Sono solo canzonette (o del buttarla meravigliosamente in caciara)

Che Imagine sia, musicalmente parlando, una lagna inascoltabile è più o meno un dato di fatto. Ciò detto, è una lagna pop come nessun’altra, il cui segreto credo sia che, come argutamente commentava qualcuno ieri sera nel posto dove stavo …Leggi tutto

Che Imagine sia, musicalmente parlando, una lagna inascoltabile è più o meno un dato di fatto. Ciò detto, è una lagna pop come nessun’altra, il cui segreto credo sia che, come argutamente commentava qualcuno ieri sera nel posto dove stavo vedendo in compagnia la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra, “potrebbe essere qualunque cosa, ma tu l’hai interiorizzata e fraintesa abbastanza da poterla spiegare a chi l’ha scritta”. O anche, più in sintesi, “Imagine fa la sua porca figura su tutto”.

Pertanto, non saremo così ingenui da credere che compito dell’opera sia svelare le intenzioni comunicative dell’autore, figuriamoci: abbiamo letto Gadamer, siamo tutti consci che l’opera dischiude il suo orizzonte, abbiamo imparato la lezione. Imagine dice quel che miliardi di persone sentono quando l’ascoltano, non quel che Lennon, pace all’anima sua, intendeva dire.

A voler essere pedanti, però, c’è da dire che chi l’ha scritta ha scritto qualcosa di abbastanza ben definito, e quello voleva scrivere: resta innegabile che Imagine sia un inno all’umanesimo ateo. In nuce, la canzone di Lennon illustra quel che, nei decenni precedenti e successivi, centinaia di pensatori, filosofi e scrittori, con differenti gradi di brillantezza e di acume, hanno scritto in proposito: la religione è fonte di ogni male, immaginare un mondo senza paradiso e inferno è il modo in cui è possibile sognare un’umanità finalmente fraterna e pacifica. Ieri sera, sempre in quella specie di bar sport nel quale stavo seguendo con gran godimento lo spettacolone della fine delle Olimpiadi, a un certo punto un amico ha raccontato di un suo conoscente, “cattolico liberale” (qualsiasi cosa ciò possa voler dire, è che a quel punto erano uscite le Spice Girls e ne ero così incuriosito che mi son dimenticato di chiedere ragguagli) che ritiene Imagine un’opera del demonio. Niente meno. Qualcuno, infine, muoveva l’obiezione che il canto corale di Imagine risultasse incoerente con l’invocazione a Dio perché protegga la Regina cantata anch’essa coralmente pochi minuti prima o con le centinaia di sguardi, baci e dita puntate verso l’alto che gli atleti di tutto il mondo hanno prodotto prima, durante e dopo le gare olimpiche.

Il fatto è che il pop non può essere coerente per sua natura, è l’estremamente sgangherabile, è l’infinitamente interpretabile, è il dominio del “ciò che sento” e non del “ciò che c’è scritto”. A rimarcarlo ci ha pensato, sulla scena della cerimonia di chiusura, un altro sublime trapassato, Freddie Mercury, il quale ha messo d’accordo tutti al canto di “Hee-bo Dee-bo Dee-bo” e buttandola – come è giusto che sia quando si parla di canzonette – meravigliosamente in caciara.

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Marco Beccaria

Marco Beccaria è nato a Milano nel 1967. Sa fare passabilmente tre cose:  insegnare filosofia e storia al liceo, discutere oziosamente di massimi  sistemi e il master di Dungeons & Dragons. Meno bene riesce a  giocare a pallacanestro e ad andare in bicicletta, il che non gli  impedisce di trarre godimento da entrambe le attività. È sposato con  Raffaella e vive tra i colli piacentini e Milano.

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