Maldini attacca Rangnick e (di fatto) dice «addio» al Milan ora senza bandiere e difese
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Calcio

Maldini attacca Rangnick e (di fatto) dice «addio» al Milan ora senza bandiere e difese

«Impari il rispetto prima dell'italiano» ha detto l'attuale dirigente del Milan il cui futuro è segnato

La gestione del passaggio del Milan dal duo Boban-Maldini al tedesco Rangnick sta squassando il club rossonero molto più di quanto fosse prevedibile. Prima Boban, poi licenziato per giusta causa, e adesso Paolo Maldini che, attaccando il manager in procinto di sbarcare a Milanello, ha di fatto messo sul banco degli imputati anche la società per la quale (ancora per poco) lavora. Colpevole di non essere stata capace di imporre uno stile comunicativo a Rangnick, di aver avallato confusamente le voci senza una linea univoca da seguire e, in ultima analisi, di aver delegittimato chi ancora lotta per chiudere dignitosamente la stagione e deve pensare a quello oltre che al futuro.

Maldini è stato durissimo riferendosi alle ultime uscite del prossimo allenatore (le smentite ormai valgono solo come facciata): "Non avendo mai parlato con Rangnick non capisco su quali basi vertano le sue dichiarazioni - ha detto Maldini -, anche perché dalla proprietà non mi è mai stato detto nulla". Dunque una "invasione di campo", fatto gravissimo effettuato parlando della necessità di "pieni poteri gestionali" laddove, ricorda l'attuale responsabile del settore tecnico del Milan, "lavorano dei professionisti con regolare contratto". E poi la chiusura al veleno che conferma l'impossibile feeling anche a livello umano, se mai Gazidis avesse davvero in testa di provare a far convivere il duo: "Avrei un consiglio per lui (Rangnick ndr), prima di imparare l'italiano dovrebbe dare una ripassata ai concetti generali del rispetto essendoci dei colleghi che, malgrado le tante difficoltà del momento, stanno cercando di finire la stagione in modo molto professionale anteponendo il bene del Milan al proprio orgoglio professionale".

Tradotto: se fosse per il sentimento di queste settimane, Maldini avrebbe già salutato il Milan che ha fatto una scelta diversa (legittima) nel modo peggiore possibile. Siccome, però, per Maldini il Milan è una seconda casa, ecco il sacrificio di restare in trincea nel momento drammatico che il calcio italiano sta attraversando. Però lo sfogo di Paolo, una leggenda la cui integrità non si può mettere in discussione, è diretto anche alla proprietà e a chi la rappresenta.

Perché non si può non notare come a livello comunicativo Gazidis sia stato assente in un passaggio cruciale, barricato dentro competenze sempre più estese ma anche con risultati del tutto incerti (non si ha notizie di miglioramenti alla voce contratti commerciali nell'ultimo anno) e Paolo Scaroni, che del Milan è fino a prova contraria presidente, abbia di fatto confermato lo scenario della rifondazione.

Ha detto che Gazidis si sta occupando anche del progetto sportivo e che il Milan giocherà un calcio che non si è mai visto in Italia. Ha azzerato in un colpo solo le professionalità e i ruoli di Maldini, Massara e Pioli mancando loro di rispetto. Il prossimo Milan sarà tutto straniero. Se sarà vincente o meno, non è più un problema di Maldini ma sarà la responsabilità cui verranno chiamati Elliott, Gazidis e Rangnick il cui mandato comincia con l'obbligo del rispetto almeno di quella che è stata la storia di uno dei club più vincenti al mondo.

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Giovanni Capuano