Saturday night spleen

Sabato sera ero seduto in treno, stanco e solo (avevo lavorato tutto il giorno e tornavo a casa), e pensavo a come esprimere in lingua italiana il concetto della sofferenza nelle sue varie manifestazioni. Mi pare un buon incipit, no? …Leggi tutto

Sabato sera ero seduto in treno, stanco e solo (avevo lavorato tutto il giorno e tornavo a casa), e pensavo a come esprimere in lingua italiana il concetto della sofferenza nelle sue varie manifestazioni.

Mi pare un buon incipit, no? Ma ora preciso, ché non abbiate a preoccuparvi.

L’ultimo pezzo di viaggio verso casa l’ho fatto su un treno regionale, normalmente poco frequentato e in quel caso pressoché vuoto per via dell’ora e del giorno. Nel mio vagone non c’era nessuno; tranquillo e rilassato com’ero, mi è venuta in mente una barzelletta serba – di quelle del tipo “Dottore, dottore” – in cui una donna si lamenta di star male; ma non è che sia malata: la questione è diversa. Allora ho deciso di tradurla in italiano – è l’unica che so, di quelle parti là – e ho rimuginato su quali termini utilizzare.

Alla fine ho deciso che il verbo giusto per rendere il patimento della donna era soffrire; e devo averla recitata ad alta voce, certo inconsciamente, perché mentre dicevo “Soffro!” (con tono anche espressivo), è arrivato da non so dove un controllore silenziosissimo e quasi felino e mi ha coerentemente chiesto il biglietto. Coerentemente con la sua mansione, intendo, non con la felinità. Io in ogni caso l’avevo e gliel’ho mostrato; lui ha fatto un mezzo sorriso, o forse mi è soltanto parso, ed è andato via.

Mentre cambiava vagone, ho pensato che quel “Soffro” forse l’aveva tratto in inganno; non vorrei, mi sono detto, che quel brav’uomo abbia frainteso e si sia figurato un mio dolore che non c’è o chissà quale problema, magari anche in grado di rovinargli il sabato sera. Ma poi ho giudicato che in fondo non avrebbe sbagliato di molto, giacché, al di là del mio contingente e moderato benessere, questo mondo è una valle di lacrime e tutti noi siamo qui per soffrire.

A dimostrazione di ciò, la barzelletta ve la racconto solo un’altra volta.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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