Dall’orto biologico all’orto spaziale

Dall’orto biologico all’orto spaziale

Inutile battersi per il ‘’cibo locale’’, ‘’km zero’’, ‘’filiera corta’’. E’ il caso di riporre vanghe e zappe, il futuro non è più il tanto vituperato mercato globale. E’ in arrivo il mercato interplanetario, e davanti all’infinito nulla potremo. Stiamo …Leggi tutto

Inutile battersi per il ‘’cibo locale’’, ‘’km zero’’, ‘’filiera corta’’. E’ il caso di riporre vanghe e zappe, il futuro non è più il tanto vituperato mercato globale. E’ in arrivo il mercato interplanetario, e davanti all’infinito nulla potremo.

Stiamo parlando dello ‘’space farming’’, l’orto nello spazio che la Nasa sta allestendo a 370 chilometri dal suolo del nostro pianeta. Dopo la zucchina coltivata dall’astronauta Don Petitt, e l’esperienza del progetto Veggie che ha già visto crescere nello spazio sei piante di lattuga romana, l’agenzia spaziale americana spedirà in orbita sei specie, tra cui ravanelli, lattuga romana e piselli.

Inutile fare i precisini sulle stagionalità, nello spazio saltano tutti i nostri paradigmi tradizionali. Certo, la qualità organolettica è tutta da verificare, e le piante crescono radicandosi in un sacchettino che sembra quello che si attacca al catetere in ospedale, ma dicono che questo aiuterà innanzitutto gli astronauti a combattere la noia.

Ma non bastavano un buon libro e un mazzo di carte?

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David Marchiori