Il socialismo in un solo genere

Pare che un po’ tutte le civiltà per così dire “arretrate” siano caratterizzate da una netta preminenza del lavoro femminile. Mi dicono, gente che conosce quei posti, che questo sia valido anche nel vicino Oriente islamico; certamente vale per i …Leggi tutto

Pare che un po’ tutte le civiltà per così dire “arretrate” siano caratterizzate da una netta preminenza del lavoro femminile. Mi dicono, gente che conosce quei posti, che questo sia valido anche nel vicino Oriente islamico; certamente vale per i leoni e anche per l’Est europeo. Un secolo fa, due secoli fa, lo confermano i viaggiatori di allora, le cose stavano come adesso: sì, certamente c’erano mastri artigiani, gendarmi, artisti e politici, e tutti questi erano maschi, ma il lavoro, quello anonimo e pesante – che uno tenderebbe ad attribuire al genere più forte muscolarmente – spettava alle donne. E anche adesso, se girate per una città ex jugoslava – più si va a sud e più questa osservazione è valida – noterete che è cambiato assai poco.

Ma l’Est di oggi è femminilizzato in un altro senso. Decenni di socialismo hanno portato storture ed errori, e orrori, ma hanno anche costruito una società egualitaria, sotto il punto di vista delle opportunità di genere, quanto nessun’altra nella storia della civilizzazione umana. Perfino nell’avanzatissima Germania esiste ed è ancora visibile una cesura di mentalità, pregiudizi e atteggiamenti diffusi che ricalca esattamente la vecchia cortina di ferro: sicché, in mezzo a tante persistenti inferiorità, la ex Germania Est può vantare, a giudizio di molti, una società più aperta e ricettiva al contributo delle donne.

Non stupisce perciò che, a parlare con la gente di quei posti, le donne siano spesso (non sempre) quelle che più rimpiangono il passato socialista o lo tratteggiano con maggiore nostalgia, mentre gli uomini, almeno quelli più giovani o più in grado di adeguarsi alla mutata realtà, si trovano bene col sistema capitalista, con quel genere di libertà e di possibile profitto.

Credo sia indubbio, dunque, che quella socialista – d’altronde era fra i suoi scopi statutari – fosse una società più femminista; ma forse ho letto da qualche parte, oppure mi è venuto in mente mentre mi rigiravo nel lettino, nelle mie nottate solitarie in Montenegro, che si trattasse invece di una società più femminile, strutturata secondo un modello quasi costruito (per puro caso?) attorno ai desideri, alla sensibilità, o quantomeno alle abilità istintive delle donne; e che la sua natura nuova e rivoluzionaria rispetto ai precedenti modelli umani fosse in questo ribaltamento di genere, anche se nessuno l’ha capito, illustrato e sfruttato fino in fondo…

Ma erano comunque solo pagine di libri assurdi sfogliati in una pausa dello studio, o peggio ancora sogni; e si tratta dunque, in ogni caso, di riflessioni che lasciano il tempo che trovano.

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Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

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