Il desiderio di essere come Veronesi

Il desiderio di essere come Veronesi

Il Festival di Roma è appena cominciato, e posso già segnare sul mio taccuino da cronista d’assalto la cosa più bella di tutte, quella che nessun’altra potrà più superare, in tutta la settimana a venire. Premessa: L’ultima ruota del carro…Leggi tutto

Il Festival di Roma è appena cominciato, e posso già segnare sul mio taccuino da cronista d’assalto la cosa più bella di tutte, quella che nessun’altra potrà più superare, in tutta la settimana a venire.

Premessa: L’ultima ruota del carro di Giovanni Veronesi, film d’apertura (a Venezia c’era Gravity: trova le differenze), è la storia dell’autista del regista, tale Ernesto (sullo schermo Elio Germano), prima carpentiere al seguito del padre, poi traslocatore, persino una parentesi da yuppi socialista negli anni ottanta, ora autista, appunto.

Il vero Ernesto era seduto tra Veronesi e Germano alla conferenza stampa del film, un paio d’ore fa. Nel film – «Ho voluto fare una commedia alla Scola», ha detto Veronesi prima di mandarmi all’ospedale in preda a crisi di panico – il signor Ernesto passa per un eroe di tutti i giorni, anche se è un conformista come tanti, uno che vede passare davanti la Storia patria (l’assassinio di Moro, da lui ben sintetizzato in «Pòro Moro»; Dino Zoff che solleva la coppa del mondo dell’82; le monetine tirate a Craxi; il sorriso di Berlusconi) senza farsi mai toccare dagli eventi: non troppo. In due parole: una specie di anti-Francesco Piccolo inconsapevole – ho letto stanotte il bel Il desiderio di essere come tutti: se dici a Piccolo che ci ha già fatto un film Veronesi, si butta sulla Tuscolana.

Per tutto il film Ernesto è un eroe di tutti i giorni, dicevo. Per tutta la conferenza stampa, almeno stando a quel che ha detto Veronesi, è passato per una specie di zotico senza risorse culturali (parole del regista), che non ha mai avuto i mezzi per capirci di politica, figurarsi di arte contemporanea (c’è un pittore interpretato da Alessandro Haber che gli fa da maestro di vita), un uomo qualunque elevato a esempio solo perché ha inavvertitamente trovato lungo la strada un Grande Autore pronto a trasfigurarlo in marianna nazionale dei poveri cristi.

Lo snobismo con cui Veronesi guardava il buon Ernesto, che ci ha persino tenuto – la tenerezza – a ringraziarlo pubblicamente, vale più di intere stagioni di cinema italiano. Non è con questi dirigenti che non vinceremo mai: è con questi ex comici toscani che ora si atteggiano ad Age e Scarpelli.

Il film esce il 14 novembre, ancora in tempo per farsi massacrare da Checco Zalone.

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Mattia Carzaniga

Nato nel 1983, giornalista, scrive per varie testate. Ha pubblicato i  libri «L'amore ai tempi di Facebook» (Baldini Castoldi Dalai, 2009) e  «Facce da schiaffi» (Add Editore, 2011). Guarda molti film, passa troppo  tempo on line, ruba pezzi di storie alle persone che incontra.

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