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Lifestyle

Questa casa è un ristorante

Una tendenza in crescita è sedersi a tavola in dimore storiche, lussuose, con viste panoramiche. Basta scegliere tra le varie proposte online

Per quanto attento e raffinato potrà essere il servizio, sembrerà sempre distante e impersonale. Per quanto splendida e opulenta sarà la sala, trasmetterà comunque una sensazione di studiata artificialità. Un ristorante non avrà mai il calore, la somma di cure e dettagli autentici di una casa. Lo provano un aperitivo o una cena al domicilio altrui, che da oggi non richiedono come prerequisito un vincolo d’amicizia o parentela con i proprietari.

Non si tratta d’imbucarsi in modo coatto in un’abitazione qualsiasi sperando di confondersi tra i commensali, ma di rivolgersi a una delle tante piattaforme online che consentono di prenotare un’esperienza gastronomica in una dimora. Meglio ancora se storica, lussuosa, nel pieno centro di una città. Ce n’è per tutti gli appetiti di voyeurismo: si può sbirciare com’è abitare in una bizzarra specie di museo con contorno di tinello e camera da letto, spizzicando leccornie a stretto contatto con statue e dipinti. O, per il tempo di un pasto, scoprire l’effetto che fa risiedere dentro un palazzetto d’epoca, ultramoderno, con affaccio da urlo. Fino a immergersi, da intrusi paganti e perciò benvenuti, nel focolare domestico di un estraneo. Già, proprio come Airbnb, solo che il padrone di casa non si leva di torno, anzi si mette ai fornelli, serve a tavola e si accomoda persino a chiacchierare con voi.

La formula è dunque semplice: si sceglie tra un ventaglio di opzioni, accodandosi a una delle proposte pubblicate sul web (alcuni esempi li trovate in queste pagine), oppure, in uno slancio di romanticheria, si chiede l’uso esclusivo della casa, opzione che fa naturalmente lievitare i costi. Si arriva a mille euro per coppia se c’è uno chef che prepara un menu personalizzato, ma in media ce la si cava con molto meno, dai 30 euro a testa per i pasti condivisi tra sconosciuti, che permettono di costruire nuove amicizie. O, chissà, vedere nascere qualcosa di più.

Da Roma a Venezia, dove mangiare a casa altrui

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ROMA - Due migliori amiche, Giovanna e Cristina, servono in un elegante appartamento in centro una degustazione di quattro portate a base di prodotti locali. It.eatwith.com

Che il tavolo sia il social network primigenio è in effetti il pilastro alla base di Eatwith, il leader internazionale del filone. È presente in 965 destinazioni di 130 nazioni, la nostra inclusa, con 15 mila offerte complessive tra cui scegliere su scala globale. Mentre italiano è il network Cesarine, con 700 cuochi amatoriali sparsi in 120 città del Bel Paese. Lo spirito è il medesimo: «Gli ospiti sono trattati come amici, vengono accolti, gli si chiedono nome e provenienza. Spesso tolgono le scarpe e si mettono completamente a loro agio». A parlare è Paola, Cesarina di Bologna, che non attribuisce troppo peso alla ricchezza della dimora, quanto alla qualità dell’atmosfera: «La convivialità è l’ingrediente principale. La bellezza della casa incide moltissimo, ma non è sufficiente. Ci sono abitazioni bellissime, però fredde, senza personalità. Ciò che affascina gli ospiti è una casa accogliente».

La tendenza, peraltro, ha un nome piuttosto indovinato: si chiama social eating. Saziarsi socializzando. Ed è in espansione. Nel primo semestre del 2019, Cesarine ha fatto registrare una crescita di clienti del 76 per cento rispetto a dodici mesi prima, mentre tramite il suo «Osservatorio Home Food» ha potuto certificare quanto la moda incanti gli stranieri in visita in Italia: dei 12 miliardi spesi in un anno dai turisti tra cibo ed esperienze enogastronomiche, circa 3 miliardi vanno a «occasioni di consumo al di là della ristorazione tradizionale». Come per l’appunto il social eating.

