Guardandoti dormire
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Guardandoti dormire

A me non serve salire in piedi sul tavolo per guardarti da un’altra prospettiva, mi basta viverti accanto. Mi basta osservarti a fianco di mamma. E mi basta vederti riposare, tra una conquista e l’altra, e chiedermi che sogni fai

DIARIO DEI GIORNI DISPARI

15 ottobre ’16 – E capita a volte, Agnese, che io venga da voi, in piena notte e vi stia a guardare, mentre dormite. No, mamma non sa, è un momento solo mio: mi alzo, per bere o per andare in bagno, e prima di tornare a letto, vengo in camera tua e di Filippo, mi siedo sulla poltrona e vi osservo. E vi ascolto respirare. E vi sento finalmente quieti. E vi accarezzo con lo sguardo. Mi riempio gli occhi delle vostre forme e la testa con i vostri sogni. No. Non ci voglio entrare in quelli. Sono tuoi, sono vostri.

Anche se ammetto tutta la mia curiosità di sapere che cosa tu stia sognando, mentre ti guardo. Che cosa ti spinga, a farti muovere fino a metterti al contrario, con i piedi sul cuscino, la testa in fondo e le manine tra le sbarre di legno della culla. Con Filippo è un po’ più facile: rannicchiato sotto le lenzuola (anche d’estate, come me), ogni tanto parla. Sì, gli esce qualche frase su un velociraptor da catturare e un’auto ibrida da costruire. E io intuisco che cosa stia vivendo. Tu ti muovi soltanto, amore piccolo, e io non so cosa pensare. Dicono che chi sogna di giorno conosce molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte. Sarà vero.

Io so che i sogni, quando ancora me li ricordavo, mi hanno sempre aiutato a vedere la realtà in modo diverso. Sotto una luce diversa. Un po’ come cambiare prospettiva, hai presente? Un po’ come quando ti metti addritta sul tavolo e guardi la cucina dall’alto. E ridi: per la vetta raggiunta, per il rischio superato o per tutto lo spazio finalmente svelato.
Vedi: saper cambiare punto di osservazione, biondina furba, è un colpo da fuoriclasse. Utile e bello, come fare gol di tacco. Ti dà un vantaggio. Quindi, fallo appena puoi. Fallo se vuoi conoscere meglio le persone, le questioni e le cose del mondo. Fallo e ciò che prima ti sembrava solito e ingombrante si mostrerà in modo inaspettato e sorprendente. Fallo e ti sarà più facile provare comprensione per quello che sono (e sarò) stato.

A me cambiare punto di vista nei tuoi confronti viene più naturale, diciamo. Perché non sei mai la stessa, tu: cresci velocemente e tutte le conquiste del giorno prima, il giorno dopo sono già vecchie. A me non serve salire in piedi sul tavolo per guardarti da un’altra prospettiva, mi basta viverti accanto. Mi basta osservarti a fianco di mamma, per inorgoglirmi della bimba forte che sei e ipotizzare che donna tosta diventerai. Oppure, mi basta guardarti dormire, tra una conquista e l’altra. Mi basta chiedermi che sogni fai. Anche senza volerci entrare.
Ma mi piacerebbe che, al pari delle tue gioie, fra qualche anno tu mi raccontassi anche delle tue paure. E di quei brutti sogni che te l’hanno risvegliata, dentro. Mi piacerebbe, anche solo per insegnarti a riconoscerla, la paura. Che, e io lo so bene, è una cosa multiforme e incolore di cui ti toccherà spogliarti spesso, da grande, per poter fare le tue cose. È quel sentimento opaco che non si può eludere, ma se è ben usato, insieme al coraggio, può servire a conservarsi vivi. È quel vuoto che si mette di mezzo tra te e la realtà e chiede di essere riempito ogni giorno, come una prova quotidiana da superare per diventare adulti.

Che sia quella di sbagliare o quella del buio, di un animale o di un esame, di un pericolo reale o una situazione immaginaria: tutti hanno paura. Perciò non fidarti, biondina sperta, di chi ti dice che non ne conosce, ti biasimerà per le tue paure o le userà per puro interesse.
Fidati, piuttosto, di chi saprà stare ad ascoltarti mentre gliele squaderni, senza remore. E non si spaventerà nel condividerle, rendendotele meno ingombranti e più digeribili. Qualcuno che non ti dica che è ridicolo provare paura, ma ti spinga a superarla, con un sorriso. Qualcuno che si metta con te al tavolo della cucina e ti aiuti a sfilettarla, cucinarla e poi a mandarla giù. Magari accompagnata da pane, patate e un bicchiere di prosecco.

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Matteo Durante

G. Matteo Durante è nato 40 e passa anni fa a Bergamo, ha studiato filosofia a Milano ed è un giornalista. Dopo aver lavorato a Panorama, dal 2012 vive in una delle più affascinanti città siciliane: Modica, in provincia di Ragusa. A chi gli chiede il perché di questa sua emigrazione al contrario, risponde così: "L'ho fatto per amore". Cioè: per amore di una vita più slow e per il desiderio di regalare a se stesso e alla propria famiglia il contatto diretto con la natura, con la bellezza e con la cultura millenaria del Sudest siciliano. Si occupa di contenuti web, siti, copywriting e social media, scrive reportage di matrimonio (sul suo sito www.spositelling.it), cura progetti socioculturali e si dedica ai suoi due figli: Filippo, il primogenito, e Agnese, la seconda arrivata. A lei è dedicato il "Diario dei giorni dispari" che, da papà innamorato, scrive dall'estate del 2015.

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