Il gelato dall’Ape Piaggio all’Università del Gusto

Compiere quarant’anni tra poco ti fa sentire non più giovane per poterti entusiasmare per chissàccheccosa ma neppure abbastanza attempato per partire con i ‘’ai miei tempi si stava meglio’’. La mia generazione, però, può fregiarsi di poter dire la …Leggi tutto

 

Compiere quarant’anni tra poco ti fa sentire non più giovane per poterti entusiasmare per chissàccheccosa ma neppure abbastanza attempato per partire con i ‘’ai miei tempi si stava meglio’’. La mia generazione, però, può fregiarsi di poter dire la sua sul gelato, invertendo tra l’altro la regola del ‘’ai miei tempi si stava meglio’’’. I neo quarantenni, infatti, hanno potuto incrociare i tempi in cui il gelato arrivava con l’Ape Piaggio refrigerata e relativa campanella suonata dall’esile gelataio (che forse gelataio non era, ma solo un bravo guidatore di Ape Piaggio) ma anche i primi gelati ‘’globalizzati’’, in primis il Piedone o il Cucciolone, vivendo successivamente tutta l’epopea del gelato.

Quando ero ragazzino, le gelaterie le contavi sulle dita di una mano, erano in centro città, e per entrarci dovevi vestirti da festa. Mancava solo il porzionatore in radica. Nei bar di periferia trionfavano le vetrinette con 9 gusti al massimo, con il trionfo del gelato guarnito dal ghiaccino che si formava con la condensa della vetrina. Il frigo gelato proponeva cono, ricoperto, biscotto, coppetta e ghiacciolo. I gusti alla frutta erano limone e fragola, il terzo frutto che arrivò nelle vetrine fu il Puffo, e i primi tempi l’idea che i mostriciattoli dei cartoni animati venissero mantecati mi procurava una sottile e sadica soddisfazione.

Con l’avvento delle gelaterie da asporto, negli anni ottanta il gelato artigianale cominciò a spopolare, e pian piano i bar di periferia dovettero ripiegare su altri tipi di offerte, e la gamma dei gelati ‘’confezionati’’ potenziati: il biscotto diventò ‘’cookie snack’’, il cono ‘’maxi cono’’, il ghiacciolo ‘’calippo’’. Con il tempo le gelaterie da asporto cominciarono a proporre 24, 36, 60 gusti. Le vetrine diventarono seducenti, il gelato multipiano, edonista, piacione. Dopo il boom cominciò il delirio: in vetrina gelato caldo, gelato di soja, gelato senza zucchero e quelli del frigo nel bar diventarono sempre più dei dolciumi addizionati di un po’ di gelato. Negli ultimi anni la tendenza si è invertita.

L’effetto ‘’Grom’’ ha comunque richiamato i gelatai all’ordine: quasi scomparsi i grassi vegetali, il gelato viene fatto con il latte fresco, o crudo, o biologico, il territorio del pistacchio di Bronte è stato ampliato fino a Gallarate per poter rispondere alla richiesta di mercato. La nuova generazione dei gelatai sembra uscita dall’ università del gusto, mentre i bambini per capire i gusti all’università ci si devono iscrivere. Sono perfino tornate le vasche con il coperchio.

Per una volta tanto posso dire che la regola del ‘’ai miei tempi era meglio’’ non vale. Preferisco di gran lunga un gelato da passeggio mangiato oggi piuttosto che gelato col ghiaccino di trent’anni fa, anche se a dirla tutta il mio sogno era quello di guidare un’Ape Piaggio.

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David Marchiori