Un anno di calcio: dallo Scudetto del Milan, all'inchiesta Juventus
Il 2022 è stato carico di sorprese ed emozioni, la vittoria del Milan ha rilanciato l'idea di un progetto sostenibile. Lo scandalo che ha travolto la Juventus, la crisi del pallone e un 2023 che promette di sorprendere ancora...
Ci siamo divertiti e non poco. E' stato un anno di calcio pieno di sorprese ed emozioni, anche di pronostici sovvertiti se è vero che nessuno metteva il Milan in cima alla lista delle favorite per la conquista dello scudetto - e invece alla fine scudetto è stato - e che la stessa sorte era stata riservata a Carletto Ancelotti in Europa e all'Argentina nel Mondiale. E a tanti altri protagonisti di un'annata indimenticabile in cui la notizia migliore per tutti è stato il ritorno delle masse allo stadio. Finita l'emergenza sanitaria, cancellate le restrizioni, è stata una corsa al pallone: in Italia e ovunque. Il filo della passione non si è spezzato.
L'ultima immagine è stata quella della sublimazione di Lionel Messi, trascinatore nel Mondiale sbagliato che una finale meravigliosa ha nobilitato e reso per sempre. Trionfo con porta sulla leggenda e finestra sul 2023 in cui la Pulce proverà a scrivere altre pagine, alcune quasi scontate come il Pallone d'Oro numero 8 della collezione e altre che da troppo tempo rappresentano quasi un tabù se è vero che la Champions League sfugge a Messi addirittura dal 2015. Lui e Mbappé insieme, i due protagonisti della super sfida di Doha, i bracci armati della potenza dell'emiro Al Thani arrivato quasi all'ultima chiamata per dare un senso compiuto ai miliardi investiti (spesso gettati via) in un decennio alla guida del Paris Saint German. Nessuno è in grado di preconizzare cosa sarà del club parigino oltre il 2023: forse andrà avanti a comandare e l'ingresso dell'Arabia Saudita spingerà il Qatar a moltiplicare gli sforzi in una guerra geopolitica più che di pallone, forse la missione di accompagnare al Mondiale appena vissuto si sarà esaurita.
Epa
Ora che il Mondiale è alle spalle si è conclusa anche la penitenza cui si è condannata l'Italia di Roberto Mancini. E' stato un dicembre difficile per gli amanti della maglia azzurra, esclusa per la seconda volta di fila dal ballo mondiale. Ora, però, si torna tutti a competere ad armi pari e l'anno di sofferenza pura vissuta mentre gli altri preparavano l'appuntamento di una vita potrebbe rivelarsi un vantaggio. Intanto ci giocheremo le finali della Nations League, che non conta nulla a meno che non la vinci; risultato che renderebbe l'Italia l'unica nazionale europea ad aver sollevato qualcosa nell'ultimo quadriennio insieme alla Francia. Non è una consolazione da poco: in Qatar hanno fatto figuracce anche Germania e Belgio, la Spagna si è spenta sul più bello, la Croazia è a fine corsa e l'Inghilterra ha confermato l'incapacità di trasformare in oro il suo talento. Insomma, saremo anche messi male ma siamo nel mazzo e ora si ricomincia.
In Italia tutti a caccia del Napoli. O, meglio, a caccia del Milan che a maggio si è preso uno scudetto inatteso e meritato, frutto della programmazione di una società che il fondo Elliott ha instradato sul sentiero della sostenibilità prima di farsi affiancare da Gerry Cardinale. E' la stessa via percorsa da De Laurentiis per il suo Napoli, cambiato di pelle con notevoli risparmi la scorsa estate. La stessa che vogliono e debbono praticare Inter e Juventus, le grandi più esposte al vento di una crisi che non ha ancora finito di far sentire i suoi morsi.
L'inchiesta della Procura di Torino ha azzerato i vertici del club bianconero ed è stato un elettrochoc per il sistema italiano. Inimmaginabile fino a qualche mese fa pensare Andrea Agnelli fuori dalla sua Juventus dopo un decennio di vittorie. La lettura delle carte, al netto delle vicende giudiziarie e sportive che seguiranno, sono un romanzo sulla mala gestione di un club una volta virtuoso e sui limiti di un sistema malato che non trova la cura. Non succede solo in Italia. La primavera che arriva scriverà la parola fine alla questione Superlega e il parere dell'avvocato generale della Corte di Giustizia dell'Unione pare aver anticipato un ko tecnico per i club definiti ribelli. Non è detto finisca così e nemmeno che nelle sfumature di quel documento non ci sia qualche preannuncio di riforma. Intanto la Fifa ha varato il super mondiale per club a 32 squadre, la Uefa la super Champions League a 36 con girone unico e moltiplicazione delle partite e tutti tirano dritto per la propria strada ignorando la necessità di un quadro unico dove tenere insieme le cose. Ma usciamo dal 2022 del Mondiale in inverno nel deserto del Qatar, perché sorprendersi ancora?