Cannes, Florida

Da un certo punto di vista sono eroici. Lasciano i loro residence vista mare con i balconi dai vetri fumé la mattina presto e si mettono fuori dal Palais con un biglietto scritto a mano: «Invitations, SVP». Stamane ce n’era …Leggi tutto

Da un certo punto di vista sono eroici. Lasciano i loro residence vista mare con i balconi dai vetri fumé la mattina presto e si mettono fuori dal Palais con un biglietto scritto a mano: «Invitations, SVP». Stamane ce n’era uno già piazzato davanti al tappeto rosso, chiedeva ai giornalisti di passaggio un biglietto per la proiezione di stasera di Ma vie avec Liberace, che sarebbe Behind the Candelabra, che sarebbe il film di Soderbergh sul pianista più famoso d’America e le sue follie camp (in Francia l’han comprato, da noi no: ma noi non siamo un paese civile).

Sono eroici, i vecchietti di Cannes. O quelli che vengono in villeggiatura nella settimana del festivàl. Stan lì a tutte le ore a chiedere inviti (in questi giorni ne staccano tanti che poi non vengono utilizzati: in fondo è un circolo virtuoso) per qualunque film, non importa il titolo né il regista, potrebbe essere un horror sudcoreano come gli ultimi giorni di Luigi XVI. L’importante è entrare in sala, fare due passi sulla Montée («Mi farebbe una foto?», mi ha chiesto una signora), loro son contenti e gli organizzatori pure: «Le sale sono piene». Di pensionati con le loro brave visiere che riparano dal sole, ma che importa.

Ieri me ne sono trovato accanto uno, di questi ultracorpi. Era una signora svizzera, molto preparata. Parlava, in perfetto inglese (considerate che il cameriere cannense medio non capisce goodbye), dei film che aveva visto e che vedrà. L’anno scorso le era piaciuto il kitsch napoletano di Reality di Garrone e quest’anno le ballate nostalgiche dei fratelli Coen. A sorpresa, era una di noi.

Forse siamo diventati tutti così. Forse Cannes è questa roba qua. È Cocoon, con i film attorno. Il cinema è morto, i festival sono morti, contano solo gli sponsor. Forse è così. Sì, dev’essere così. Ogni sera sul red carpet c’è Jane Fonda – prepensionata, esodata, rottamata, ultracorpo come pochi altri – mandata non per promuovere un film, ma come testimonial di una marca di rossetti.

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Mattia Carzaniga

Nato nel 1983, giornalista, scrive per varie testate. Ha pubblicato i  libri «L'amore ai tempi di Facebook» (Baldini Castoldi Dalai, 2009) e  «Facce da schiaffi» (Add Editore, 2011). Guarda molti film, passa troppo  tempo on line, ruba pezzi di storie alle persone che incontra.

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