Rimozioni

La versione in lingua spagnola di wikipedia, non saprei per quale motivo, è estremamente accurata nella ricostruzione delle vicende della guerra partigiana jugoslava. Lo pensavo ieri mentre guardavo delle cose sulla battaglia della Neretva (o Narenta, se siete più familiari …Leggi tutto

La versione in lingua spagnola di wikipedia, non saprei per quale motivo, è estremamente accurata nella ricostruzione delle vicende della guerra partigiana jugoslava. Lo pensavo ieri mentre guardavo delle cose sulla battaglia della Neretva (o Narenta, se siete più familiari con la toponomastica d’antan).

Ero partito dalla celebrazione del settantesimo anniversario della battaglia della Neretva, appunto, ossia di quella tremenda, penosa e disperata ritirata dei partigiani jugoslavi di fronte alle truppe dell’Asse e alle forze locali occasionalmente o continuativamente collaborazioniste, che infine riuscì, con uno stratagemma, nello scopo di attraversare il fiume. Sulla loro strada verso il fiume, i partigiani jugoslavi travolsero e massacrarono settecento soldati italiani di stanza a Prozor, in Erzegovina: nulla sapevo di costoro, prima di ieri. Come in generale si sa poco dei militari italiani impegnati in combattimento e in guarnigione nella Jugoslavia occupata e lacerata da una guerra di liberazione e da diverse guerre civili.

E mi pare, in un certo senso, che tutto questo rientri nella più ampia scomparsa di tutto quanto è successo agli italiani e per mezzo degli italiani in quegli anni, ma anche in quelli immediatamente postbellici, dall’altra parte dell’Adriatico. Come in certe relazioni amorose poco funzionali, certi fatti sono stati taciuti, coperti, nascosti, infine rimossi; di tanti fatti, anche importanti, grandi, significativi, non si è più parlato per decenni. Ma il problema è che una rimozione ne trascina con sé molte altre, perché un fatto non accade mai in un deserto temporale, ma ha relazioni con molti altri eventi. Pian pianino la sparizione di tutto ha creato una distanza emotiva che non era mai esistita e che non può esistere, data la storia e la geografia del nostro paese; e quando parliamo di ex Jugoslavia ne parliamo come di un mondo alieno, avendo dimenticato persino i nomi – italiani, non italianizzati, perché hanno fatto parte del nostro retaggio – dei luoghi e delle città.

Se non ci fossero pagine in spagnolo e testimonianze dei nostri vicini, riguardo alla seconda guerra mondiale e a tutto quanto è accaduto anche dopo in riva al nostro mare, forse pian piano perderemmo ogni ricordo dei 700 di Prozor e chissà di quanta altra roba, se è vero (ed è vero) che un evento storico dimenticato è come non fosse mai successo. Ma il rischio peggiore è che avanti così svanisca anche la geografia, e che tutto quello che si muove di là si situi per sempre in un altrove sconosciuto e irraggiungibile, mentre noi viviamo ignari, narcotizzati dalle nostre stesse rimozioni.

E pensare che della Battaglia della Neretva hanno fatto anche un film: vi recitarono, fra gli altri, anche Franco Nero e Sylva Koscina. Ogni tanto, di solito d’estate, passa ancora in tivù; e a guardarlo dice sempre tante cose, in verità più riguardo allo stato che lo ha finanziato senza badare a spese che all’eroica e brutale guerra partigiana dei popoli jugoslavi.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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