Dottore… perché proprio a me?

“Dottore. Perché proprio a me?” E’ la domanda più frequente che mi viene rivolta da molti pazienti stralunati quando mi trovo a prendere atto di un disturbo post traumatico da stress, un disturbo dell’adattamento o qualche tipo di depressione conseguente …Leggi tutto

“Dottore. Perché proprio a me?”
E’ la domanda più frequente che mi viene rivolta da molti pazienti stralunati quando mi trovo a prendere atto di un disturbo post traumatico da stress, un disturbo dell’adattamento o qualche tipo di depressione conseguente ad una situazione lavorativa. Il lavoro nuoce gravemente alla salute? La risposta è ovviamente negativa, ma solo nel momento in cui la realtà lavorativa è sana. Una volta chiesi ad una paziente che clima c’era in ufficio. Lei mi rispose “mah, si respira praticamente acido da batteria, soprattutto quando il capo o i miei colleghi sono di cattivo umore”.

In realtà le cause di una situazione lavorativa negativa sono molteplici: eccesso di lavoro, colleghi arroganti, capi autoritari, instabilità contrattuale, lavoro ripetitivo o poco creativo … e potrei andare avanti a lungo. Tutte queste problematiche hanno qualcosa in comune: le conseguenze sull’individuo. L’essere umano è psicologicamente fragile, se sottoposto quindi ad un carico eccessivo di stress prima o poi emergerà qualche problema.

Le trappole psicologiche che ci inducono a lasciare la situazione lavorativa inalterata a questo punto sono molteplici.

Possiamo per esempio pensare che il lavoro è necessariamente stressante, chi non lo pensa è un povero illuso! Mi devo solo rassegnare, d’altronde “oggi giorno il lavoro non c’è”.
Un’altra trappola consiste nel non ascoltare nessuno dei segnali che il nostro cervello ci invia, al massimo si ricorre a qualche farmaco per soffocare quel maledetto mal di pancia, l’insonnia o gli attacchi di panico. “D’altronde, prima o poi mi passerà!”.

I meccanismi psicologici legati alla resistenza al cambiamento sono molti ed hanno tutti lo scopo di renderci ostaggi della nostra situazione aromatizzata “all’acido da batteria”. Ci inducono, in altre parole, a promuovere un immobilismo che prima o poi sfocerà in qualcosa di progressivamente più complesso. Facciamo qualche esempio: c’è carenza di lavoro ma, molti lavoratori infelici, non spediscono nessun curriculum in giro. Molti dipendenti invece non affrontano (costruttivamente) quel collega particolarmente caustico o tanto meno si iscrivono a qualche corso di formazione per riciclarsi in qualche altra occupazione maggiormente attraente.

Insomma molti aspettano pazientemente, senza far niente di concreto, di star male per poi venire a chiedermi con sguardo atterrito “perché proprio a me dottore?”

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Matteo Marini