Carlo Conti: «Top Dieci, le novità di Tale e Quale e le "nozze" con la Rai»

Saper esserci al momento giusto, dosare con mestiere la grande visibilità e il gioco di sottrazione, divertirsi e sperimentare. Carlo Conti si muove come un equilibrista del piccolo schermo e lo ha dimostrato anche in piena pandemia da Covid: prima ha dovuto chiudere La Corrida causa lockdown, poi ha rilanciato con Top Dieci, il nuovo programma di Rai 1 che termina venerdì 3 luglio – Loredana Berté e Carlo Verdone super ospiti - con ottimi ascolti e una seconda edizione praticamente certa. «È una scommessa vinta», racconta a Panorama.it in una lunga conversazione, in cui traccia il bilancio dell'ultima stagione tv e racconta cosa c'è dietro la sua «forza tranquilla», quel mix di normalità e determinazione con cui si è imposto senza strappi nella serie A del piccolo schermo.

Carlo, partiamo con un bilancio di Top Dieci: se li aspettava questi ascolti?

«Il bilancio è più che positivo, molto oltre le nostre previsioni: onestamente il 19% di share e 4 milioni di spettatori non ce li aspettavamo, perché è un periodo strano e perché è sempre difficile proporre qualcosa di nuovo in tv».

La chiave del successo del programma?

«Il gioco e la curiosità da una parte, dall'altra la memoria, che ti fa ripercorrere mode, eventi e dunque emozioni passate. Sono due mondi che s'incontrano, permettendoci di abbracciare un pubblico trasversale».

Quanto è stato complicato andare in onda senza pubblico in studio?

«Non è stato facile entrare in scena e dire "buonasera" nel vuoto assoluto. La risposta dello studio è fondamentale, percepisci l'atmosfera, intuisci la reazione degli spettatori a casa. Per questo in Top Dieci ho voluto gli applausi campionati: creano atmosfera, senti un briciolo di calore, riempiono o sottolineano certi momenti, come l'ingresso di un ospite».

Si parla di una seconda edizione: come sarà?

«Per la verità non ne abbiamo parlato, dunque non posso dire se ci sarà. Di certo questa sarebbe dovuta essere diversa, l'abbiamo adattata a causa del Covid: abbiamo levato l'orchestra, poi il balletto, le squadre sono passate da cinque a tre vip, abbiamo tolto i cantanti che sarebbero dovuti entrare durante le classifiche. Ma forse la bellezza di questo esperimento sta anche in questi cambiamenti».

Curiosità: qual è la domanda che le fanno più spesso quando la fermano per strada?

«A parte le immancabili battute sull'abbronzatura? Una cosa mi colpisce sempre, perché mi danno subito del tu e poi si scusano per averlo fatto. "Sei uno di famiglia", mi dicono. Quella è la gioia più grande. Del resto in quindici anni di Eredità ho cenato con milioni d'italiani».

Le manca la tv quotidiana?

«No, non mi manca. Ho fatto una riflessione e una scelta precisa di vita: volevo e voglio stare di più con la mia famiglia».

Tornerebbe a condurre l'Eredità?

«La seguo come capo progetto e mi basta. Magari un giorno potrei tornarci ma per ora non ne sento il bisogno e non avrei le energie per farlo».

A inizio settembre, invece, la vedremo ai Wind Music Awards dall'Arena di Verona con Vanessa Incontrada. Che edizione sarà?

«Sarà una serata particolare perché il mondo della musica si mobiliterà per i lavoratori dello spettacolo fermi da mesi. Non verranno a ritirare un premio ma ad aiutare tante famiglie in difficoltà. Il primo tassello lo abbiamo posato con Zucchero, che ha deciso di donare a questa causa una parte dei proventi del suo nuovo singolo, Soul Mama. Sarà una grande festa ma con meno pubblico: rispetto alle consuete 12 mila persone, in Arena non ce ne saranno più di 2-3 mila».



