ha chiesto la differenza tra lavorare con Clooney e Wes Anderson, con cui tante volte ha collaborato, dopo essersi dilungato su come sia salutista George e quanto mangi Wes ("come se non ci fosse un domani") ha più o meno risposto così: "Anderson fa film d'arte, Clooney ha fatto un film sull'arte". 

3) La cultura distrutta dai nazisti, ma anche dagli Alleati

Sebbene avessero il sostegno del presidente Roosevelt e del generale Eisenhower, i Monuments Men dovettero affrontare non poche difficoltà per ricavarsi un proprio spazio sul campo. "Eisenhower fu molto chiaro su questo fatto: voleva essere certo che rimanesse qualcosa quando la guerra fosse terminata ed era certo che la guerra sarebbe finita molto presto", racconta Clooney. "Roosevelt prese la decisione dopo che un bombardamento delle forze alleate aveva distrutto un'antica abbazia che non aveva nessuna ragione di essere abbattuta. Era quindi importante proteggere l'arte non solo dai nazisti, ma anche dagli attacchi degli Alleati mentre si facevano strada verso la conclusione della guerra. Gli Alleati sparavano e facevano esplodere tutto, quindi ci si rese conto che la cultura poteva essere distrutta non solo dai nazisti, ma anche da noi". L'abbazia a cui Clooney fa il triste riferimento è quella di Montecassino. "Nel mese di agosto 1943 gli Alleati furono sul punto di distruggere inavvertitamente l'Ultima cena", aggiunge Edsel. "Credo che fu quello il campanello d'allarme che accelerò il trasferimento sul campo degli esperti d’arte". 
Adolf Hitler era un aspirante artista, respinto due volte dalla prestigiosa Accademia di belle arti di Vienna. Il suo sogno era trasformare Linz, centro austriaco a pochi chilometri dal luogo che gli diede i natali, in una città modello, il cui cuore sarebbe stato il Führermuseum, che avrebbe ospitato ed esposto il meglio del patrimonio artistico mondiale. Il principale procacciatore di opere d'arte fu il suo secondo in comando, il Reichsmarschall Hermann Göring, che peraltro tenne per sé un gran numero di oggetti confiscati. 
I Monuments Men erano anche impegnati in una corsa contro il tempo. Mentre gli Alleati convergevano su Berlino, Hitler era poco propenso ad accettare una resa incondizionata: se non avesse potuto avere la Germania, nessun altro l’avrebbe avuta. "Con quello che fu chiamato 'Ordine Nerone'", spiega Clooney, "Hitler ordinò la distruzione di tutto: ponti, ferrovie, apparecchi di comunicazione – e anche le opere d’arte. Tutto".

4) I personaggi fittizi e i veri Monuments Men

Pur essendosi ispirati alla storia vera dei Monuments Men, Clooney ed Heslov ai fini della narrazione si sono presi alcune libertà nel delineare i personaggi: alcuni somigliano ai veri protagonisti della storia, altri sono inventati e resi quanto più imperfetti, in modo che il pubblico possa provare empatia per loro.
Il personaggio di George Clooney s'ispira allo storico dell'arte George Stout, che era a capo del reparto conservazione del museo Fogg, il museo d'arte più vecchio di Harvard, e in seguito fu nominato direttore del Worcester Art Museum e dell'Isabella Stewart Gardner Museum di Boston. Raggiunse la linea del fronte durante la guerra per contribuire al salvataggio dei tesori artistici a Caen, Maastricht e Aachen, oltre che al recupero di tutti i beni e opere d'arte che i nazisti avevano immagazzinato a Siegen, Heilbronn, Colonia, Merkers e Altaussee. "George Stout, che sarebbe diventato il leader non ufficiale dei Monuments Men, aveva rinunciato dopo un tentativo iniziale, pensando che nessuno avrebbe mai accettato l'idea di un gruppo di storici dell’arte, architetti e artisti di mezza età sguinzagliati in giro per l’Europa al fianco dei soldati sul campo di battaglia", dice Edsel. Invece Roosevelt approvò. 
James Granger, il personaggio interpretato da Matt Damon - alla sesta collaborazione con Clooney -, s'ispira a James Rorimer, che divenne direttore del Metropolitan Museum of Art di New York.
Claire Simone, il personaggio di Cate Blanchett, si rifà a Rose Valland, una storica dell'arte, membro della resistenza francese e, al tempo dell'occupazione nazista, responsabile del museo Jeu de Paume di Parigi. I tedeschi usarono il museo come deposito per le collezioni d'arte e gli oggetti confiscati agli ebrei e per l'ordinamento di un volume di circa 20mila opere d'arte. 
La relazione tra Granger e Claire Simone ha preso spunto dal rapporto di Rorimer con Valland, anche se i risvolti romantici tra i due sono pura fantasia. 
Il personaggio di Bill Murray s'ispira ad alcuni dei Monuments Men, tra cui l'architetto Robert Posey. Mentre prestava servizio nella 3a Armata del Generale Patton durante la guerra, Posey scoprì la miniera di sale di Altaussee, dove i nazisti avevano nascosto il polittico dell'Agnello Mistico, la Madonna di Bruges di Michelangelo, l'Astronomo di Vermeer e migliaia di altre pezzi. 
Il Preston Savitz di Bob Balaban s'ispira al Monuments Man Lincoln Kirstein, un impresario americano, esperto d'arte, scrittore e personalità culturale di spicco a New York, dove ha cofondato il New York City Ballet. Nel film il Kirstein di Balaban affianca il Richard Campbell di Murray e il loro rapporto rispecchia quello tra Kirstein e il capitano Robert Posey, entrambi assegnati alla 3a Armata del Generale Patton durante la ricerca del polittico dell'Agnello Mistico. 
Walter Garfield, il personaggio di Goodman, richiama il Monuments Man Walker Hancock, uno scultore originario di St. Louis, così come Goodman.
L'ultimo Monuments Man nel film è Sam Epstein, interpretato da Dimitri Leonidas, ispirato a Harry Ettlinger, oggi canuto vecchino al seguito del cast nella presentazione del film in Italia. Non ancora diciannovenne, era l'unico soldato vero del gruppo, ingaggiato per la sua capacità di guidare e parlare tedesco: era nato in Germania ma, in quanto di fede ebraica, nel 1938 era fuggito in America. Leonidas è l'unico del cast che ha avuto modo di relazionarsi durante e dopo le riprese con il vero Momuments Man che interpretava. 
Assolutamente inventato, visto che non c'erano francesi tra i salvatori d'arte made in Usa, è Jean-Claude Clermont, il personaggio di Dujardin, il francese premio Oscar di The Artist, al suo secondo film americano dopo The Wolf of Wall Street di Scorsese.
"Le cose più buffe del film per assurdo sono vere", spiega però Clooney. "Ad esempio è vero che una pala d'altare fu usata come tavolo".

5) La vita umana vale un'opera d'arte?

La Madonna con bambino di Bruges di Michelangelo può valere una vita umana? La salvezza di un'opera d'arte può valere il sacrificio di uno o più individui? Questa è la domanda alla base del film. E il film è allo stesso tempo è la risposta, affermativa. 
La testimonianza di Damon: "Avendo visto il Cenacolo dal vivo - e le scene iniziali del film mostrano come gli italiani durante la guerra vi avessero apposto sacchetti pieni di sabbia per proteggerlo - mi sono reso conto di quanto sia valso il loro operato". 

 

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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