L’ingrediente segreto: fare tutti insieme qualcosa per tutti

L’ingrediente segreto: fare tutti insieme qualcosa per tutti

Se ripenso alle feste di natale di questi ultimi anni mi tornano alla mente i grossi sforzi fatti da mia moglie per dare colore ma soprattutto un profumo particolare a giornate che, se lasciate andare, rischiano irreversibilmente una deriva caotica …Leggi tutto

Se ripenso alle feste di natale di questi ultimi anni mi tornano alla mente i grossi sforzi fatti da mia moglie per dare colore ma soprattutto un profumo particolare a giornate che, se lasciate andare, rischiano irreversibilmente una deriva caotica e ansiogena. Lei ha sempre mosso le carte per creare uno stare insieme più vero del solito, unito fortemente dal fare cose un po’ particolari, per alcuni versi eccezionali, visti i ritmi di tutti i giorni, per tutta la famiglia.

Il rito dell’allestire spazi e locali, del colorare ambiti sino a quel momento facenti parte delle routine quotidiane, del fare insieme dolci e biscotti è sempre stato per me un’azione misteriosa, quasi magica nell’incantesimo realizzativo. E alla base quell’incredibile voglia di farlo che non sempre ho ritrovato nel mio DNA! Voglia non sempre scontata, soprattutto per adolescenti inquieti e “innovativi” come i nostri figli e quelli poi aggiuntisi, Figli non sempre in grado, e spesso non volenterosi di seguirci nella sfida. Abbiamo però poi colto alla fine, quasi ogni volta, un sottile stupore nei loro sguardi, un farsi cullare un po’ controvoglia nella tana calda e rassicurante del mondo familiare.

Non siamo credenti, salvo forse un po’ la nonna, credente ma ben poco praticante, per cui il natale è sempre stato per noi la festa che mette al centro il nostro esistere come nucleo che accoglie e rimanda il gusto forte dello stare insieme, vicini, mentre fuori “il vento soffia lontano e la neve cade misteriosamente”. Non abbiamo mai pensato che il natale possa colorarsi di raggi di sole e di tanto caldo, di mare e di costumi; c’è quasi imbarazzo oggi al pensiero che una nostra figlia in questi giorni stia crogiolandosi al sole nel bagnasciuga dominicano. Abbiamo sempre considerato natale un momento per celebrare il nostro essere tutti insieme, ma al tempo stesso un momento per aprirsi al mondo, all’altro, all’alterità. In questo senso sorprendenti sono state le partecipazioni dei nostri figli adottati dal mondo intero che, negli anni, ci hanno accompagnato nei festeggiamenti.

Nella nostra famiglia sono transitati pezzi di mondi diversi che ci hanno guardato, che hanno condiviso le nostre fatiche festive con curiosità, stupore, forse con un po’ di invidia e solo qualche ambivalenza: la prima Aybike, una ragazza turca leggermente musulmana, già contaminata dalle usanze occidentali, contenta di esserci, contenta di stare con noi in giornate particolari dove sentirsi ancor più a casa, la propria; la seconda Emma, giovane ebrea americana, pronta a sperimentarsi e fare famiglia, a scambiarsi i doni sotto l’albero nella più vecchia tradizione cristiana, oltre i propri usi e costumi e le proprie festività che comunque ci ha passato; il terzo ruzbeh, giovane indiano zorastriano, capace di rispettare a tal punto gli usi altrui da aver voglia di festeggiare con noi la festa del natale in senso di rispetto e attenzione al mondo cristiano, e con la stessa attenzione non mangiare maiale in rispetto del mondo musulmano e non mangiare mucche in rispetto del mondo induista, anche se poi, alla nostra tavola, concedendosi salutari deroghe; infine poi l’impastare insieme con una giovane e inquieta islandese, Bjarney, capace di conquistarsi il proprio nuovo mondo italiano lavorando sodo nella sua terra ma altresì faticando molto nel trovare un proprio centro insieme a noi. Lei, abituata al natale delle nevi perenni, pochi giorni fa, a distanza di pochi mesi, è tornata  a trovarci, e ci è stato di immenso sostegno il suo sguardo soddisfatto mentre, sdraiata sul divano della cucina ci raccontava che si, era finalmente tornata a casa, la sua dopotutto, come per gli altri.

Insomma, si può fare casa anche se non sempre la si abita, anche se forse non ci si è nati, bastano due ingredienti e poi tutti insieme a impastare direbbe la Seve, mia moglie. Oggi, edici dicembre, domenica, stiamo per avviarci a celebrare un’altra piccola messa familiare, una messa non in senso di funzione religiosa ma come occasione, opportunità di sentirsi “dentro” ad una possibilità di crescere e vivere insieme: tra noi oggi c’è Nicole, ancor più giovane ragazza boliviana a cui consegneremo le chiavi un po’ misteriose del fare tutti insieme qualcosa per tutti, un segreto che non risolve nulla delle tante contraddizioni e criticità che avvolgono noi, come tutte le famiglie dei nostri giorni , ma ci ridà , ogni tanto, un senso di speranza e di possibilità.

Buon Natale.

 

 

 

Insomma, una percezione forte che il natale riusciva ad essere anche  per tutti loro un momento dove fare famiglia, dove gustare e bere il delicato aroma dello stare insieme, del fare squadra, aggrappati a frammenti e tradizioni che riescono ancora a creare appartenenza e scopo.

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