Una sportellata in faccia
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Una sportellata in faccia

Chi non l'ha preso al meno una volta nella propria vita sanitaria o burocratica?

E’ un giorno qualsiasi e piove, c’è grigiore ovunque: per strada, nello sguardo della gente che cammina contando le cicche appiccicate sul marciapiede,  e nel cuore della ragazza allo sportello convenzionati che quando tu sorriderai con un buongiorno in bocca, a gambe e braccia incrociate con la testa di lato ti anticiperà con un "Cosa vuole? Non ho chiamato nessuno, e per i ritiri sono chiusa fino alle 11".

In quel momento un'ondata di furia ti scalderà il sangue, smaltirai un po’ il tremore aprendo energicamente la porta di vetro, quella sulla quale non hai scagliato le sedie urlando che non hanno diritto a trattare le persone in quel modo, di picchiare già di buon mattino l'anima gentile di chi ancora sorride nonostante la sua vita sia difficile come quella di tutti.

Farai qualche passo trascinandoti dietro lo sgomento e la voglia di andare via, e come in un film vedrai intorno a te le facce cupe, un guidatore di motorino che urla contro una macchina, una badante che spinge una sedia e un'altra una carrozzina. E quando il tuo respiro si farà calmo smetterai di rumiar vendetta ai grigi e agli inutili, e sorriderai alle cose che valgono la pena ma sopratutto valgono l’allegria, che va curata, abbracciata, difesa e insistita anche se i grigi e gli inutili di questa città' continueranno ad essere immuni al contagio.


-Eccomi, sono le 11, come dice lei: è già aperta? Vengo a ritirare il risultato degli analisi.

-Si è calmata?

-Si, guardi, mi sono mangiata due banane prima di entrare e così ho fatto il pieno di serotonina, precursore della felicità, prima di rincontrarmi con la sua antipatica faccia. Et voilà!, completamente zen col bigliettino per il ritiro e documento d'identità in mano.

-Cosa fa’, vuole leggere il mio cartellino? Vuole sapere chi sono?

-No, stia tranquilla, so benissimo chi è lei, mi incuriosiva solo quale nome potesse avere.

-Mi vuole spaventare? Che vuol dire che lei sa bene chi sono io?

-No, la prego, non si spaventi, non vorrei mai, e poi la gente spaventata a volte lascia scappare cose che in un posto così chiuso e affollato... non è il caso. Guardi, le spiego così mi crede, è semplicissimo, tanto semplice che se presta attenzione riuscirà anche a capirlo. Succede che rientriamo tutti più o meno in una tipologia, in uno stereotipo più o meno raffinato, e, facendo parte del collettivo chiamato  "tutti", ottime notizie: c’è un posto anche per lei! (non si agiti, non ha lavoro extra). Io scommetterei (condizionale perché non gioco, preferisco bruciare soldi in libri vino e gelati, meglio se insieme)  che lei è una donna (anche se si dice a se stessa "ragazza") di su per giù trent’anni anni, oppure ventidue invecchiati precocemente a colpi di trucco mal struccato e ritruccato sopra ogni mattina; senza laurea (non si offenda, non ce l'ho neanch’io, e tra slaureati ci si riconosce), con un fidanzato con la barba a lucchetto e i cappelli corti appuntiti dal gel, abbastanza inutile come lei (non si offenda neanche qui, se tutti fossero utili non ci sarebbe differenza nè meritocrazia, vede che bello, fa del bene senza saperlo!. No dai, su, non smetta solo per principio) col quale litiga in continuazione per le cose più banali in quanto progetti più impegnativi, non ne avete. Abita ancora con papá e mamma, li chiede tanto, li tratta male, si vergogna del loro accento, e non collabora con le spesse di casa, anzi, dovrebbero pagarla per avere la fortuna di portare la colazione alla principessa, la gemma che ancora nessuno ha riconosciuto, ogni mattina. Lavora per pagare la rata della 500, le messe in piega dei suoi capelli lunghi non lavati da tre giorni, la rata dello smartphone, le scarpe e il mucchio di ciondolini a forma di cuore e i braccialetti che fanno rumore mentre mi chiude la busta degli analisi. Cascasse il mondo in fiamme sopra il suo sportello lei utilizza da regolamento sindacale ogni pausa pipi sigaretta e pranzo, nelle quali fuma e manda messaggi su whatsapp lamentandosi del lavoro, che fa solo per i soldi senza nessuna motivazione personale o d’indole altruista, non serve dire che utilizza anche tutti i permessi malattia e le ore di ferie settimanali. I suoi capi sanno di aver sbagliato ad assumerla ma non la licenziano perché pensano lei non valga l’indennizzo, e quindi le hanno assegnato il posto allo sportello più triste di tutto il palazzo, in un luogo di passaggio sottoscala e con poca luce nell’area convenzionati, per assicurarsi che nessuno abbia pagato per avere a che fare con lei, in attesa che lei si stanchi e trovi un lavoro da fare, sempre senza voglia, ma più vicino a casa.  Utilizza molto gli intercalari “cioè”  e “allucinante” e crede che tutto in questo mondo le sia dovuto per diritto di nascita, trova ingiusto stare qui, con il suo talento, a sigillare la busta degli analisi, in questo caso la mia, eccola qui, grazie.

-Cioè, ma come si permette, è allucinate, cosa devo sentirmi dire da una che non sa neanche pronunciare bene l'italiano! e poi, lei si sbaglia, e si sbaglia di brutto: Io… Io non fumo!


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Mercedes Viola