Urlando contro il diavolo

Urlando contro il diavolo

C.S. Lewis, ne Le lettere di Berlicche, spiega chiaramente, facendo parlare un arcidiavolo che dà istruzioni al suo giovane nipote, diavolo custode preposto alla dannazione di un umano, perché l’Urlo di Tardelli (maiuscolo, come quello di Munch) sia così …Leggi tutto

C.S. Lewis, ne Le lettere di Berlicche, spiega chiaramente, facendo parlare un arcidiavolo che dà istruzioni al suo giovane nipote, diavolo custode preposto alla dannazione di un umano, perché l’Urlo di Tardelli (maiuscolo, come quello di Munch) sia così bello:

“Per conto mio andrei molto lontano su questa strada. Mi proporrei come regola di sradicare dal mio paziente qualsiasi forte gusto personale, che non sia un vero peccato, anche nel caso che fosse cosa trivialissima, come il tifo per il gioco del cricket della sua provincia, o per la collezione di francobolli, o per il cacao. Tali cose, te lo concedo, non hanno nulla della virtù; ma c’è in esse una specie di innocenza e di umiltà e di dimenticanza di sé della quale non mi fido.”

Ecco, il bello dell’Urlo di Tardelli, a mio modo di vedere, è proprio questo: c’è un miliardario strapagato, certo, che raggiunge un enorme successo professionale, certissimo, e capisce che grazie a esso avrà fama planetaria in misura ancor maggiore di quella già posseduta, e contratti ulteriormente dorati, e  il ruolo dell’eroe per una nazione intera. Di che inorgoglirsi e forse perdersi.

E invece è del tutto evidente che Tardelli, il miliardario, in quel momento lì non sta capendo più niente. Non pensa alla fama, ai contratti, al successo. Pensa solo, nella forma di un urlo, alla cosa che pensano i bambini sul campetto dell’oratorio: “HO FATTO GOOOOOOL”. C’è, in quella faccia, una gioia primordiale e primordialmente espressa che sta tutta nella cosa in sé, senza secondi o terzi pensieri, senza quel morbo del calcolo egoistico che spesso, anzi sempre, ci accompagna (e che va anche bene che ci accompagni, ci mancherebbe altro). C’è quella che Lewis chiama “innocenza, umiltà, dimenticanza di sé”. Tardelli, di tale condizione dello spirito, è stato – esattamente 30 anni fa, l’11 luglio 1982 – inconsapevole incarnazione. È anche per questo, credo, che gli vorrò sempre un gran bene.

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