In pieno lockdown ha condotto i David di Donatello, solo e con gli attori collegati in streaming. C'è voluto più mestiere o incoscienza per farlo?

«Mestiere ed esperienza. Può sembrare incredibile, ma è più complicato portare a termine una serata così che Sanremo. Mi ha salvato la radio, è venuto fuori il vecchio disk jockey abituato a parlare da solo, senza nessuno davanti».

Su cosa ha capito di dover puntare?

«Sul ritmo. Ho cercato dei giri di pagina veloci per imprimere velocità. Non a tutti è piaciuta, per l'assenza di glamour e grandiosità di una premiazione. Per altri invece è stato persino meglio: si è innescata un'empatia inaspettata, anche grazie a figli e partenti degli attori che irrompevano nei collegamenti. Una cosa non è mancata: i ringraziamenti infinti (dice ridendo)».

Dal passato recente, al futuro prossimo. Il 25 settembre riparte Tale e quale Show. Come procedono i provini?

«Vista la difficoltà di utilizzare la sala prove, la prima scrematura la stiamo facendo con i provini da casa. Ci sono arrivate molte imitazioni e quest'anno avremo un bel po' di nomi forti: essendo ferme molte produzioni tra cinema e teatro, si sono proposti in tanti».

La giuria è confermata?

«Sì, tornano Loretta Goggi, Vincenzo Salemme e Giorgio Panariello. Ancora non è chiaro se potremo avere un quarto giudice a rotazione. I vincoli sono tanti, a cominciare da quelli per il trucco e parrucco».

Come lavoreranno?

«Prima erano tutti in una grande sala, ora truccatori e parrucchieri saranno divisi e dovranno indossare tute e protezioni individuali: non sarà facile visto che le sessioni di trucco durano ore».

Quanto al pubblico?

«Siamo pronti a tutte le eventualità, dal poco pubblico al distanziamento, dagli ingressi contingentati alle uscite diverse. I problemi sono molti ma da qui a fine settembre può cambiare tutto».

La versione nip si farà?

«Spero si possa fare, a ruota con la versione vip, visto che Tali e quali lo scorso anno ha avuto molto successo».

Oltre a Tale e Quale, tornerà alla guida de La corrida. Perché non va in onda il sabato sera con i suoi programmi?

«Non sono io che decido la messa in onda. Mi adeguo alle decisioni della rete. Con Top Dieci sono andato in onda anche la domenica ed è andato bene lo stesso. Quando mi hanno chiesto di andare contro Amici Speciali, ad esempio, non è stata una tragedia. A me e Maria – con cui ho un legame molto forte e non c'è un briciolo di rivalità - è dispiaciuto solo di non poterci guardare».

Della De Filippi è amico, così come della Clerici. A Pieraccioni e Panariello è legato da una vita. I suoi amici non famosi chi sono?

«Quelli che frequento più spesso, per la verità, e che sono nella cerchia ristretta, mia e di Leonardo, un fratello per me. Due miei compagni delle elementari sono miei amici ancora oggi, Giacomo, con cui ho fatto le superiori, ha le chiavi di casa mia».

Giocare nella serie A della tv e vivere una vita "normale": come si fa?

«Stare a Firenze, vivere la provincia, sentire i racconti di gente che tutti i giorni si alza presto per andare a lavorare o affronta le difficoltà economiche della crisi, mi ha aiutato da sempre a restare con i piedi per terra. Quando si spengono le telecamere, vivo una quotidianità assolutamente comune. Faccio un lavoro speciale ma sono una persona normale».

Sua mamma Lolette, mancata nel 2002, cosa direbbe del personaggio Carlo Conti?

«Saprebbe che non c'è differenza tra persona e personaggio. Non sono diverso da ciò che appaio in video, pregi e difetti compresi. Apprezzerebbe la tenacia e l'onestà con cui ho ottenuto ogni cosa nel lavoro: i valori che mi ha insegnato lei non li ho mai dimenticati. Certo, forse criticherebbe come sono vestito o l'abbronzatura».

