Prima Sfumatura.  Della chiavetta del caffè

Prima Sfumatura. Della chiavetta del caffè

Chiariamo subito una faccenda: gli stagisti non hanno la chiavetta del caffè. O meglio: la potrebbero avere, se seguissero l’iter predefinito. Nell’ordine: intercettare l’Uomo Delle Chiavette, chiedere a un collega più anziano di fare da garante, compilare il modulo …Leggi tutto

 

Chiariamo subito una faccenda: gli stagisti non hanno la chiavetta del caffè. O meglio: la potrebbero avere, se seguissero l’iter predefinito. Nell’ordine: intercettare l’Uomo Delle Chiavette, chiedere a un collega più anziano di fare da garante, compilare il modulo A, consegnarlo all’ Ufficio Centrale “Chiavette, Caffè, TrattoPen e altri generi di conforto”, allegare curriculum vitae e almeno tre lettere di referenze.
E’ un percorso formativo, ottenere la chiavetta. Oppure è tutto Kafka concentrato in una stecca di plastica. Dipende dai punti di vista.

Lo stagista comunque, gode del diritto al caffè (o cappuccino, mocaccino o bevanda al gusto di the al limone) al pari di tutti i dipendenti. In genere si dà appuntamento con altri stagisti alla macchinetta del caffè, sperando che qualcuno l’abbia chiesta ai colleghi. Poi irrimediabilmente ci si ritrova a fissarsi dai lati opposti del corridoio, in una specie di stallo alla messicana, per capire che – sì, anche quella volta – tutti si sono dimenticati di chiedere in prestito una chiavetta a qualcuno.

Una volta ho visto una chiavetta con un sacco di soldi dentro. Allora ho pensato che la chiavetta in un’azienda fosse una specie di bene rifugio, un investimento tipo i franchi svizzeri. O il rame, anche.

Poi c’è la chiavetta comune, vera dimostrazione che attuare il socialismo reale è possibile, almeno nelle piccole cose. Giace sulla scrivania del delegato sindacale (e dove altrimenti?) ed è lì per tutti, monumento alla condivisione e alla caffeina a buon mercato.
E alla fine c’è il caffè al bar, ma per quello l’iter è decisamente più breve: stagista o no, basta andare dritti dal barista simpatico.

 

photo credits: Wikimedia Commons/ Laurette45

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Ilaria Liprandi

Manovale del web e digital something in Mondadori, ha scritto per Altreconomia e SocialNews e - malgrado l'accento piemontese - per un po' ha parlato a Radio Bocconi.

Nonostante una laurea in economia e una in politiche internazionali, i social network, lei, li prova tutti. Senza vergogna, neppure di un hashtag.

Cintura nera di raccolta differenziata, se volete farla felice, chiedetele dove si butta il Tetra pak.

E' nata fra gli orti, ma ha dovuto aspettare di trasferirsi in città per apprezzarli davvero.

Graphic-bio e altre vanità digitali qui  

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