Andrea Laffranchi: Il musicista-mancato-che-diventa-critico è una delle peggiori figure che si possano incontrare nel mondo musicale

Andrea Laffranchi: Il musicista-mancato-che-diventa-critico è una delle peggiori figure che si possano incontrare nel mondo musicale

Questo è il secondo appuntamento con la rubrica “CriticAmi”, qui intervistiamo i critici più importanti d’Italia ma soprattutto i critici più Twitstar della rete. Oggi si racconta Andrea Laffranchi, critico musicale del Corriere, mengoniano e con una bio in …Leggi tutto

Questo è il secondo appuntamento con la rubrica “CriticAmi”, qui intervistiamo i critici più importanti d’Italia ma soprattutto i critici più Twitstar della rete. Oggi si racconta Andrea Laffranchi, critico musicale del Corriere, mengoniano e con una bio in italiano… Ah, quasi dimenticavo, Buon compleanno Andrea!

Tanto per cominciare… Presentati, chi sei, cosa fai e dove scrivi?

Sono nato a Como nel 1969, appesa al muro la laurea in Bocconi dopo qualche esperienza come cronista a Como mi sono infilato in testa delle cuffie e dal 1998 scrivo di musica per il Corriere della Sera. Alcuni pensano che sia un rock snob, altri che sia un venduto ai talent. Ai primi rispondo che anche io ho miei scheletri (musicali) nell’armadio, ai secondi con una sfida sulle pagine di Pitchfork. Ho bisogno di una tazza di tè (francese, non la brodaglia nera inglese) per svegliarmi alla mattina, cioccolato fondente e vino rosso compensano la mia voglia di coccole. Ho voglia di fare ancora tante cose.

Come hai cominciato a scrivere di musica e perché soprattutto?

Al Corriere sono stato chiamato dalla redazione Spettacoli. La gavetta l’ho fatta con le brevi e le segnalazioni tv. Poi ho capito che c’era spazio per raccontare la musica in un modo diverso da quello istituzionale e che c’era un panorama di fenomeni e personaggi, dai Lunapop ai Blink 182 per citare i primi articoli importanti, che stava cambiando. Così ho ritrovato tutta la voglia di cercare nuova musica che avevo quando al liceo leggevo Ciao 2001.

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È possibile che la simpatia per un cantante o un produttore che devi recensire ti aiuti nell’essere più magnanimo? Sii sincero…

La simpatia non fa alzare i voti, magari fa utilizzare un aggettivo meno ruvido per sottolineare una cosa che non va. Sono sempre stato considerato un mengoniano, ma non gli ho risparmiato un 5,5 quando ho fatto le pagelle di Sanremo a un primo ascolto. Mi sono ricreduto più avanti, ma l’insufficienza l’avevo data.

C’è un vecchio detto: Se non lo sai fare insegnalo, se non sai insegnare criticalo, è vero? (sfata questo detto)

Credo che un critico musicale, parlo di pop rock e non di classica, non debba avere conoscenze tecniche troppo approfondite. Il musicista-mancato-che-diventa-critico è una delle peggiori figure che si possano incontrare nel mondo musicale. Pop e rock vanno raccontati per emozioni e non per note e accordi, e ascoltare tanti dischi è il miglior percorso all’educazione sentimentale.

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Nell’era dei social network siamo tutti critici, specialmente su tw, prendi spunto come se fossero delle proiezioni statistiche o le tue opinioni rimangono invariate?

Posso prendere spunto, ma più che per la critica per la cronaca, per raccontare un fenomeno di cui mi accorgo grazie anche a quello che vedo sui social network. Attenzione però, i sn ci mostrano una fascia della popolazione che ci è affine per conoscenze e gusti.

Un tuo collega che stimi lavorativamente parlando e perché?

Posso citarne più di uno? Luca Dondoni (La Stampa) e Paolo Giordano (Il Giornale) sono dei fratelli, ma se gli posso dare un buco non mi tiro indietro. A Peppe Videtti (Repubblica) invidio lo spettro temporale di conoscenza: ha vissuto un passato che io conosco solo indirettamente, ma è aggiornatissimo sul presente. Franco Zanetti (Rockol) per l’onestà (non solo intellettuale) e per la pignoleria (a volte eccessiva).

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Il disco di un artista straniero (disco completo non solo alcune tracce) più bello che tu abbia mai sentito e lo stesso per un artista italiano e, ovviamente, un nuovo talento assolutamente da tenere d’occhio.

Beatles, di cui considero l’opera omnia e non solo un disco, a parte? Ok, Computer dei Radiohead, Definitely Maybe degli Oasis e la colonna sonora del film Jesus Christ Superstar (ma qui c’è un imprinting forte, l’ho visto da bambino al cinema). Per gli italiani stessa domanda. De André e Dalla a parte? Buon sangue di Jovanotti, la rinascita di un’artista. Canzoni dell’appartamento di Morgan. I nuovi talenti stranieri purtroppo li scoprono prima altri. Da noi credo che Il Cile e Andrea Nardinocchi abbiano molto da dire e scrivere.

3 profili tw che ci vuoi consigliare?

@Iddio (anch se a volte diventra troppo terreno), @ErreEffe7 il mio collega Renato Franco che con ogni tweet dimostra di aver sbagliato lavoro, doveva fare l’autore comico, @BretEastonEllis più cattivo dei suoi personaggi

Sei felice?

Nel lavoro sì, faccio quello che mi diverte. Nella vita privata pure.

 

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Andrea Delogu

Disgrafica e di sinistra, abbiate pietà.

Nella mia biografia basterebbe scrivere che sono nata a Rimini per farvi capire che volente o nolente sono cresciuta con la musica da club o da discoteca.

Nei giorni in cui non andavo a ballare son riuscita a diventare cintura nera di Karate secondo Dan, scrivere e condurre un programma per Match Music dal titolo "A casa di Andrea", presentare il meglio di Sky, recitare in "Saturday Night Live" su Italia1, far parte di un gruppo musicale e cantare la colonna sonora dello spot Heineken USA, a recitare in alcuni cortometraggi, partecipare a diversi spot pubblicitari, ma soprattutto sono riuscita a convincere Panorama a darmi un Blog.

Chi è il matto tra i due? Prima che mi dimentichi: amante del rock, della buona e abbondante cucina, sostenitrice della piadina della Lella e degli strozzapreti del BarSole, malata di Twitter e tuttologa in pensione

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