Perché si chiamava Lolette?

«Mio nonno era appassionato di opera. Nel '21 era andato a vedere un'operetta interpretata da una prima donna che si chiamava Colette e disse a mia nonna, all'epoca incinta: "Se è una femmina, la chiameremo così". La convinse, ma all'anagrafe con il pennino e l'inchiostro la C di Colette diventò L».

Tra i suoi impegni ci sarà anche la direzione artistica de Lo zecchino d'oro. Il lavoro dietro le quinte la appaga quanto stare davanti alle telecamere?

«Sono due cose diverse ma la parte di costruzione di un programma l'ho sempre fatta, già ai tempi di Aria Fresca. Facevo le scalette a mano e scrivevo i testi, negli anni poi ho adattato diversi programmi e fatto l'autore dei miei. In questa fase mi piace molto concentrarmi sulla parte creativa».

A questo proposito, è tra gli ideatori di Ora o mai più: la terza edizione si farà?

«Dipende da diversi fattori, tra cui gli impegni di Amadeus, ovviamente. Lui è il conduttore perfetto per quel programma e ha saputo cogliere il sapore nuovo che abbiamo voluto imprimere al progetto».

Nel 2016 è stato designato direttore artistico di Rai Radio. Perché non ha proseguito quell'esperienza?

«Perché portai a termine il mio compito - inventare e far partire le radio digitali, da quella dedicata alla musica classica a quella per i bambini - e finii l'incarico. Il contratto prevedeva anche la consulenza per i direttori di ogni radio, ma nessuno me la chiese».

Se glie lo chiedessero, lo rifarebbe?

«No, ho dato. E poi ho vinto una scommessa con Claudio Cecchetto, anche lui in passato direttore artistico di Radio Rai. "Durerò più di te", gli dissi scherzando. E così fu: lui resistette otto mesi, io oltre un anno».

Il direttore di una rete tv lo farebbe?

«No, a ciascuno il suo. L'impegno e le responsabilità sono enormi».

Ciclicamente si parla di un corteggiamento da parte di Mediaset. Sono state attenzioni vere o solo fanta-tv?

«C'è stato un corteggiamento concreto, ma mai troppo serrato. Se ho programmi che mi piacciono e sto bene dove sto, non lascio la Rai. In questi anni ho visto cambiare decine di presidenti e direttori, io mi presento con il mio lavoro, progetti e numeri che parlano per me. E poi, se un matrimonio funziona, perché cambiare?».

Non la fa desistere nemmeno la norma sul taglio del 30% dei cachet degli artisti?

«Io mi metto a tavolino e discuto. Per me ridurre il compenso non è un problema, è successo due volte negli ultimi quattro anni. Certo, mi spiace perché se guadagno di meno verso meno tasse che possono servire a pagare gli stipendi di medici, infermieri, maestri, forze dell'ordine e via dicendo. Più del 50% dei miei guadagni vanno in tasse e sono orgoglioso di essere un importante contribuente del nostro paese».

Non c'è però il rischio che a forza di tagli, gli artisti migliori vadano altrove?

«Sì, ma sull'altro piatto della bilancia per me c'è l'attenzione al prodotto, la possibilità di continuare a sperimentare, giocare con le idee e avere l'indipendenza che ho avuto fino ad ora. Se guardassi solo ai soldi, sarei già andato via da tempo».

La politica l'ha mai corteggiata?

«Mai. Sanno che sono un battitore libero, equidistante. Non sono mai stato legato a nessuno, non devo dire grazie a qualcuno. Ho fatto del mio essere distaccato dalla politica un punto di forza».

Un sogno professionale ancora da realizzare?

«Diciamo che mi sono tolto quasi tutti gli sfizi. Se guardo in casa Rai, mi piacerebbe fare Linea Blu. Sono un appassionato di pesca e immersioni e quando guardo Donatella Bianchi, la invidio molto. Ma non voglio rubare il posto a nessuno, sia chiaro».

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