Addio a Piero Luigi Vigna, missionario della giustizia

E’ scomparso il protagonista delle inchieste più importanti degli ultimi quarant’anni, dal terrorismo nero alle Br, dalla P2 al mostro di Firenze, dalle stragi mafiose sul continente fino alla trattativa Stato-mafia (fu il primo ad indagare Berlusconi e Dell’Utri, “autore …Leggi tutto

E’ scomparso il protagonista delle inchieste più importanti degli ultimi quarant’anni, dal terrorismo nero alle Br, dalla P2 al mostro di Firenze, dalle stragi mafiose sul continente fino alla trattativa Stato-mafia (fu il primo ad indagare Berlusconi e Dell’Utri, “autore Uno” e “autore Due”, e ad archiviarli, senza che mai fosse violato il segreto istruttorio).
In poco tempo Vigna mi ha insegnato così tanto. Tempo fa scrissi queste righe.

Immaginate cosa passa per la testa di un cronista quando gli viene proposto di fare un’intervista lunga un libro a Vigna. L’occasione della vita. L’opportunità di conoscere i segreti di quarant’anni di inchieste che hanno cambiato l’Italia, attingendo dalla fonte diretta.
Io poi sono fiorentino e Vigna, nella mia città, è un’istituzione.
Invece è andata diversamente.
Al primo incontro Vigna mi ha richiamato alla realtà. “Procuratore, cominciamo a vedere un po’ i fascicoli delle sue inchieste più importanti”. E lui: “Intanto diamoci del tu. E poi, quali fascicoli? Io non c’ho nulla. Mica me li son portati a casa. Le risposte che cerchi sono nelle sentenze. Quello che non è provato non esiste”.
Ingenuamente ho tentato di mettere in pratica i trucchi del mestiere su come condurre un’intervista difficile, prendendola alla larga, lasciando parlare l’interlocutore, per ore, fino a far cadere l’innocua domanda per avere la risposta che vale il titolo in prima pagina. Ma presto mi sono reso conto che battere Vigna sul suo campo di battaglia, quello degli interrogatori, è impossibile.
Mi sono trovato, invece, a vivere un’esperienza straordinaria. Come Salgari, che narrava di mondi lontani senza muoversi da casa, così, nello studio di Vigna, ho conosciuto la personalità di criminali di calibro internazionale, le debolezze di statisti e i volti straziati di tante vittime.
Per mesi abbiamo viaggiato sulla macchina del tempo, stando seduti in una stanza piccola e poco illuminata, dove i testi di filosofia e i codici riempivano ogni spazio, accatastati tra onorificenze, ricordi di una vita, bisacce per la caccia, immersi nelle volute di fumo azzurrino delle sigarette che fumavamo di nascosto ai suoi familiari.
Vigna non ha bisogno di consultare niente. Di ogni avvenimento, di ogni personaggio, porta il ricordo esatto. Soprattutto di quegli attori minori che tanto sarebbero piaciuti al Manzoni. Quelli che nessuno conosce e che invece sono stati i veri compagni di una vita dedicata alla legalità. Un esempio? Vigna ricorda persino come si scrive il nome di uno slavo, rinchiuso quarant’anni fa nell’antico carcere fiorentino delle Murate, che conobbe in occasione di un suo intervento per sedare una rivolta. Perché di tutti loro il pubblico ministero famoso per aver condotto le più grandi inchieste italiane, ha avuto rispetto. E di fronte ad ognuno di loro si è sempre posto con umiltà, da uomo a uomo, arrivando a prenderli per il collo ed alzarli da terra, salvo poi comprargli dei quadri se si trattava di un pittore spiantato, o cercando un lavoro per la moglie di un detenuto rimasta senza reddito.
La sua vita è così. Onesto, con se stesso prima di tutto, e umile nel riconoscere i propri errori. Vale, per lui, il rispetto per ognuno, persino per uno come Totò Riina, perché con lui condividiamo il fatto di essere uomini. E il rigore della legge, supremo rispetto ad ogni cosa e garanzia di democrazia. Ed è fortunato, perché il suo carattere, sanguigno e verace, gli permette di stringere intime amicizie con presidenti della Repubblica e, allo stesso tempo, di battersi allo stremo in una partita di scopone scientifico con giocatori in canottiera in una casa del popolo del Mugello.
Tutto quello che poteva fare per la giustizia, da magistrato, l’ha fatto. E ora, smessa la toga, si impegna con ardore nel girare l’Italia per promuovere la legalità. Convegni, consulenze, incontri, dibattiti, nelle scuole, per gli enti locali, con le associazioni. Come se l’essere andato in pensione, invece di costringerlo ad un riposo di cui non ha bisogno, gli abbia fornito la possibilità di dedicarsi, in modo diverso e con altrettanto vigore, a quella che per lui è sempre stata una missione, facile da accettare, ma difficile da portare a compimento: la battaglia per la legalità. (Dalla prefazione di “In difesa della Giustizia”, Rizzoli, 2011).
Ciao Piero

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Giorgio Sturlese Tosi

Giornalista. Fiorentino trapiantato a Milano, studi in Giurisprudenza, ex  poliziotto, ex pugile dilettante. Ho collaborato con varie testate (Panorama,  Mediaset, L'Espresso, QN) e scritto due libri per la Rizzoli ("Una vita da  infiltrato" e "In difesa della giustizia", con Piero Luigi Vigna). Nel 2006 mi  hanno assegnato il Premio cronista dell'anno.

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