Le meraviglie degli altri

Le meraviglie degli altri

Andrei Zvyagintsev vinse il Leone d’oro a Venezia undici anni fa. Il film era Il ritorno, il presidente Monicelli, in giuria c’era pure Stefano Accorsi. Secondo alcuni, i due italiani erano a capo di una cupola stile Sandra Milo …Leggi tutto

Andrei Zvyagintsev vinse il Leone d’oro a Venezia undici anni fa. Il film era Il ritorno, il presidente Monicelli, in giuria c’era pure Stefano Accorsi. Secondo alcuni, i due italiani erano a capo di una cupola stile Sandra Milo e Nina Senicar all’Isola dei famosi decisa a non premiare il favorito Buongiorno, notte di Marco Bellocchio, che infatti diede di matto.

Oggi Zvyagintsev torna a Cannes con Leviathan, bellissimo titolo e bellissimo film, ricorda il turco Winter Sleep di Ceylan, due registi ex tendenza palloso-festivaliera che si mettono improvvisamente a scrivere tanto e bene, copioni ricchi e infallibili, personaggi precisi.

Il Leviatano è la corruzione che si è mangiata la Russia, favolosi sindaci putiniani, avvocaticchi, operaie depresse, amici con l’hobby di sparare a bottiglie vuote, tutti che bevono vodka dalla mattina alla sera. Alla fine una donna muore, ma la pena dovrà biblicamente scontarla l’unico personaggio che pareva corretto, obbligato invece a pagare per tutti.

Ormai s’è capito: i registi stranieri raccontano i loro paesi, noi portiamo in concorso ai festival – nella fattispecie, con Le meraviglie di Alice Rohrwacher – bambine a cui escono api dalla bocca e che raccolgono miele biologico da terra con il mocio, prima di metterlo nei vasetti e venderlo alla sagra del paese. Il problema è nostro, è evidente.

Ad andar per cliché, della Russia che si vede nel film ritroviamo molte cose pure qui ai tavolini dei bar, produttori sempre alticci, giornalisti aumentati di numero e di prestigio d’accredito, alle feste e fuori dal Majestic tante signorine che si direbbero escort, ma è meglio non offendere.

Ieri, in coda per un film, mi ha attaccato bottone un americano. «I vostri film non sono brutti», mi fa a un certo punto, «ma perché mettete sempre nel titolo parole come “la belèzza”, “io… sòno… l’ammòre!”». Noi vendiamo la nostra Disneyland per turisti, e pure male. Abbiamo smesso di raccontare storie, il paese in crisi che siamo: lo lasciamo fare agli altri, nei paesi loro.

I 1000 euro di bonus annuo degli operai belgi colleghi di Marion Cotillard in Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne sono gli 80 euro in più di Renzi, ma noi siamo le case vista Colosseo, le nane e le sante, ora pure il cammello legato alla giostrina. Moriremo felliniani.
Mi sono scusato a nome di tutti. E gli ho detto di stare tranquillo: il nostro miele biologico è buonissimo.

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Mattia Carzaniga

Nato nel 1983, giornalista, scrive per varie testate. Ha pubblicato i  libri «L'amore ai tempi di Facebook» (Baldini Castoldi Dalai, 2009) e  «Facce da schiaffi» (Add Editore, 2011). Guarda molti film, passa troppo  tempo on line, ruba pezzi di storie alle persone che incontra.

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