Altra prova del boom è il fiorire dei siti a cui rivolgersi, ognuno con un suo focus. Antesignano e nome di riferimento del fenomeno in Italia è Home Restaurant Hotel, creato dal giovane imprenditore di Reggio Calabria Gaetano Campolo. La sua idea è stata dare vita a una piattaforma web che permetta a chiunque di trasformare la sua casa in un ristorante casalingo, accompagnando gli iscritti in tutte le fasi, affinché agiscano nel pieno della legalità. «Il nostro primo obiettivo» spiega Campolo «è valorizzare il turismo in Italia prendendo come punto di partenza la cucina più famosa al mondo, quella italiana tradizionale, attraverso il settore home restaurant. Il punto chiave della nostra visione è riuscire a sviluppare un’economia circolare positiva attraverso un’unica iniziativa alla portata di tutti».

Campolo-homerestaurantGaetano Campolo, creatore di Home Restaurant Hotel

C'è poi Homeating, che fa della selezione ossessiva delle dimore il punto di forza. Il portafoglio è in continua evoluzione, l’elemento comune è il lusso, la ricercatezza degli indirizzi: «Abbiamo avuto l’intuizione di rendere accessibili residenze private di famiglie nobili, aristocratiche, di collezionisti o architetti» racconta Carolina Pignata, fondatrice di Homeating con la socia Marcella Buccino. «Possiamo organizzare ogni cosa su misura» dice Pignata: «Accontentiamo chi cerca un palazzo con gli interni affrescati o chi vuole cenare tra pezzi d’arte contemporanea o strumenti musicali antichi». I proprietari tengono molto alla loro privacy (e all’incolumità dei loro tesori) e hanno bisogno di essere rassicurati. Poi, sono i primi a rimanere entusiasti: «Partecipano alle cene, spiegano agli ospiti come hanno organizzato gli spazi. Le serate si prolungano, nessuno vuole più andare via».

Freschissimo è invece il debutto del progetto «A Casa…Veronelli», iniziato a Courmayeur nel periodo natalizio e pronto alla replica con altre tappe nel corso del 2020. L’idea è realizzare un ibrido, combinare la tradizione del migliore cibo domestico con un’accoglienza di alto livello, degna di un club esclusivo. Solleticando, per l’ennesima volta, quel desiderio che è alla base di tutto: non andare in posti visti e rivisti. Ecco, sedersi alla tavola di un estraneo significa distinguersi. Almeno finché l’eccezione non sarà diventata abitudine, finché non ci senteremo chiedere, senza un filo di stupore, se consigliamo o meno la casa del perfetto sconosciuto dove abbiamo cenato l’altra sera.

E in pausa pranzo…

Le possibilità di un’esperienza da vivere a casa altrui non si esauriscono qui. Esistono altri siti sulla stessa scia, che si rivolgono a nicchie e pubblici specifici. Come SoLunch, sempre social eating, però della pausa pranzo. Anziché costringersi a lunghe file in bar o pizzerie per sgranocchiare nel caos uno spuntino, si prenota un tranquillo posto a tavola da uno chef che mette a disposizione domicilio e menu. La peculiarità è il prezzo parecchio basso: dai cinque ai dieci euro, per esempio, per un primo con verdura, più acqua e caffè. Requisito richiesto: la puntualità. O si trova la pasta scotta.

Comehome, invece, oltre ai buongustai è dedicato ai festaioli o a chi cerca d’infrangere la routine e allargare le sue conoscenze: ci s’iscrive online e si ottiene l’indirizzo di un’abitazione dove si svolge un party a tema (si va da Star Wars agli Anni Trenta) o sono in programma partite a carte o a giochi di società come Risiko!. Senza temere imbarazzi o di essere fuori contesto, perché le proposte sono divise per fasce d’età.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell’attualità. Oltre che su Panorama e Panorama.it scrivo su Icon e Flair. Negli ultimi anni ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Moda 24 e Casa 24 del Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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