Il parco giochi, l'inferno delle mamme
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Il parco giochi, l'inferno delle mamme

Qualunque cosa tu faccia, o dica, o pensi, c'è sempre lei: che fa di tutto per farti sentire terribilmente inadeguata

Il parco è un posto di gran respiro, con varietà non tanto di fauna quando di flora. All'interno del parco c’è il parco giochi, con meno fauna, meno flora, e meno respiro.

A togliere quest’ultimo soono le madri, comunemente chiamate ‘mamme’, mentre ‘madre’ investe di un ruolo elevato, che ha un retrogusto di eternità nella memoria. Quando dici ‘perché sono tua madre’,  è come se quella cosa la dicessi già da morta (momento nel quale, se non ci siamo fatte odiare troppo, diventeremo mitiche e perdonabili).

‘Mamme’ invece è una parola che veste meglio la postura un po’ sgarbata di chi rincorre un bambino di due anni, sparge repellente per zanzare su ginocchia sporche, succhia resti di ghiacciolo al limone, ha i pantaloni neri macchiati di bianco e quelli bianchi macchiati di nero, e usa scarpe basse perché i terreni e le mansioni non consentono altezze. Quanto meno fino alla preadolescenza della progenie, quando la mamma non cammina più piegata, ma deambula nella posizione del fior di lotto alla ricerca di pace interiore per non diventare alcolista, e torna a leggere manuali che non rispondono a nulla ma fanno passare il tempo. Che non è poco.

 

Ma tornando alla mamma del parco giochi, voglio chiarire una cosa: quella mamma non sei tu, non sono io.

Tu, come me, sei speciale, diversa, sciolta quando devi, categorica quando serve, autoritaria ma democratica, lasci spazio e libertà ma sorvegli senza farti sentire, li fai mangiare sano ma ogni tanto sgarri. Non hai paura di sporcizia e malattie trasmesse dai piccioni e non ti danno fastidio i cani e le loro cacche.

Chiarita la nostra perfezione, parliamo delle altre. Scendiamo nell’inferno che Dante non riuscì a descrivere solo perché non lo conosceva. Questo inferno scaturisce dall’insicurezza atavica delle mamme (delle altre mamme, non tu, non io), che produce una risposta reattiva di ostentazione.

 

 

Ad esempio:

Fai mettere le scarpe a tuo figlio prima di farlo scendere dal passeggino? Lei ti dice che i suoi sono cresciuti a piedi nudi in un campo di rovi.

Accompagni tuo figlio dueenne per tutto il parco, lo tieni sull’altalena, e lo attendi alla fine dello scivolo? Lei a un anno li lasciava da soli. A Disneyworld.

Compri due gettoni per riposarti cinque minuti mentre dondolano sulla balena con musica colombiana? Lei sentenza che al-par-co-de-vono-gio-ca-re-e-spor-car-si; tu li fai giocare e sporcarsi? Lei li fa fare fango con la pipì e rotolarcisi su.

 

Chiami i tuoi figli e gli dici di giocare lontano da quello col Dogo argentino senza guinzaglio? Lei chiama i suoi e li dice di andare a chiedere se si può accarezzare perché i cani sono mooooolto meglio degli uomini; tu li fai accarezzare il Dogo? Lei ha fatto una gita in un posto dove li mettevano dentro la gabbia della tigre e le facevano ghirighiri sotto il mento.

Tu gli metti il pannolino a due anni? I suoi a un anno facevano la cacca sul water, si pulivano da soli e cambiavano il rotolo di carta igienica quando finiva; tu hai tolto il pannolino a un anno e mezzo? Lei ti dice che è troppo presto, ormai hai causato un danno irreversibile per controllo precoce degli sfinteri, il suo bimbo ha cinque anni e ancora lo mette la notte.

 

Tu gli fai fare i compiti estivi? Lei no perché hanno bisogno di svago e la scuola esagera; tu non li fai fare i compiti estivi? Lei sì, perché dove si è visto, solo in Italia si fanno tre mesi di vacanze e i bambini tornano che sono degli asini.

 

Tu sei straniera? Lei, pur essendo nata qui, è più straniera di te perché da piccola ha vissuto un mese negli Stati Uniti e poco fa è stata due mesi in Germania, ma dell’identità italiana conserva il buon gusto nel vestire e nel mangiare, cose che nel tuo paese non hanno.

 

Allatti al seno tuo figlio di un anno? Lei a quattro mesi gli dava la frutta, e a sei toh’, svezzato! Tu non allatti al seno tuo figlio di tre mesi? Lei tira fuori le tabelle della OMS che consigliano di allattare fino ai due anni, il suo ne ha quattro e ancora si attacca, non può fargli che bene.

 

Tu usi l’omeopatia? Placebo, non serve a niente e un antibiotico a tempo salva vite; usi l’allopatia? Solita uscita facile di fronte ad un disturbo che i bambini dovrebbero imparare ad attraversare.

 

Ti accendi una sigaretta? Lei fa tutto mentre i suoi figli dormono per non essere di cattivo esempio; rifiuti una sigaretta perché ci sono i tuoi figli? Lei fuma, beve, dice parolacce, rutta e racconta i fatti di cronaca nera della giornata perché devono imparare che il mondo è mondo e c’è di tutto.

 

I tuoi salgono arrampicandosi dallo scivolo? Lei dice a suo figlio di guardare bene, quello non si fa perché è pericoloso e irrispettoso delle regole; i tuoi scivolano normalmente sullo scivolo? I suoi si sono sempre arrampicati, mai una volta che siano scivolati, perché lei non li ha tirati su nel conformismo.

 

Arrenditi. Qualsiasi cosa tu faccia sarà sbagliata. Ma la cosa simpatica è che hanno reazioni incontrollabili, come quando il medico ti martella il ginocchio o ti illumina la pupilla, e così anche la più mondana e disinvolta si sbraccia disperata se tuo figlio passa al suo la bottiglietta dell’acqua per condividerla a canna.

 

Io quando non posso evitare di andare al parco, mi aggrappo alle mie figlie, faccio i capricci e piango, scalcio per terra e alzo il polverone se non vogliono che le accompagni e che spinga la loro altalena o raccatti le palle che vanno fuori, perché non voglio condividere né sapere né spiegarmi né scusarmi, perché se all’inizio anch’io credevo che la mia strada fosse quella giusta, oggi ho meno certezze. Non credo più che ci sia una strada giusta che passa di fianco a un labirinto infestato di mostri, ma solo un labirinto con tante strade quante madri a percorrerle.

Ogni madre (pure tu, pure io) fa quello che può con ciò che ha, tentando di non perdere se stessa nel cammino. E ogni tanto in questo labirinto troviamo l’uscita da sole, e ogni tanto è la voce di altri a guidarci verso l’uscita.

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Mercedes Viola